05 aprile 2007
Aggiornamenti e focus
Pesce grasso arterie magre
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C'è un trattamento per i fattori di rischio cardiovascolari che, virtualmente, è privo di controindicazioni: l'olio di pesce. E' vero che non fa scendere il colesterolo LDL, che è il responsabile primo dell'aterosclerosi, ma ormai da tempo si hanno le prove che la sua assunzione riduce gli eventi cardiovascolari. Una nuova conferma viene dal Giappone, dove la somministrazione dell'olio di pesce cioè, più precisamente degli acidi grassi Omega-3, è stata messa alla prova in associazione alle statine, cioè ai principali farmaci antiaterosclerotici. In pratica i ricercatori hanno raggruppato dal 1996 al 1999 più di 18.000 pazienti che presentavano ipercolesterolemia. Una parte del campione era trattata con la sola statina, l'altra con la statina e con 1.800 mg di EPA (acido eicosapentaenoico, principale esponente della famiglia degli Omega-3).
La ricerca è durata a lungo, tanto che la metà dei partecipanti è stata seguita per più di quattro anni e mezzo e, in questo periodo, è stata osservata la comparsa di qualsiasi evento coronarico importante: dalle crisi anginose all'infarto mortale e no, nonché l'eventuale ricorso ad angioplastica o by-pass. Chiuso lo studio, si è riscontrato che tra coloro che assumevano l'EPA gli eventi coronarici sono stati in totale 262, pari al 2,8% del gruppo; in quello di controllo sono stati significativamente di più: 324 (3,5%). Di conseguenza, l'assunzione dell'olio di pesce determinava una riduzione del rischio relativo del 19%, e le conclusioni erano significative dal punto di vista statistico. Quindi l'EPA funziona, ma bisogna distinguere in quali casi. Innanzitutto, eventi fatali, come la morte cardiaca improvvisa e l'infarto mortale non venivano ridotti, ma tutti gli eventi non fatali sì. Un'altra differenza si riscontra anche considerando le caratteristiche di partenza del paziente: in chi aveva già subito un infarto o altro disturbo coronarico importante, la riduzione era sempre pari al 19% e significativa, mentre nel sottogruppo di prevenzione primaria, cioè senza precedenti coronarici, la differenza era del 18%, ma non era statisticamente significativa.
Perché un effetto confinato soltanto agli eventi non mortali, soprattutto considerando che la letteratura mostra che gli Omega-3 riducono anche la mortalità? I ricercatori giapponesi hanno trovato una risposta convincente. Infatti, a oggi risulta che basse dosi di olio di pesce (o un consumo moderato di pesci grassi) riescono a ridurre la mortalità cardiovascolare, mentre aumentando le dosi (o il consumo di pesce) si ha anche una riduzione degli eventi non mortali (come l'angina instabile). E' possibile, dicono quindi gli autori dello studio, che la popolazione giapponese, forte consumatrice di pesce, abbia un apporto giornaliero di Omega-3 già adeguato a prevenire la mortalità (la quota prevenibile, ovviamente) quindi procedere a una supplementazione significa andare a prevenire gli incidenti non mortali. Il risultato non cambia: i grassi del pesce funzionano comunque. E il livello di colesterolo LDL? Su quello l'olio di pesce non funziona ma, del resto, si sapeva già.
Maurizio Imperiali
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Benefici in prevenzione secondaria
La ricerca è durata a lungo, tanto che la metà dei partecipanti è stata seguita per più di quattro anni e mezzo e, in questo periodo, è stata osservata la comparsa di qualsiasi evento coronarico importante: dalle crisi anginose all'infarto mortale e no, nonché l'eventuale ricorso ad angioplastica o by-pass. Chiuso lo studio, si è riscontrato che tra coloro che assumevano l'EPA gli eventi coronarici sono stati in totale 262, pari al 2,8% del gruppo; in quello di controllo sono stati significativamente di più: 324 (3,5%). Di conseguenza, l'assunzione dell'olio di pesce determinava una riduzione del rischio relativo del 19%, e le conclusioni erano significative dal punto di vista statistico. Quindi l'EPA funziona, ma bisogna distinguere in quali casi. Innanzitutto, eventi fatali, come la morte cardiaca improvvisa e l'infarto mortale non venivano ridotti, ma tutti gli eventi non fatali sì. Un'altra differenza si riscontra anche considerando le caratteristiche di partenza del paziente: in chi aveva già subito un infarto o altro disturbo coronarico importante, la riduzione era sempre pari al 19% e significativa, mentre nel sottogruppo di prevenzione primaria, cioè senza precedenti coronarici, la differenza era del 18%, ma non era statisticamente significativa.
La spiegazione c'è
Perché un effetto confinato soltanto agli eventi non mortali, soprattutto considerando che la letteratura mostra che gli Omega-3 riducono anche la mortalità? I ricercatori giapponesi hanno trovato una risposta convincente. Infatti, a oggi risulta che basse dosi di olio di pesce (o un consumo moderato di pesci grassi) riescono a ridurre la mortalità cardiovascolare, mentre aumentando le dosi (o il consumo di pesce) si ha anche una riduzione degli eventi non mortali (come l'angina instabile). E' possibile, dicono quindi gli autori dello studio, che la popolazione giapponese, forte consumatrice di pesce, abbia un apporto giornaliero di Omega-3 già adeguato a prevenire la mortalità (la quota prevenibile, ovviamente) quindi procedere a una supplementazione significa andare a prevenire gli incidenti non mortali. Il risultato non cambia: i grassi del pesce funzionano comunque. E il livello di colesterolo LDL? Su quello l'olio di pesce non funziona ma, del resto, si sapeva già.
Maurizio Imperiali
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