Carotenoidi a lungo termine

21 novembre 2007
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Carotenoidi a lungo termine



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Un'alimentazione sana, equilibrata e completa di tutti i nutrienti, rientra in uno stile di vita corretto sempre valido per tutti. Integrarla con prodotti che portano un valore aggiunto alla dieta dovrebbe offrire dei vantaggi aggiuntivi, per esempio di prevenzione. Ma questo obiettivo rimane discutibile in alcuni casi. Per quanto venga riconosciuto il valore antiossidante della maggior parte di questi prodotti, se per integratori come gli acidi grassi omega-3, l'azione protettiva (primaria e secondaria) sul sistema cardiovascolare è ben documentata, per altri il dibattito resta aperto. A volte anche controverso.

Dati incoerenti


Altra area di grande interesse è la prevenzione primaria del decadimento cognitivo e della demenza. Esistono evidenze biologiche del miglioramento della funzione neurologica, della sopravvivenza dei neuroni e della risposta sinaptica in presenza di antiossidanti. In colture cellulari trattate con antiossidanti è stata osservata una minor espressione della proteina beta-amiloide e una maggior resistenza alla sua tossicità; in modelli animale di studio miglioravano le prestazioni cognitive con la somministrazione di antiossidanti. Ma per estendere la validità all'uomo, alla popolazione generale e, passo più impegnativo, alla popolazione a rischio servono numeri ed evidenze più significativi. Ma su questo il mondo scientifico si divide, alcune ricerche, infatti, non hanno trovato tali benefici associati all'assunzione di vitamina E, beta-carotene, vitamina C rispetto a un placebo. Studi osservazionali riportano, invece, una riduzione del rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer e altre forme di decadimento cognitivo.

Ma se aumenta la durata...


A questa letteratura un po' incoerente si aggiunge uno studio che inserisce una variabile in più: il tempo. Gli autori fanno notare, infatti, che tutti gli studi più significativi che non hanno trovato grandi differenze rispetto a un placebo duravano per, al massimo, nove anni. Mentre, gli studi osservazionali, di certo molto meno costosi e anche meno selettivi, sono stati portati avanti per periodi più lunghi, superiori a 10 anni, e hanno rilevato miglioramenti cognitivi associati all'integrazione. Questa ipotesi è stata la premessa di un lavoro supplementare che si è inserito su uno precedente che aveva tutt'altri obiettivi, il cui campione esaminato era costituito da medici. E' stato così realizzato il Physician's Health Study II (PHSII), che ha avviato all'assunzione di beta-carotene, vitamina E, vitamina C, complesso multivitaminico o placebo, circa 7000 uomini di almeno 55 anni, per circa tre anni. In parallelo sono stati richiamati anche i medici che avevano partecipato al PHS originale, avviato nel 1982 e concluso nel 1996, che per tutta la durata dello studio avevano assunto tra le altre cose anche beta carotene. A questi soggetti, circa 7500, è stato fatto assumere a loro insaputa (in cieco) ancora beta-carotene. Nel periodo intercorso tra i due studi non si poteva sapere con certezza se c'era stata interruzione, ma potenzialmente tutti i partecipanti al PHS potevano aver assunto l'integratore per circa 18 anni. In una prima valutazione, quando in media i nuovi arruolati avevano integrato il beta-carotene per un anno, tra loro non c'erano differenze rispetto al placebo, nei punteggi ottenuti nei test cognitivi. Esaminando nel complesso tutti i dati, tra vecchi e nuovi arruolati, i punteggi erano leggermente migliori nel gruppo assegnato al beta-carotene. Ma isolando i dati relativi al trattamento a lungo termine iniziato nel PHS, l'integrazione con beta-carotene era associata a prestazioni cognitive significativamente migliori. Una possibile spiegazione di quanto osservato è la modalità con cui evolvono i disturbi cognitivi che richiedono anni, se non decadi, per manifestarsi, ragion per cui, per ottenere una protezione neurologica l'esposizione va estesa su un lungo termine di quest'ordine di grandezza. Ma per ora, i dati non convincono i clinici che non raccomandano l'uso di antiossidanti come prevenzione del decadimento cognitivo, anche per i sospetti di eventi avversi (aumento della mortalità) a essi associato, ma non riscontrati nel PHS. Forse con studi a lungo termine, di 25-30 anni i dati potrebbero diventare più sicuri e persuasivi.

Simona Zazzetta



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