27 febbraio 2008
Aggiornamenti e focus
Probiotici non sempre
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La notizia, diffusa nel mese di febbraio, del decesso di 24 persone in uno studio clinico in cui veniva testato l'uso dei probiotici, ha gettato un velo di ombra su dei prodotti generalmente considerati utili nella gestione di alcune patologie. Per definizione rappresentano un supplemento dietetico a base di microbi vivi, che, quando assunto in quantità adeguata, conferisce un effetto benefico all'organismo ospite, migliorando l'equilibrio microbico intestinale. E, bisognerebbe aggiungere in circostanze adeguate, che non sono quelle in cui hanno operato gli autori dello studio clinico condotto su un campione di pazienti con pancreatite acuta grave.
La patologia in forma acuta è dovuta all'alterazione infiammatoria del pancreas che si manifesta tipicamente con dolore addominale e di solito è associata all'aumento dei valori plasmatici o urinari degli enzimi pancreatici (amilasi, lipasi). Circa il 75% dei casi di pancreatite acuta, sono clinicamente di entità lieve o moderata e si cerca di riportare in equilibrio i valori emodinamici con infusione di liquidi e il controllo del dolore. Tuttavia, nel 25% dei casi si hanno complicanze e la mortalità in questo gruppo è del 25-30%. La mortalità precoce, cioè entro la prima settimana, è causata dall'insufficienza multiorgano, la mortalità tardiva (dopo la prima settimana) è attribuibile alle complicanze settiche, dovute alle infezioni. In circa un quinto dei pazienti si sviluppa pancreatite necrotizzante, associata a una mortalità del 10-30%, anche in questo caso provocata da infezioni, in particolare del tessuto necrotico circostante e dell'organo stesso. Si pensa che tali infezioni siano la conseguenza di una cascata di eventi che origina dalla iperproliferazione di batteri del piccolo intestino, dal danno alle barriere mucose e dalla risposta pro-infiammatoria che permette ai batteri intestinali di lasciare l'intestino e migrare nel pancreas.
Si è pensato di ricorrere alla profilassi antibiotica a livello sistemico, proprio per tentare di evitare infezioni secondarie in altri distretti; una strategia a lungo studiata ma che non ha dato i risultati sperati. In alcuni studi, per esempio, i livelli di infezione pancreatica e extrapancreatica restavano alti portando, tra le altre cose, a polmonite e batteriemia. Tentando altre strade alla ricerca di strategie, i gastroenterologi hanno riposto grandi aspettative proprio nei probiotici somministrati come aggiunta alla nutrizione enterale ai pazienti con pancreatite acuta. Alcuni ceppi di batteri probiotici possono prevenire complicanze infettive contenendo l'iperproliferazione dei batteri del piccolo intestino, ripristinando la funzione della barriera gastrointestinale e modulando la risposta immunitaria. Azioni osservate in pazienti candidati alla chirurgia addominale o in pazienti con pancreatite, ma in studi piccoli e metodologicamente discutibili, non giustificano un uso generalizzato dei probiotici in queste popolazioni di pazienti. La pianificazione di uno studio sufficientemente ampio, randomizzato in doppio cieco contro placebo, è stata fatta proprio per chiarire il ruolo dei probiotici nei pazienti con pancreatite acuta, ma i dati raccolti erano tutt'altro che favorevoli.
Basso profilo di sicurezza
Nel campione sono stati inclusi circa 300 casi gravi monitorati per tre mesi, metà dei quali ha ricevuto la miscela di probiotici (Lactobacillus acidophilus, L. casei, L. salivaris, Lactococcus lactis, Bifidobacterium, B lactis) somministrati con la nutrizione enterale, agli altri un placebo. L'obiettivo primario, che i ricercatori volevano valutare, era la comparsa di complicanze infettive: non c'erano differenze tra i due gruppi. Il secondo dato importante era la mortalità dovuta all'insufficienza d'organo e multiorgano: aumentava nel gruppo trattato con probiotici, dove il rischio relativo diventava due volte e mezzo più alto rispetto al gruppo placebo. Non era la prima volta che i probiotici non davano risultati, ma eventi avversi come questi erano del tutto inattesi. Gli autori fanno notare che negli studi precedenti il campione era più piccolo e i pazienti erano meno critici e ipotizzano che i probiotici abbiano avuto effetti così negativi in soggetti che avevano già un danno d'organo. Il meccanismo che ha portato all'ischemia intestinale e al decesso non è noto, quindi non si può affermare né escludere che un'altra combinazione di ceppi o un ceppo solo o un prodotto diverso si possano ottenere altri risultati. Tra le ipotesi proposte, la forte domanda di ossigeno generata localmente dalla somministrazione di 10 milioni di batteri in un organo già compromesso e con un ridotto afflusso sanguigno. Una seconda spiegazione potrebbe essere un processo infiammatorio avviato dalla presenza di probiotici a livello delle mucose. Certo è che visti gli esiti fatali, la somministrazione di probiotici, in qualsiasi combinazione, in questa particolare categoria di pazienti è fortemente condizionata e discutibile, e finché non si chiariscono i motivi e i meccanismi sottostanti gli eventi avversi, tali prodotti mantengono un basso profilo di sicurezza nei casi di pancreatite acuta grave.
Simona Zazzetta
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Danno d'organo
La patologia in forma acuta è dovuta all'alterazione infiammatoria del pancreas che si manifesta tipicamente con dolore addominale e di solito è associata all'aumento dei valori plasmatici o urinari degli enzimi pancreatici (amilasi, lipasi). Circa il 75% dei casi di pancreatite acuta, sono clinicamente di entità lieve o moderata e si cerca di riportare in equilibrio i valori emodinamici con infusione di liquidi e il controllo del dolore. Tuttavia, nel 25% dei casi si hanno complicanze e la mortalità in questo gruppo è del 25-30%. La mortalità precoce, cioè entro la prima settimana, è causata dall'insufficienza multiorgano, la mortalità tardiva (dopo la prima settimana) è attribuibile alle complicanze settiche, dovute alle infezioni. In circa un quinto dei pazienti si sviluppa pancreatite necrotizzante, associata a una mortalità del 10-30%, anche in questo caso provocata da infezioni, in particolare del tessuto necrotico circostante e dell'organo stesso. Si pensa che tali infezioni siano la conseguenza di una cascata di eventi che origina dalla iperproliferazione di batteri del piccolo intestino, dal danno alle barriere mucose e dalla risposta pro-infiammatoria che permette ai batteri intestinali di lasciare l'intestino e migrare nel pancreas.
Pro o anti ma senza successo
Si è pensato di ricorrere alla profilassi antibiotica a livello sistemico, proprio per tentare di evitare infezioni secondarie in altri distretti; una strategia a lungo studiata ma che non ha dato i risultati sperati. In alcuni studi, per esempio, i livelli di infezione pancreatica e extrapancreatica restavano alti portando, tra le altre cose, a polmonite e batteriemia. Tentando altre strade alla ricerca di strategie, i gastroenterologi hanno riposto grandi aspettative proprio nei probiotici somministrati come aggiunta alla nutrizione enterale ai pazienti con pancreatite acuta. Alcuni ceppi di batteri probiotici possono prevenire complicanze infettive contenendo l'iperproliferazione dei batteri del piccolo intestino, ripristinando la funzione della barriera gastrointestinale e modulando la risposta immunitaria. Azioni osservate in pazienti candidati alla chirurgia addominale o in pazienti con pancreatite, ma in studi piccoli e metodologicamente discutibili, non giustificano un uso generalizzato dei probiotici in queste popolazioni di pazienti. La pianificazione di uno studio sufficientemente ampio, randomizzato in doppio cieco contro placebo, è stata fatta proprio per chiarire il ruolo dei probiotici nei pazienti con pancreatite acuta, ma i dati raccolti erano tutt'altro che favorevoli.
Basso profilo di sicurezza
Nel campione sono stati inclusi circa 300 casi gravi monitorati per tre mesi, metà dei quali ha ricevuto la miscela di probiotici (Lactobacillus acidophilus, L. casei, L. salivaris, Lactococcus lactis, Bifidobacterium, B lactis) somministrati con la nutrizione enterale, agli altri un placebo. L'obiettivo primario, che i ricercatori volevano valutare, era la comparsa di complicanze infettive: non c'erano differenze tra i due gruppi. Il secondo dato importante era la mortalità dovuta all'insufficienza d'organo e multiorgano: aumentava nel gruppo trattato con probiotici, dove il rischio relativo diventava due volte e mezzo più alto rispetto al gruppo placebo. Non era la prima volta che i probiotici non davano risultati, ma eventi avversi come questi erano del tutto inattesi. Gli autori fanno notare che negli studi precedenti il campione era più piccolo e i pazienti erano meno critici e ipotizzano che i probiotici abbiano avuto effetti così negativi in soggetti che avevano già un danno d'organo. Il meccanismo che ha portato all'ischemia intestinale e al decesso non è noto, quindi non si può affermare né escludere che un'altra combinazione di ceppi o un ceppo solo o un prodotto diverso si possano ottenere altri risultati. Tra le ipotesi proposte, la forte domanda di ossigeno generata localmente dalla somministrazione di 10 milioni di batteri in un organo già compromesso e con un ridotto afflusso sanguigno. Una seconda spiegazione potrebbe essere un processo infiammatorio avviato dalla presenza di probiotici a livello delle mucose. Certo è che visti gli esiti fatali, la somministrazione di probiotici, in qualsiasi combinazione, in questa particolare categoria di pazienti è fortemente condizionata e discutibile, e finché non si chiariscono i motivi e i meccanismi sottostanti gli eventi avversi, tali prodotti mantengono un basso profilo di sicurezza nei casi di pancreatite acuta grave.
Simona Zazzetta
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