Un'esperienza che segna

26 settembre 2007
Aggiornamenti e focus

Un'esperienza che segna



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Sono circa 300 mila le donne italiane che hanno ricevuto nella loro vita una diagnosi di tumore al seno, ma grazie a diagnosi precoce e a terapie avanzate sono sopravvissute alla malattia. L'aspettativa di vita è più alta e anche la sua qualità, ma restano poco indagati gli aspetti psicologici, sociali e professionali, tutt'altro che ovvi, considerando il segno che la malattia lascia.

Segna ma si supera


Rispetto a questi temi si muovono con più motivazione le associazioni, che, a differenza delle equipe di ricerca, sono a maggior contatto con i singoli casi e quindi hanno sviluppato maggiore sensibilità per questi temi. Europa Donna rientra a pieno titolo in questa realtà in quanto raccoglie le esperienze e le conoscenze nella lotta al tumore del seno, e per proseguire nel suo operato ha incaricato Astra Ricerche di condurre la prima indagine proprio sulle conseguenze psicologiche, sociali e professionali del tumore al seno. I risultati, presentati in conferenza stampa, hanno offerto numerosi spunti di riflessione. La ricerca ha coinvolto oltre 500 donne operate al seno tra il 1980 e il 2006, presso nove centri oncologici aderenti all'iniziativa per lo più situati nel Nord Italia. Il profilo che è emerso è molto aderente alla realtà, come ha testimoniato Giovanna Gatti della divisione di senologia dell'Istituto Europeo di Oncologia. In particolare quando sette donne su dieci dicono che l'intervento chirurgico in sé non è stato drammatico, ma quel che spesso ha lasciato un segno profondo è l'intera esperienza: la diagnosi di tumore, il timore della morte e della mutilazione, l'attesa dell'operazione, la discontinuità che la mastectomia introduce nella vita della donna, la ferita simbolica, prima ancora che materiale.

Si può cambiare in meglio


Per il 57% delle operate al seno l'esperienza è stata dura ma superabile e il 22% si accorge di essersene quasi dimenticata mentre il 14% parla di una discontinuità positiva, e se nel 39% dei casi dominano sentimenti negativi (preoccupazione, ansia, tristezza, smarrimento, vergogna), il 45%, a distanza dall'intervento, riporta gratitudine a chi le ha curate e accudite, serenità, sollievo e felicità. Cambiano anche le attività e gli interessi, si occupano un po' meno di casa e famiglia e si dedicano un po' di più a loro stesse e ad attività che si possono svolgere all'aperto. "Le attività che proponiamo alle donne operate al seno le spingono a un sano egoismo affinché pensino un po' di più a loro stesse anziché agli altri", conferma Flori Degrassi, coordinatore Nazionale dell'A.N.D.O.S. onlus, l'Associazione nazionale di donne operate di cancro alla mammella. Anche le relazioni possono subire scossoni ma con una tendenza: laddove i rapporti erano saldi e sani si è riconfermata la stabilità, ma possono emergere difficoltà preesistenti.

Tornare alla normalità

Ma se dal punto di vista esistenziale tutto sommato c'è la possibilità di trasformare l'esperienza traumatica in un'opportunità per cambiare se stesse, l'area di maggiore difficoltà si riscontra nell'ambito lavorativo. Gia la mutilazione in sé crea un senso di inadeguatezza che a sua volta genera la paura di perdere il lavoro. E anche se la metà delle intervistate non riporta cambiamenti dopo l'intervento, il 21% delle lavoratrici ha visto peggiorare significativamente la sua condizione. Il 32% sostiene di aver subito una penalizzazione professionale. In questo ambito ci sono ancora margini di miglioramento visti i diritti riconosciuti dalla legge Biagi, n.80/06. "Discreta risulta la conoscenza specifica delle quattro facilitazioni per i lavoratori malati di tumore introdotte con la normativa - commenta Enrico Finzi, presidente di Astra Demoskopea - il 35% del campione è informato della possibilità di fare visite mediche senza utilizzare ferie o permessi; il 22% del diritto di passare a una mansione più adatta al proprio stato fisico; il 20% della possibilità di ottenere un periodo anche lungo di aspettativa non retribuita; il 18% del diritto di passare a un part time provvisorio". Ma secondo Patrizia Ravaioli, direttore generale della Lega Italiana Per la Lotta contro i Tumori (LILT) sono troppo poche le donne che ne sono a conoscenza, considerando che il ritorno al lavoro è spesso il canale per il ritorno alla normalità.

Simona Zazzetta



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