L’importanza della psiche contro l’obesità
Chi cerca di perdere peso affidandosi soltanto ai farmaci anti-obesità ottiene risultati spesso effimeri. Meglio invece se alla terapia farmacologica si affiancano interventi mirati a correggere l'approccio psicologico e comportamentale al cibo. Così almeno consiglia uno studio pubblicato su Nature Reviews Endocrinology da un gruppo di ricercatori guidati da Jason Halford, della School of Psychology dell'University of Liverpool. Secondo gli autori, in sostanza, puntare alla perdita di peso significa intervenire soltanto su un aspetto del problema, trascurando altri fattori: i meccanismi biologici che rendono il mangiare anche un piacere rappresentano una forma di difesa, perché spingono gli individui ad assimilare cibo in misura superiore alle loro necessità quotidiane, in modo da disporre di riserve da utilizzare in caso di improvvisa indisponibilità. Oggi tuttavia le società dei paesi più avanzati hanno definitivamente risolto ogni problema di approvvigionamento e di conseguenza quei meccanismi che un tempo servivano a garantire la sopravvivenza oggi possono rappresentare un pericolo per la salute. «I fattori psicologici possono avere un'importanza critica nello sviluppo dell'obesità» è il parere di Jason Halford «ecco perché non vanno sottovalutati trattamenti psicologici finalizzati a modificare il rapporto con il cibo nelle persone che tendono ad alimentarsi in maniera eccessiva e a muoversi poco». Una considerazione che dovrebbe valere anche per l'industria farmaceutica. «Abbiamo imparato molto sui sistemi neurochimici che governano processi come il desiderio e il piacere del cibo: la ricerca in campo farmaceutico dovrebbe lavorare su medicinali in grado di interferire con tali processi».
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