07 marzo 2008
Aggiornamenti e focus
Nell'artrite ci vuole sicurezza
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Quando la malattia è cronica anche la sua cura lo è, e in questi casi il profilo di sicurezza del farmaco assume pari importanza di quello di efficacia. Ed è proprio la sorveglianza post marketing, cioè successiva alla registrazione, realizzata con studi di fase IV, che permette di verificare eventuali ulteriori eventi avversi o esiti maligni. L'artrite reumatoide (AR) risponde a questi criteri: è una malattia cronica, spesso disabilitante, di natura autoimmune, di cui non si è compresa completamente l'eziologia e che richiede una terapia a lungo termine con farmaci definiti anti-reumatici modificanti la malattia (Disease Modifying Antirheumatic Drugs - DMARDs) che agiscono sul sistema immunitario modificando il decorso della AR, definiti per questo "farmaci di fondo". Nel complesso, si tratta di una condizione che porta con sé altri rischi di certo non trascurabili: negli ultimi 30 anni, infatti, è stato osservato un aumento significativo delle diagnosi di neoplasie maligne del sangue nei soggetti colpiti da artrite reumatoide e si è pensato che i DMARDs potessero esserne la causa. Sono stati chiamati in causa anche i nuovi agenti anti-TNF, farmaci di nuova generazione che inibiscono la liberazione di una o più sostanze responsabili del processo infiammatorio, in particolare, la liberazione del Tumor Necrosis Factor, a volte, usati prima o in combinazione con i DMARDs.
L'accertamento di tali rischi è stato fatto più volte, ottenendo risultati abbastanza coerenti a conferma dell'aumentato rischio, uno dei più ampi ha coinvolto quasi 24 mila pazienti con artrite reumatoide. Da questo campione sono stati selezionati i casi di neoplasie maligne del sangue sviluppatesi tra il 1980 e il 2003: 619 pazienti in totale. Ognuno di essi è stato confrontato con 10 soggetti di controllo omogenei per età, genere e frequenza di visite di controllo fatte dal medico durante tutto il periodo. La neoplasia più frequentemente osservata era il linfoma, come era già stato riportato in altri lavori pubblicati, 346 casi, a seguire la leucemia con 178 casi e il mieloma multiplo con 95 casi. Analizzando il rischio di sviluppare il linfoma associato all'assunzione dei singoli farmaci, quali il metotrexato, l'azatioprina, e la ciclofosfamide, i valori che si ottenevano erano rispettivamente, 1,23, 1,09 e 2,12. Anche il rischio relativo associato all'uso di agenti anti-TNF è piuttosto alto, 3,14 e pur essendo un farmaco di recente registrazione, quindi associato a un'esposizione tutto sommato limitate nel tempo, un rischio triplicato è un elemento non indifferente per la pratica clinica. Infine, il rischio di sviluppare tutti i tumori del sangue, senza distinzione, era significativo solo per l'azatioprina, 1,44 ma in particolare per la ciclofosfamide, con un rischio più che raddoppiato (2,21). Quest'ultimo è un farmaco adottato in casi di artrite reumatoide grave e refrattaria ad altri trattamenti, e tra i pazienti inclusi nello studio che l'hanno assunta si è registrata una maggiore prevalenza di sindrome di Felty, una particolare forma di poliartrite e vasculite.
In realtà, ammettono gli stessi autori dell'indagine, non è ancora chiarito a che cosa sia dovuto il rischio di sviluppare queste neoplasie e quanta parte del rischio sia legata all'esposizione ai farmaci o all'artrite reumatoide stessa. La leucemia, il linfoma e l'artrite reumatoide hanno in comune una deregolazione del sistema immunitario: nei primi due l'alterazione interessa i linfociti T, l'altra a sua volta è caratterizzata da meccanismi autoimmuni, non stupisce quindi che possano presentarsi contemporaneamente in pazienti che già seguono terapie immunosoppressive per controllare la patologia reumatica. Mantiene, comunque, importanza clinica l'aumentato rischio associato, evidentemente, alla somministrazione di ciclofosfamide, a sottolineare la necessità, nel momento in cui si valutano i rischi associati a nuovi principi attivi, di considerare con attenzione l'esposizione, precedente o concomitante, ad altri farmaci.
Simona Zazzetta
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Agenti nuovi a confronto
L'accertamento di tali rischi è stato fatto più volte, ottenendo risultati abbastanza coerenti a conferma dell'aumentato rischio, uno dei più ampi ha coinvolto quasi 24 mila pazienti con artrite reumatoide. Da questo campione sono stati selezionati i casi di neoplasie maligne del sangue sviluppatesi tra il 1980 e il 2003: 619 pazienti in totale. Ognuno di essi è stato confrontato con 10 soggetti di controllo omogenei per età, genere e frequenza di visite di controllo fatte dal medico durante tutto il periodo. La neoplasia più frequentemente osservata era il linfoma, come era già stato riportato in altri lavori pubblicati, 346 casi, a seguire la leucemia con 178 casi e il mieloma multiplo con 95 casi. Analizzando il rischio di sviluppare il linfoma associato all'assunzione dei singoli farmaci, quali il metotrexato, l'azatioprina, e la ciclofosfamide, i valori che si ottenevano erano rispettivamente, 1,23, 1,09 e 2,12. Anche il rischio relativo associato all'uso di agenti anti-TNF è piuttosto alto, 3,14 e pur essendo un farmaco di recente registrazione, quindi associato a un'esposizione tutto sommato limitate nel tempo, un rischio triplicato è un elemento non indifferente per la pratica clinica. Infine, il rischio di sviluppare tutti i tumori del sangue, senza distinzione, era significativo solo per l'azatioprina, 1,44 ma in particolare per la ciclofosfamide, con un rischio più che raddoppiato (2,21). Quest'ultimo è un farmaco adottato in casi di artrite reumatoide grave e refrattaria ad altri trattamenti, e tra i pazienti inclusi nello studio che l'hanno assunta si è registrata una maggiore prevalenza di sindrome di Felty, una particolare forma di poliartrite e vasculite.
Chi provoca il rischio?
In realtà, ammettono gli stessi autori dell'indagine, non è ancora chiarito a che cosa sia dovuto il rischio di sviluppare queste neoplasie e quanta parte del rischio sia legata all'esposizione ai farmaci o all'artrite reumatoide stessa. La leucemia, il linfoma e l'artrite reumatoide hanno in comune una deregolazione del sistema immunitario: nei primi due l'alterazione interessa i linfociti T, l'altra a sua volta è caratterizzata da meccanismi autoimmuni, non stupisce quindi che possano presentarsi contemporaneamente in pazienti che già seguono terapie immunosoppressive per controllare la patologia reumatica. Mantiene, comunque, importanza clinica l'aumentato rischio associato, evidentemente, alla somministrazione di ciclofosfamide, a sottolineare la necessità, nel momento in cui si valutano i rischi associati a nuovi principi attivi, di considerare con attenzione l'esposizione, precedente o concomitante, ad altri farmaci.
Simona Zazzetta
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