Dieta da spot

18 maggio 2007
Aggiornamenti e focus

Dieta da spot



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Ogni ora trascorsa da un bambino davanti alla televisione è associata a un aumento di 167 kcal giornaliere ingerite. Gia perché come testimoniano le indagini più recenti sull’argomento una pubblicità su cinque che passa sullo schermo dalle 16 alle 22,30 è rivolta ai piccoli e più di una su quattro riguarda i prodotti alimentari, con in testa biscotti e merendine. In più come ha recentemente sottolineato Maurizio Tucci, responsabile della Comunicazione della Società Italiana di pediatria “l’abuso di televisione è dannoso per la salute psicofisica di un bambino non solo per il condizionamento che può derivare dall’inondazione di messaggi pubblicitari di modelli che la televisione veicola, ma anche perché, indipendentemente dalla qualità dei programmi visionati, degrada in modo sensibile la qualità di vita: meno attività fisica, meno socializzazione con gli amici, meno stimoli culturali e, spesso, anche meno tempo trascorso con i genitori”. Ce n’è per tutti i gusti. A ribadire il ruolo di cattiva maestra della televisione anche un recente studio statunitense, pubblicato sugli Archives of Pediatric and Adolescent Medicine e commentato su Jama, che sottolinea come l’aumento delle ore trascorse davanti allo schermo e associato a un’aumentata assunzione calorica.

Pubblicità in aumento


Il problema, sottolinea l’editoriale di commento, è da tenere in considerazione visto quanto la pubblicità dilaghi in tv. Gli spot sono, infatti, in costante aumento in particolare nei canali commerciali. E la realtà è ancora più inquietante, se come fa l’editoriale, la si mette in relazione all’epoca aurea degli anni ’50, quando gli spot erano di là da venire e la tv aveva addirittura valenze pedagogiche. Altri tempi. Oggi le cose sono cambiate. I bambini guardano in media più di tre ore al giorno di tv e i consigli commerciali impazzano. Sedici minuti in un’ora negli Stati Uniti. Più di 40000 spot all’anno per un medio bambino Usa. I cartoni animati del sabato mattina prevedono uno spot sul cibo ogni cinque minuti. E oltre il 90% di questi, riferisce Jama, riguardano il cosiddetto junk food, cibo spazzatura. Del resto i produttori spendono 7 miliardi di dollari per le pubblicità e ne sono ampiamente ripagati. I bambini che stanno troppo davanti al video finiscono così per mangiare cibo malsano e per scartare invece quello più sano. Quanto basta perché genitori e medici si preoccupino. Ma questi risultati non sono nuovi.

Non è una novità


Nel 1990 una legge del Quebec in Canada che prevedeva l’eliminazione degli spot nei programmi per bambini, ha permesso una singolare affermazione. La legge, infatti, non riguardava la programmazione statunitense. L’effetto paradossale è stato così che essendo il Quebec bilingue, chi guardava i programmi canadesi (in lingua francese) non aveva pubblicità. Sui canali statunitensi, invece, andavano in onda pubblicità su ogni tipo di snack. L’effetto? Un evidente dato di risposta alla pubblicità, con i piccoli di lingua inglese più inclini a mangiare “junk”. Un altro studio, pubblicato sulla rivista Appetite, ha evidenziato come in un giorno in cui si guarda la tv, per gli adolescenti non aumenta tanto il numero dei pasti, quanto il numero di calorie. Si mangia peggio in sostanza non di più. E il problema degenera ulteriormente se si prendono in considerazione aspetti come le pubblicità di alcolici, un aspetto tanto pericoloso quanto sottovalutato. Con l’evoluzione dei media, quella tecnologica se non altro, diventa sempre più chiaro che è necessario porre attenzione a quello che passa tra un programma e l’altro. Non solo ai programmi in sé. Bisogna fare di più, conclude l’editoriale di Jama. Medici e genitori in prima battuta.

Marco Malagutti



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