12 settembre 2007
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
Boomerang depressione
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Un tema sensibile come quello sui rischi di gesti autolesivi per alcuni antidepressivi usati in bambini e adolescenti, sul quale il dibattito è divampato dopo l'avvertenza voluta nel 2005 dalla FDA statunitense sulle confezioni, aveva buone probabilità d'influire sulle prescrizioni. Ed è quanto in effetti è successo in America, dove per quei farmaci (SSRI, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) si è registrato però un declino imprevisto, relativo al loro impiego contro la depressione negli adulti, insieme addirittura a un calo delle diagnosi, mentre non è diminuito il ricorso alla psicoterapia. Sono andamenti riferiti in agosto dalla rivista degli psichiatri statunitensi, che dimostrano ancora quanto possa essere ampio l'impatto della comunicazione sui farmaci e come vadano considerate tutte le possibili conseguenze. E, a distanza di pochi giorni, è seguita la diffusione dei dati dei CDC sui suicidi tra i teenager americani, prima ridotti poi aumentati tra il 2003 e il 2004: un riscontro legato per alcuni all'andamento delle prescrizioni degli antidepressivi e per altri no. C'è abbastanza benzina, insomma, per dare nuovo fuoco al dibattito e alle mai sopite polemiche. Tutto questo quasi in coincidenza con la celebrazione, il 10 settembre, della Giornata mondiale della prevenzione del suicidio.
Facendo riferimento a oltre 400 mila adulti diagnosticati per cure antidepressive, risulta che prima dell'avvertimento della Fda del 2005 sia stato trattato con gli SSRI il 53% degli episodi, in seguito invece solo il 22,4%, con un calo anche per altri antidepressivi ma più limitato. La percentuale di soggetti con almeno una seduta di psicoterapia o trattati con antipsicotici atipici o ansiolitici non è cambiata significativamente, vale a dire che nel complesso sembra siano di meno i depressi che si curano. Non solo, a sorpresa sono diminuite anche le diagnosi: nei cinque anni precedenti il "warning" il tasso cresceva stabilmente dal 6 all'11 per 1.000 soggetti valutati per depressione, mentre nel 2005 c'è stato un calo, per gli uomini dal previsto 8 al 5,8 per 1.000 e per le donne dal previsto 17,4 al 12,4 per 1.000. In più, prima dell'avvertenza c'era una quota maggiore di nuovi casi diagnosticati rispetto a dopo, cioè si è passati da più dell'88% al 78% attuale. Quindi meno diagnosi, meno cure farmacologiche e totali: fatta salva la psicoterapia, una conseguenza che deve far riflettere, considerando il carico di sofferenza individuale (questa sì fino al suicidio), e familiare della depressione, oltre ai costi sociali e sanitari. Certo l'effetto paura in seguito all'avviso della FDA potrebbe non essere la sola causa di questa sfiducia nell'aiuto medico, la lezione principale da trarre sembra la necessità di indagare più a fondo sia sui fattori che determinano questa disaffezione, sia su quelli che rendono così diffusa la depressione, uno dei mali del millennio, per contrastarli laddove possibile.
Ma non è diminuito solo il ricorso agli antidepressivi negli adulti, dato che tra il 2003 e il 2005, dopo che gli organismi regolatori americani ed europei già avvertivano sulla possibile associazione con il rischio di suicidio, le prescrizioni a soggetti sotto i 19 anni d'età erano calate negli USA e per esempio in Olanda del 22% circa. Nello stesso periodo, il tasso di suicidi giovanili è aumentato del 49% e negli Stati Uniti nel 2003-2004 del 14%. A questi si sono aggiunti i dati dei CDC, che mostrano nella fascia d'età 10-24 anni una riduzione del gesto di quasi il 30% tra il 1990 e il 2003 e invece un brusco aumento dell'8% tra il 2003 e il 2004, incremento più significativo per le femmine da 10 a 14 anni e poi da 15 a 19, seguite dai maschi tra 15 e 19. C'è un legame causale tra questi fatti? Per gli psichiatri autori del report c'è (indicativa l'Olanda, con un'associazione inversa significativa), e anche il warning del 2005 benché puntasse a salvare vite avrebbe ottenuto l'effetto opposto di aumentare i suicidi giovanili, rivelandosi uno strumento inadeguato. Per i CDC e l'FDA una coincidenza c'è, ma non si possono trarre conclusioni causali, anche perché tale scelta estrema è un problema complesso e i farmaci sono probabilmente solo uno dei fattori in gioco. In effetti potrebbero essere aumentati i disturbi mentali, l'uso di alcol e droghe, e le abitudini prescrittive. Resta il fatto che quella coincidenza è inquietante e non si può ignorare. La questione è aperta, anzi spalancata.
Elettra Vecchia
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Dopo il warning FDA
Facendo riferimento a oltre 400 mila adulti diagnosticati per cure antidepressive, risulta che prima dell'avvertimento della Fda del 2005 sia stato trattato con gli SSRI il 53% degli episodi, in seguito invece solo il 22,4%, con un calo anche per altri antidepressivi ma più limitato. La percentuale di soggetti con almeno una seduta di psicoterapia o trattati con antipsicotici atipici o ansiolitici non è cambiata significativamente, vale a dire che nel complesso sembra siano di meno i depressi che si curano. Non solo, a sorpresa sono diminuite anche le diagnosi: nei cinque anni precedenti il "warning" il tasso cresceva stabilmente dal 6 all'11 per 1.000 soggetti valutati per depressione, mentre nel 2005 c'è stato un calo, per gli uomini dal previsto 8 al 5,8 per 1.000 e per le donne dal previsto 17,4 al 12,4 per 1.000. In più, prima dell'avvertenza c'era una quota maggiore di nuovi casi diagnosticati rispetto a dopo, cioè si è passati da più dell'88% al 78% attuale. Quindi meno diagnosi, meno cure farmacologiche e totali: fatta salva la psicoterapia, una conseguenza che deve far riflettere, considerando il carico di sofferenza individuale (questa sì fino al suicidio), e familiare della depressione, oltre ai costi sociali e sanitari. Certo l'effetto paura in seguito all'avviso della FDA potrebbe non essere la sola causa di questa sfiducia nell'aiuto medico, la lezione principale da trarre sembra la necessità di indagare più a fondo sia sui fattori che determinano questa disaffezione, sia su quelli che rendono così diffusa la depressione, uno dei mali del millennio, per contrastarli laddove possibile.
Coincidenza inquietante nei teenager
Ma non è diminuito solo il ricorso agli antidepressivi negli adulti, dato che tra il 2003 e il 2005, dopo che gli organismi regolatori americani ed europei già avvertivano sulla possibile associazione con il rischio di suicidio, le prescrizioni a soggetti sotto i 19 anni d'età erano calate negli USA e per esempio in Olanda del 22% circa. Nello stesso periodo, il tasso di suicidi giovanili è aumentato del 49% e negli Stati Uniti nel 2003-2004 del 14%. A questi si sono aggiunti i dati dei CDC, che mostrano nella fascia d'età 10-24 anni una riduzione del gesto di quasi il 30% tra il 1990 e il 2003 e invece un brusco aumento dell'8% tra il 2003 e il 2004, incremento più significativo per le femmine da 10 a 14 anni e poi da 15 a 19, seguite dai maschi tra 15 e 19. C'è un legame causale tra questi fatti? Per gli psichiatri autori del report c'è (indicativa l'Olanda, con un'associazione inversa significativa), e anche il warning del 2005 benché puntasse a salvare vite avrebbe ottenuto l'effetto opposto di aumentare i suicidi giovanili, rivelandosi uno strumento inadeguato. Per i CDC e l'FDA una coincidenza c'è, ma non si possono trarre conclusioni causali, anche perché tale scelta estrema è un problema complesso e i farmaci sono probabilmente solo uno dei fattori in gioco. In effetti potrebbero essere aumentati i disturbi mentali, l'uso di alcol e droghe, e le abitudini prescrittive. Resta il fatto che quella coincidenza è inquietante e non si può ignorare. La questione è aperta, anzi spalancata.
Elettra Vecchia
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