La tristezza fa sbagliare

14 marzo 2008
Aggiornamenti e focus

La tristezza fa sbagliare



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Prendersi cura degli altri può portare a non prendersi cura di se stessi, è questo il rischio che corre chi sceglie una professione rivolta a chi presenta sofferenza, malessere o malattia a livello fisico o mentale. In questa categoria rientrano a pieno merito i medici, in particolare quelli che lavorano negli ospedali, in particolare se giovani, quindi con poca esperienza. Come per esempio gli specializzandi.

Depressi e bruciati


In questa fase del percorso formativo è molto probabile vivere la professione sanitaria e la specializzazione con stress e preoccupazione a cui si aggiungono anche ritmi di lavoro piuttosto intensi in cui spesso si è costretti a deprivazione del sonno a fronte di una limitata disponibilità di tempo libero. In queste condizioni non sorprende che esista, tra i giovani medici, un'elevata prevalenza di depressione, tra il 7 e il 56%, e di burn out, una sindrome di esaurimento mentale e distacco emotivo dalla propria occupazione, in risposta a uno stress lavorativo cronico, tra il 41 e il 76%. Il confine tra le due condizioni non è sempre ben chiaro essendoci, per esempio diverse aree di sovrapposizione, ciò che invece è piuttosto evidente e quantificato sono le conseguenze degli errori che medici stressati, con poco sonno alle spalle e sovraccarichi di lavoro possono compiere. L'Institute of Medicine americano ha stimato che ogni anno muoiono tra 44 mila e 98 mila pazienti a causa di errori, 400 mila dei quali evitabili perchè dovuti a eventi avversi da farmaco. Gli esperti aggiungono anche che gli stessi errori compiuti rappresentano un'ulteriore fonte di stress che va ad alimentare un circolo vizioso che rischia di amplificarsi.

Errori e salute a rischio


La relazione tra errori, depressione e burn out è stata seguita più da vicino nell'ambito pediatrico, in due centri americani specializzati in questa disciplina. La specialità è stata scelta proprio per la criticità delle prescrizioni per questi pazienti che spesso richiede l'uso off-label di farmaci o di dosaggi e formulazioni non standard e quindi una maggiore attenzione a ciò che si sta facendo. E che secondo i dati di letteratura comporta un rischio di errore che oscilla tra il 5 e il 27% per prescrizione pediatrica per ogni bambino ricoverato in ospedale.Verificando lo stato di salute mentale di 123 specializzandi hanno trovato che il 20% incontrava i criteri di diagnosi della depressione e il 74% quelli del burn out. La sorveglianza attiva sugli errori commessi dai partecipanti all'indagine ha riscontrato 45 errori commessi su un totale di 6078 prescrizioni compilate, quindi un tasso dello 0,7% e, per fortuna, principalmente legati ai potenziali effetti avversi del farmaco o con un piccolo potenziale di danno. Quello che colpiva era che piuttosto che il burn out, era la depressione a determinare la maggior parte degli sbagli: a fronte di 0,25 errori per specializzando al mese senza depressione, quello depresso ne faceva 1,55 al mese, cioè sei volte di più. Per altro una quota maggiore di loro, rispetto agli specializzandi non depressi, diceva di avere un cattivo stato di salute (17% contro 4%), di aver lavorato in pessime condizioni nell'ultimo mese (44% contro il 20%) e aver avuto difficoltà di concentrazione (70% contro 38%). La differenza di fallibilità tra i soggetti con burn out e quelli senza non era così spiccata, poiché il tasso di errore registrato nel mese per ciascun soggetto era 0,45 e 0,53, rispettivamente, anche se i primi riportavano di aver commesso più di due errori nel mese precedente contro uno degli specializzandi senza sindrome di burn out. Per altro, c'è da dire che il 96% dei soggetti depressi mostrava anche burn out, quindi una quasi sovrapposizione dei quadri psichiatrici, mentre solo il 37% dei casi diceva di essere depresso. Inoltre, un terzo di loro attribuiva gli errori più significativi alla mancanza di sonno negli ultimi tre mesi. In linea di massima, per quanto la sindrome sia molto più permeante e legata alla professione medica, la fallibilità in corsia ha mostrato una spiccata associazione per lo più con la depressione. Considerando che in altri studi, solitamente, quasi metà degli specializzandi depressi non sa di esserlo e solo pochi sono in terapia specifica, una delle aree sui cui agire è lo screening regolare per far emergere i casi sommersi e il successivo trattamento. Anche la salute dei medici avrebbe da giovarsene.

Simona Zazzetta



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