21 gennaio 2005
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Come nasce lo stress
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Meglio chiarire subito una cosa: senza stress non si vive. Anzi di più: senza stress non esisterebbe il genere umano. Infatti, anche se oggi è diventato un termine negativo, in sé lo stress è una risposta fisiologica normale e, nella storia dell'evoluzione della specie e in quella individuale, positiva.
Colloquialmente, si è soliti dire che "il capo (o la suocera) è uno stress". In realtà il capo o la suocera possono essere uno stressor, cioè lo stimolo che produce lo stress. Questo, a sua volta, è un insieme di reazioni che, scatenate dallo stimolo esterno o stressor, hanno un'origine "alta" cioè nelle facoltà intellettuali (si percepisce un pericolo, una situazione sconosciuta, o semplicemente un fastidio) e da lì la reazione a catena passa a coinvolgere le funzioni inferiori, a cominciare dal sistema nervoso autonomo (quello che regola il battito cardiaco, ma interviene anche nella funzione dei visceri) e poi il sistema endocrino di una serie di ormoni che, a loro volta, agiscono su tutta la periferia dell'organismo: per esempio favorendo la coagulazione del sangue e facendo contrarre i vasi periferici. Lo scopo di tutti questi cambiamenti è uno solo: mettere l'individuo in "condizione di combattimento".
Ovviamente questo meccanismo riguarda tutti gli animali, e serve egregiamente: senza stress non si sarebbe in grado di reagire efficacemente: si tratti di affrontare o fuggire una belva (situazione oggi più rara) o di fornire la risposta esatta a un esame (situazione più frequente). Un po' di sano stress, per esempio quello dovuto a un impegno agonistico, scaccia lo stress cattivo, dovuto magari a un lavoro frustrante. Di conseguenza, si distinguono due tipi di stress: quello positivo o eustress e quello negativo o distress. Esempi di distress sono le condizioni che generano questo stato di preallarme ma non consentono di giungere a una risoluzione del conflitto: la perdita di un congiunto, la perdita del lavoro, il trasloco.
Negli anni '30 Hans Selye, la massima autorità nel campo dello studio dello stress, definì come stressanti quegli stimoli capaci di aumentare la secrezione ormonale, ad opera della corticale del surrene. Interpretando il fenomeno come conseguenza di una risposta sistemica dell'organismo, Selye parlò di "sindrome di adattamento generale", di cui distinse tre fasi. In una prima fase detta "di allarme" promossa dalla presenza dello stressor (il capo o la suocera), l'individuo riconosce il pericolo insito nello stimolo. Segue poi una fase detta "di resistenza", di estrema importanza nell'economia della risposta, nella quale assume un ruolo fondamentale l'attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (asse HPA) nella quale viene messo in atto un complesso programma sia biologico che comportamentale che sostiene la risposta allo stressor. Questa fase può sconfinare in quella detta "di esaurimento" nella quale si verifica una critica riduzione delle capacità adattattive dell'organismo, che predispone allo sviluppo di malattie.
Da che cosa dipende l'effetto finale
La risposta adattativa identificata da Selye si compone fondamentalmente di tre elementi: lo stressor, l'individuo e l'ambiente in cui essi interagiscono.
Stressor
Esistono stress fisici (uno shock elettrico, l'esposizione al freddo, ecc...), metabolici (riduzione dei livelli glicemici), psicologici (una prova d'esame), psicosociali (un evento di perdita o lutto). Ciascuno di questi stressor, pur inducendo una generale attivazione dei meccanismi della risposta, è caratterizzato da una preferenziale stimolazione di uno o più sistemi (nervoso o endocrino). Oltre alla natura dello stressor sono molto importanti anche l'intensità, la frequenza e la durata dello stimolo nel condizionare l'entità della risposta: stressor troppo potenti, frequenti e prolungati sono in grado di superare la possibilità di resistenza dell'organismo, e di iniziare un processo patologico. Un ultimo aspetto molto significativo dello stressor è rappresentato dal grado di novità, prevedibilità e soprattutto evitabilità dello stimolo. Se infatti si tratta di qualcosa di mai fronteggiato in precedenza o imprevedibile o inevitabile induce nell'animale una risposta più ampia di quella indotta da uno stimolo noto o al quale sia in grado di sottrarsi.
Individuo
È il terreno su cui lo stressor agisce ed è il risultato oltreché del patrimonio genetico dell'individuo, anche di un processo detto di "imprinting psicobiologico" ossia la modificazione della reattività del soggetto a seguito della precedente esposizione a stressor di varia natura. In pratica sono determinanti oltre all'età e al sesso dell'individuo, anche il livello di attività del sistema nervoso e di quello immunitario e il profilo di personalità. L'invecchiamento per esempio è convenzionalmente ritenuto una fase di ridotta energia adattativa e quindi di aumentata risposta allo stress..
Ambiente
Costituisce la terza importante componente della risposta di stress, rappresentando in un certo senso la sorgente degli stimoli stressogeni. Si intende sia l'ambiente esterno che quello interno, il primo va considerato non solo nelle sue caratteristiche geoclimatiche, ma anche, più in generale, negli aspetti legati all'interazione sociale e all'occupazione.
Un po' di biologia
Abbiamo visto come gli elementi che consentono la risposta di stress sono il sistema nervoso (neuroendocrino e neurovegetativo) e quello immunitario. Si tratta di sistemi che operano in stretta interdipendenza sotto lo stretto controllo del sistema nervoso centrale. In particolare tra i sistemi neuroendocrini quello determinante è l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Sebbene dal punto di vista fisiologico il significato di questo sistema sia ancora essenzialmente ignoto, si è certi che il ruolo centrale svolto nella risposta di stress sia legato all'attivazione dei processi che controllano il metabolismo intermedio e la pressione arteriosa. Mentre in condizioni di non stress l'attività dell'asse HPA è organizzata in oscillazioni periodiche regolari, in condizioni di stress si verifica un'ulteriore attivazione del sistema.
Modelli di risposta di stress
Studi effettuati negli ultimi anni hanno enfatizzato concetti quali le differenze esistenti tra lo stress acuto e quello cronico e l'importanza della capacità di organizzare una risposta appropriata ed efficace. Sulla base di queste acquisizioni il concetto di stress proposto da Selye ha ceduto il passo ad una visione più integrata del fenomeno, dove svariate sollecitazioni inducono differenti risposte nel singolo individuo, e fattori specifici a ciascun individuo condizionano una estrema variabilità tra individui diversi. Secondo un modello oggi piuttosto attendibile lo stimolo e la risposta che ad esso consegue non sarebbero legati da un rapporto di tipo lineare. L'attivazione dello stress cioè avrebbe inizio con la percezione ed il riconoscimento dell'evento stressante da parte del SNC, che sulla base di precedenti esperienze, proprio come per gli stimoli dolorifici, dà inizio a modificazioni che non sarebbero legati strettamente allo stressor. Un modello assai recente è poi quello di Herman e Cullinan (1997) che discrimina il tipo di risposta a seconda dei circuiti seguiti dallo stressor e più precisamente sulla loro capacità di accedere al nucleo dell'ipotalamo in maniera diretta o indiretta.
Stress e malattia
È opportuno sottolineare come siano ormai sufficientemente definiti i rapporti tra lo stress cronico e, ad esempio, la patologia cardiovascolare (infarto miocardico, ipertensione arteriosa), gastroenterica (ulcera, colon irritabile), dermatologica (dermatiti, malattie "psicocutanee"). Meno chiari sono invece i rapporti tra stress e patologie psichiatriche (depressione, schizofrenia) e neurologiche (invecchiamento cerebrale e demenza). È interessante infatti notare come nell'uomo vi siano evidenze del fatto che situazioni stressanti protratte possano essere seguite dallo sviluppo di disturbi della sfera cognitiva e emotiva, anche se ancora mancano evidenze conclusive a sostegno di questa ipotesi.
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Chiarire i termini
Colloquialmente, si è soliti dire che "il capo (o la suocera) è uno stress". In realtà il capo o la suocera possono essere uno stressor, cioè lo stimolo che produce lo stress. Questo, a sua volta, è un insieme di reazioni che, scatenate dallo stimolo esterno o stressor, hanno un'origine "alta" cioè nelle facoltà intellettuali (si percepisce un pericolo, una situazione sconosciuta, o semplicemente un fastidio) e da lì la reazione a catena passa a coinvolgere le funzioni inferiori, a cominciare dal sistema nervoso autonomo (quello che regola il battito cardiaco, ma interviene anche nella funzione dei visceri) e poi il sistema endocrino di una serie di ormoni che, a loro volta, agiscono su tutta la periferia dell'organismo: per esempio favorendo la coagulazione del sangue e facendo contrarre i vasi periferici. Lo scopo di tutti questi cambiamenti è uno solo: mettere l'individuo in "condizione di combattimento".
Ovviamente questo meccanismo riguarda tutti gli animali, e serve egregiamente: senza stress non si sarebbe in grado di reagire efficacemente: si tratti di affrontare o fuggire una belva (situazione oggi più rara) o di fornire la risposta esatta a un esame (situazione più frequente). Un po' di sano stress, per esempio quello dovuto a un impegno agonistico, scaccia lo stress cattivo, dovuto magari a un lavoro frustrante. Di conseguenza, si distinguono due tipi di stress: quello positivo o eustress e quello negativo o distress. Esempi di distress sono le condizioni che generano questo stato di preallarme ma non consentono di giungere a una risoluzione del conflitto: la perdita di un congiunto, la perdita del lavoro, il trasloco.
Prima si resiste e poi si crolla
Negli anni '30 Hans Selye, la massima autorità nel campo dello studio dello stress, definì come stressanti quegli stimoli capaci di aumentare la secrezione ormonale, ad opera della corticale del surrene. Interpretando il fenomeno come conseguenza di una risposta sistemica dell'organismo, Selye parlò di "sindrome di adattamento generale", di cui distinse tre fasi. In una prima fase detta "di allarme" promossa dalla presenza dello stressor (il capo o la suocera), l'individuo riconosce il pericolo insito nello stimolo. Segue poi una fase detta "di resistenza", di estrema importanza nell'economia della risposta, nella quale assume un ruolo fondamentale l'attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (asse HPA) nella quale viene messo in atto un complesso programma sia biologico che comportamentale che sostiene la risposta allo stressor. Questa fase può sconfinare in quella detta "di esaurimento" nella quale si verifica una critica riduzione delle capacità adattattive dell'organismo, che predispone allo sviluppo di malattie.
Da che cosa dipende l'effetto finale
La risposta adattativa identificata da Selye si compone fondamentalmente di tre elementi: lo stressor, l'individuo e l'ambiente in cui essi interagiscono.
Stressor
Esistono stress fisici (uno shock elettrico, l'esposizione al freddo, ecc...), metabolici (riduzione dei livelli glicemici), psicologici (una prova d'esame), psicosociali (un evento di perdita o lutto). Ciascuno di questi stressor, pur inducendo una generale attivazione dei meccanismi della risposta, è caratterizzato da una preferenziale stimolazione di uno o più sistemi (nervoso o endocrino). Oltre alla natura dello stressor sono molto importanti anche l'intensità, la frequenza e la durata dello stimolo nel condizionare l'entità della risposta: stressor troppo potenti, frequenti e prolungati sono in grado di superare la possibilità di resistenza dell'organismo, e di iniziare un processo patologico. Un ultimo aspetto molto significativo dello stressor è rappresentato dal grado di novità, prevedibilità e soprattutto evitabilità dello stimolo. Se infatti si tratta di qualcosa di mai fronteggiato in precedenza o imprevedibile o inevitabile induce nell'animale una risposta più ampia di quella indotta da uno stimolo noto o al quale sia in grado di sottrarsi.
Individuo
È il terreno su cui lo stressor agisce ed è il risultato oltreché del patrimonio genetico dell'individuo, anche di un processo detto di "imprinting psicobiologico" ossia la modificazione della reattività del soggetto a seguito della precedente esposizione a stressor di varia natura. In pratica sono determinanti oltre all'età e al sesso dell'individuo, anche il livello di attività del sistema nervoso e di quello immunitario e il profilo di personalità. L'invecchiamento per esempio è convenzionalmente ritenuto una fase di ridotta energia adattativa e quindi di aumentata risposta allo stress..
Ambiente
Costituisce la terza importante componente della risposta di stress, rappresentando in un certo senso la sorgente degli stimoli stressogeni. Si intende sia l'ambiente esterno che quello interno, il primo va considerato non solo nelle sue caratteristiche geoclimatiche, ma anche, più in generale, negli aspetti legati all'interazione sociale e all'occupazione.
Un po' di biologia
Abbiamo visto come gli elementi che consentono la risposta di stress sono il sistema nervoso (neuroendocrino e neurovegetativo) e quello immunitario. Si tratta di sistemi che operano in stretta interdipendenza sotto lo stretto controllo del sistema nervoso centrale. In particolare tra i sistemi neuroendocrini quello determinante è l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Sebbene dal punto di vista fisiologico il significato di questo sistema sia ancora essenzialmente ignoto, si è certi che il ruolo centrale svolto nella risposta di stress sia legato all'attivazione dei processi che controllano il metabolismo intermedio e la pressione arteriosa. Mentre in condizioni di non stress l'attività dell'asse HPA è organizzata in oscillazioni periodiche regolari, in condizioni di stress si verifica un'ulteriore attivazione del sistema.
Modelli di risposta di stress
Studi effettuati negli ultimi anni hanno enfatizzato concetti quali le differenze esistenti tra lo stress acuto e quello cronico e l'importanza della capacità di organizzare una risposta appropriata ed efficace. Sulla base di queste acquisizioni il concetto di stress proposto da Selye ha ceduto il passo ad una visione più integrata del fenomeno, dove svariate sollecitazioni inducono differenti risposte nel singolo individuo, e fattori specifici a ciascun individuo condizionano una estrema variabilità tra individui diversi. Secondo un modello oggi piuttosto attendibile lo stimolo e la risposta che ad esso consegue non sarebbero legati da un rapporto di tipo lineare. L'attivazione dello stress cioè avrebbe inizio con la percezione ed il riconoscimento dell'evento stressante da parte del SNC, che sulla base di precedenti esperienze, proprio come per gli stimoli dolorifici, dà inizio a modificazioni che non sarebbero legati strettamente allo stressor. Un modello assai recente è poi quello di Herman e Cullinan (1997) che discrimina il tipo di risposta a seconda dei circuiti seguiti dallo stressor e più precisamente sulla loro capacità di accedere al nucleo dell'ipotalamo in maniera diretta o indiretta.
Stress e malattia
È opportuno sottolineare come siano ormai sufficientemente definiti i rapporti tra lo stress cronico e, ad esempio, la patologia cardiovascolare (infarto miocardico, ipertensione arteriosa), gastroenterica (ulcera, colon irritabile), dermatologica (dermatiti, malattie "psicocutanee"). Meno chiari sono invece i rapporti tra stress e patologie psichiatriche (depressione, schizofrenia) e neurologiche (invecchiamento cerebrale e demenza). È interessante infatti notare come nell'uomo vi siano evidenze del fatto che situazioni stressanti protratte possano essere seguite dallo sviluppo di disturbi della sfera cognitiva e emotiva, anche se ancora mancano evidenze conclusive a sostegno di questa ipotesi.
Marco Malagutti
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