Stress in fumo

21 gennaio 2005
Aggiornamenti e focus

Stress in fumo



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Lo stress legato al lavoro rappresenta - dicono le statistiche del Ministero della Salute - la seconda malattia professionale più diffusa nell'Unione europea dopo il mal di schiena. In Europa ne è affetto un lavoratore su quattro; le donne risultano essere più colpite, ma per entrambi i sessi lo stress può rappresentare un problema in tutti i settori e a tutti i livelli di organizzazione. Le cause sono varie. Si va da rischi psicosociali, quali la progettazione, l'organizzazione e la gestione del lavoro a problemi come le vessazioni e la violenza sul lavoro, fino a rischi fisici come la rumorosità e la temperatura. E i costi non sono solo umani ma anche economici. Dal 50% al 60% dell'assenteismo, per esempio, è riconducibile allo stress nell'ambiente di lavoro. Associato ai costi sanitari connessi, il conto annuale complessivo per l'UE è stimato pari a circa 20 miliardi di euro, senza considerare la perdita di produttività. E per concludere un ulteriore elemento di stress è dato dall'insicurezza del posto di lavoro, un fenomeno sempre più comune. Dalle statistiche emerge chiaramente che il lavoro è fonte di forte stress. Uno stress per il quale il fumo rappresenta uno dei rifugi principali.
O almeno rappresentava. Da quando è entrata in vigore la legge Sirchia sul fumo, infatti, fumare è diventato più difficile. Ma quanti vivono una condizione di stress sul lavoro e per questo si rifugiano nella sigaretta in più? Di questo si è occupata una ricerca di Astra/Demoskopea, condotta a metà dello scorso dicembre su un campione di 1005 persone tra i 14 e i 79 anni.

Perché si è stressati


Le ragioni di insoddisfazione sono rappresentate in primo luogo dalla mancata realizzazione, ma anche dal fatto di confrontarsi con un ambiente lavorativo negativo a causa di superiori oppressivi, di scarsa meritocrazia, di scarsa professionalità, di discriminazioni (soprattutto legate all'età, ma anche al sesso, alla politica e alla religione), di colleghi maleducati o aggressivi. Ma c'è anche un altro aspetto importante: le persone che lavorano sono molto più stressate nelle ore in cui lavorano che non nel tempo libero, a conferma che il lavoro è fonte o almeno territorio di stress.

Come ci si difende


Ma quali strategie mettono in atto i lavoratori per reagire allo stress?
Ci sono le modalità più sane come il tentativo di migliorarsi o di migliorare l'ambiente di lavoro. Ma c'è anche chi subisce o chi si arrabbia con gli altri e protesta vigorosamente. O infine anche quelli che se ne vanno, cambiano stanza o addirittura lavoro. In mezzo a questo popolo di stressati, però, c'è una parte, e non sono pochi, che si rifugia nel fumo. Sono 2,8 milioni, sul totale dei 12 milioni di casi di stress occupazionale, che fumano di più perché si sentono sotto pressione.
Il gruppo sociale più forte, sostiene la ricerca Astra/Demoskopea, è rappresentato dagli operai e la città in cui c'è la massima tendenza a reagire con questa modalità è Roma. La proporzione dei lavoratori/fumatori rispecchia quella della popolazione generale: un italiano su 2 non ha mai fumato, il 22-23% fuma, circa un quarto della popolazione è composto da ex fumatori. Circa la metà dei fumatori ha provato più volte a smettere di fumare, mentre l'altra metà non ci ha mai provato. Il desiderio di fumare, infine, tende ad aumentare nel corso della giornata con due picchi dopo i pasti, un picco principale dopo il pranzo e uno di minor entità dopo cena. In questo momento i lavoratori/fumatori stressati dal lavoro sono quelli che fumano di più in ogni momento della giornata. Le soluzioni? Semplice, smettere di fumare, magari sostiene la ricerca con l'aiuto della stessa azienda invece che con un rigido proibizionismo. L'esperienza statunitense dei corsi per la disassuefazione da fumo è positiva, con un miglioramento del clima aziendale e una minore morbilità. E se lo dicono gli americani...

Marco Malagutti



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