20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Pista infettiva nella sclerosi multipla
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La sclerosi multipla è una malattia del sistema nervoso centrale (Snc) relativamente frequente, ad andamento progressivo e fortemente invalidante, che viene ampiamente studiata negli ultimi anni, con numerosi progressi già segnati dalla ricerca, soprattutto rispetto a possibilità di cura per alleviarne i sintomi, contrastarne la progressione e prevenirne le ricadute. Nonostante gli avanzamenti restano da chiarire aspetti fondamentali, a cominciare dall'eziologia e cioè dalle cause scatenanti. La sclerosi multipla o sclerosi a placche è normalmente definita come malattia infiammatoria demielinizzante del Snc, nella quale in seguito a un processo auto-immune si deteriora la sostanza di rivestimento dei nervi che rende veloce la trasmissione degli impulsi nervosi (mielina), interferendo con essi e quindi causando una serie di danni funzionali. In realtà è una patologia complessa, con il coinvolgimento di diversi meccanismi patogenetici che sono anche rappresentati secondo una certa variabilità interindividuale, e nella quale esiste un'interazione di fattori sia genetici, con una suscettibilità che si legherebbe soprattutto al sistema di difesa immunologica HLA, sia ambientali, quali alcuni agenti infettivi che sono stati proposti in questi anni e potrebbero costituire cause scatenanti oppure associate nella fase d'insorgenza della malattia. A queste conclusioni si è giunti sulla base di osservazioni epidemiologiche e studi genetici di popolazioni, essendoci una certa eterogeneità di presenza della patologia. Identificare questi eventuali fattori sarebbe importante per tentare strategie preventive o terapeutiche.
Nei decenni passati sono stati candidati quali responsabili o corresponsabili della sclerosi multipla almeno venti tra batteri o virus, in molti casi con elementi di prova che sono apparsi poi inconsistenti. Sotto indagine al momento ci sono per esempio il virus di Epstein-Barr (EBV), l'herpesvirus umano 6, il virus linfotrofico T-cellulare umano 1 (HTLV-1) e, più di recente, il batterio Chlamydia pneumoniae. Tra quelli con indizi a carico più convincenti sembra esserci l'EBV, un virus a diffusione ubiquitaria che infetterebbe oltre nove adulti su dieci, rimanendo inoffensivo anche tutta la vita o essendo coinvolto in svariate patologie, dalla mononucleosi ad alcuni tumori. Nei malati di sclerosi multipla esistono alterazioni delle risposte immunitarie sia umorali (mediate da anticorpi) sia cellulo-mediate (mediate da linfociti T) dirette contro il virus, probabilmente in funzione di fattori dell'ospite che predispongono alla malattia, come varianti genetiche o geni di suscettibilità. Si è osservato che il rischio di sviluppare la sclerosi multipla aumenta significativamente con i livelli di anticorpi anti-EBV e che in questi pazienti anticorpi specifici contro il virus vengono prodotti nel liquido cerebro-spinale come componenti di bande oligoclonali, che sono un contrassegno diagnostico della malattia.
Un'altra ipotesi attuale chiama in causa un batterio anch'esso ubiquitario e sospettato per molte patologie (da cardiopatie ad Alzheimer a tumori) come C. pneumoniae, con il quale sarebbe venuto a contatto il 70-80% degli adulti sani. I ricercatori che sostengono il suo possibile ruolo nella sclerosi multipla indicano l'associazione tra anticorpi specifici anti-C. pneumoniae e un maggior rischio di malattia, come tra l'infezione e le ricadute di malattia, oltre ad anticorpi anti-C. pneumoniae come parte delle bande oligoclonali e antigeni del batterio presenti nelle zone circumventricolari del cervello nelle quali è debole il sistema difensivo della barriera ematoencefalica (BEE). Di contro altri autori rilevano che molti studi non hanno mostrato elementi che associano il batterio alla patologia, né la presenza del primo nel liquido cerebrospinale dei malati di sclerosi multipla. Ma l'indagine su questo come su altri possibili sospetti continua e la pista infettivologica potrebbe consentire nuove acquisizione e fornire spunti terapeutici.
Elettra Vecchia
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Gli indizi a carico dell'EBV
Nei decenni passati sono stati candidati quali responsabili o corresponsabili della sclerosi multipla almeno venti tra batteri o virus, in molti casi con elementi di prova che sono apparsi poi inconsistenti. Sotto indagine al momento ci sono per esempio il virus di Epstein-Barr (EBV), l'herpesvirus umano 6, il virus linfotrofico T-cellulare umano 1 (HTLV-1) e, più di recente, il batterio Chlamydia pneumoniae. Tra quelli con indizi a carico più convincenti sembra esserci l'EBV, un virus a diffusione ubiquitaria che infetterebbe oltre nove adulti su dieci, rimanendo inoffensivo anche tutta la vita o essendo coinvolto in svariate patologie, dalla mononucleosi ad alcuni tumori. Nei malati di sclerosi multipla esistono alterazioni delle risposte immunitarie sia umorali (mediate da anticorpi) sia cellulo-mediate (mediate da linfociti T) dirette contro il virus, probabilmente in funzione di fattori dell'ospite che predispongono alla malattia, come varianti genetiche o geni di suscettibilità. Si è osservato che il rischio di sviluppare la sclerosi multipla aumenta significativamente con i livelli di anticorpi anti-EBV e che in questi pazienti anticorpi specifici contro il virus vengono prodotti nel liquido cerebro-spinale come componenti di bande oligoclonali, che sono un contrassegno diagnostico della malattia.
Sospetti anche su C.pneumoniae
Un'altra ipotesi attuale chiama in causa un batterio anch'esso ubiquitario e sospettato per molte patologie (da cardiopatie ad Alzheimer a tumori) come C. pneumoniae, con il quale sarebbe venuto a contatto il 70-80% degli adulti sani. I ricercatori che sostengono il suo possibile ruolo nella sclerosi multipla indicano l'associazione tra anticorpi specifici anti-C. pneumoniae e un maggior rischio di malattia, come tra l'infezione e le ricadute di malattia, oltre ad anticorpi anti-C. pneumoniae come parte delle bande oligoclonali e antigeni del batterio presenti nelle zone circumventricolari del cervello nelle quali è debole il sistema difensivo della barriera ematoencefalica (BEE). Di contro altri autori rilevano che molti studi non hanno mostrato elementi che associano il batterio alla patologia, né la presenza del primo nel liquido cerebrospinale dei malati di sclerosi multipla. Ma l'indagine su questo come su altri possibili sospetti continua e la pista infettivologica potrebbe consentire nuove acquisizione e fornire spunti terapeutici.
Elettra Vecchia
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