Varianti che influenzano la terapia

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Varianti che influenzano la terapia



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L' interferone beta ricombinante è ampiamente impiegato nei pazienti affetti da sclerosi multipla per rallentare la progressione della patologia. Tuttavia, in alcuni pazienti (fino al 50% dei casi) si manifestano recidive e i sintomi peggiorano malgrado l'assunzione del farmaco. I suoi effetti collaterali, infatti, contribuiscono a far sì che numerosi soggetti non aderiscano alla terapia. In questa eterogeneità clinica e di risposta al trattamento farmacologico, un valido aiuto potrebbe essere fornito dalla farmacogenomica, che si pone l'arduo obiettivo di identificare i geni responsabili delle differenze interindividuali e, di conseguenza, di proporre un trattamento personalizzato. Infatti, poiché la sclerosi multipla presenta un'eziologia multifattoriale e l'interferone è considerato un agente pleiotropico, cioè che agisce su più fattori, è plausibile che le variazioni alleliche in numerosi geni possano contribuire alla risposta farmacogenomica.

Analisi ad ampio raggio


Uno studio, in cui sono stati coinvolti 4 centri localizzati nell'area sud del Mediterraneo e che ha visto la collaborazione dell'Università americana di San Francisco, ha analizzato il profilo di espressione genica di 206 pazienti affetti dalla forma recidivante-remittente di sclerosi multipla, utilizzando un approccio genome-wide, cioè valutando l'intero genoma.I partecipanti alla ricerca, volutamente reclutati in una specifica area geografica per minimizzare le diversità tra le popolazioni, sono stati seguiti per almeno due anni dall'inizio della terapia con interferone beta ricombinante e, quindi, distinti tra chi rispondeva efficacemente alla terapia e chi no (99 responders vs 107 non responders).
In particolare, i ricercatori hanno estratto il DNA dei pazienti e, grazie a uno specifico schema volto a minimizzare i fattori confondenti e a incrementare la riproducibilità della tecnica, lo hanno unito e successivamente ibridato su uno specifico supporto solido (Affymetrix 100K GeneChips), dove erano disposte ordinatamente un numero elevato di sonde a sequenza nota. Il metodo è stato, poi, validato mediante una genotipizzazione del DNA di ciascun individuo su un'apposita piattaforma indipendente.
In questo modo è stato possibile identificare i polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) e paragonare le frequenze alleliche dei pazienti che rispondevano o meno alla terapia con interferone. Dai dati ottenuti è emerso che le differenze significative interessavano SNP localizzati in molti geni, come quelli codificanti per il glipicano 5, il collagene tipo XXV alpha1, lo ialuronano e la calpastatina.

Importanti differenze


I risultati ottenuti riflettono, dunque, l'azione pleiotropica dell'interferone beta e la complessa natura che caratterizza la sclerosi multipla. Le principali differenze tra i pazienti responder e non responder sono state riscontrate a livello di geni implicati nelle vie di trasduzione del segnale e di geni associati a canali ionici. Inoltre, dalla ricerca è emersa la rilevanza clinica degli SNP identificati nei geni codificanti per proteine della matrice extracellulare, come lo ialuronano e il collagene, che potrebbero alterare il legame delle metalloproteasi rilasciate dai leucociti, favorendo la migrazione di questi ultimi verso la membrana basale, e modificare, così, l'efficacia dell'interferone beta che, in vitro, inibisce proprio la produzione e la secrezione di queste metalloproteasi.L'identificazione di questi polimorfismi consente di fare un passo in avanti verso un utilizzo razionale dei farmaci e una medicina sempre più personalizzata; tuttavia, sarebbe utile replicare i risultati in un campione più ampio e confermarli mediante test funzionali. Non va, infatti, dimenticato che la metodologia dei microarray, pur consentendo l'analisi simultanea di migliaia di geni, permette di identificare solo i polimorfismi comunemente presenti nel genoma, tralasciando quelli rari.

Ilaria Ponte



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