Ferite difficili da guarire

20 ottobre 2010
Aggiornamenti e focus

Ferite difficili da guarire



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Ne soffrono due milioni di italiani, tra i quali 30mila bambini. Nel 50% dei casi la patologia è invalidante e i tre quarti dei malati non possono permettersi le terapie perché sono troppo costose e non vengono rimborsate. Non sono ottimistiche le cifre che descrivono incidenza e morbilità delle ulcere cutanee, causa ogni anno di circa diecimila amputazioni soltanto in Italia (la metà delle quali su diabetici). Della malattia si è parlato nell'UlcerDays, le due giornate di informazione e formazione promosse dall'Aiuc, l'Associazione italiana ulcere cutanee.

Le ulcere cutanee sono ferite senza una spontanea tendenza alla cicatrizzazione. La causa scatenante va cercata tra più di un centinaio di patologie, tra le quali le più comuni sono il diabete, le malattie vascolari e le disfunzioni che costringono il paziente a letto. Le forme più comuni di ulcera sono quella venosa, da piede diabetico (che porta all'amputazione nel 15% dei casi), da decubito (colpisce per lo più gli anziani) e vascolare arteriosa. Inoltre, studi clinici nazionali e internazionali hanno evidenziato che di ulcere si può morire; l'ulcera da decubito, ad esempio, aumenta il rischio di morte del 400%.

Nata nel '99, l'Aiuc opera sul fronte della prevenzione, diagnosi e cura di questo tipo di lesioni, che costano indirettamente al Ssn più di un miliardo di euro all'anno e ai pazienti circa 300 euro al mese. Ma più importante ancora, in Italia non esistono centri di eccellenza per questa patologia né reti o percorsi integrati tra territorio e ospedale a garanzia della continuità assistenziale. Inoltre nella quasi totalità delle Asl le cure sono obsolete e, paradossalmente, costano di più di quelle avanzate: il costo medio per un paziente trattato con le tecniche più recenti è di circa 1.500 euro al quadrimestre, contro i 1.890 delle tradizionali. Ne derivano non equità delle cure, scarsa accessibilità ai trattamenti, ritardo nella diagnosi e nella terapia, incremento dei costi diretti per l'insorgenza di complicanze e dei costi indiretti per la perdita della capacità produttiva da parte del paziente. Oltre a non esistere centri di eccellenza, per questa patologia manca in Italia anche una vera e propria figura specialistica e la vulnologia, la scienza che si applica allo studio delle lesioni cutanee croniche e ai meccanismi della riparazione tissutale, non è una specialità medica riconosciuta dalle Università. I pazienti, così, possono soltanto affidarsi a quei medici e infermieri che, attraverso percorsi individuali, vogliono approfondire la materia. Solo nel 2009 sono usciti i primi diplomati nei master organizzati dalle Università di Torino, Modena e Firenze.



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