18 febbraio 2022
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Chi ha carenza di vitamina D rischia forme più gravi di Covid-19
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Covid-19: mantenere livelli sufficienti di vitamina D
Esiste una correlazione tra carenza di vitamina D e gravità e mortalità delle forme di COVID-19 secondo uno studio pubblicato su PLOS ONE. «I nostri risultati suggeriscono che è consigliabile mantenere livelli sufficienti di vitamina D nella popolazione in generale. Il fatto di non avere carenze in questo senso sarà vantaggioso per coloro che contraggono il virus» spiega Amiel Dror, del Galilee Medical Center e della Facoltà di Medicina Azrieli dell'Università di Bar-Ilan (Israele), che ha diretto il gruppo di lavoro.
All'inizio della pandemia, gli esperti della sanità pubblica hanno iniziato a incoraggiare le persone a prendere la vitamina D, poiché svolge un ruolo nella promozione della risposta immunitaria e avrebbe potuto proteggere dal COVID-19. «C'è un chiaro consenso per la supplementazione di vitamina D su base regolare, come consigliato dalle autorità sanitarie locali e dalle organizzazioni sanitarie globali» prosegue Dror.
I ricercatori hanno analizzato i dati di 1.176 pazienti ricoverati tra aprile 2020 e febbraio 2021 al Galilee Medical Center con test PCR positivi a SARS-CoV-2 per valutarne i livelli di vitamina D misurati da due settimane a due anni prima dell'infezione. Ebbene, l'analisi ha mostrato che i pazienti con carenza di vitamina D (valori inferiori a 20 ng/mL) avevano 14 volte più probabilità di sviluppare forme gravi o critiche di COVID rispetto a quelli con valori maggiori di 40 ng/mL. Ma non solo, infatti la mortalità tra i pazienti con livelli sufficienti di vitamina D era del 2,3%, rispetto al 25,6% nel gruppo con carenza di vitamina D.
Dopo aver aggiustato l'analisi per età, sesso, stagione (estate/inverno), e malattie croniche, gli autori hanno confermato che un basso livello di vitamina D contribuisce in modo significativo alla gravità e alla mortalità della malattia. «Non è ancora chiaro il motivo per cui alcuni individui subiscono gravi conseguenze dell'infezione da COVID-19 mentre altri no, ma la nostra scoperta aggiunge una nuova dimensione alla risoluzione di questo enigma» concludono i ricercatori.
Fonte: Doctor33
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