12 giugno 2017
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Cibo buttato e sprecato: troppi nutrienti finiscono nella spazzatura
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«Un'enorme quantità di alimenti nutrienti finisce ogni giorno nelle discariche invece di coprire i bisogni nutrizionali delle persone». Sono le parole di Marie Spiker, del Johns Hopkins center for a livable future di Baltimora, negli Stati Uniti, prima autrice di uno studio pubblicato sulla rivista Journal of the Academy of nutrition and dietetics che insieme ai colleghi ha voluto analizzare il cibo che buttato o sprecato ogni giorno in termini di nutrienti utili per la salute umana.
«Secondo stime abbastanza recenti, ogni statunitense spreca ogni giorno una quantità di cibo compresa tra 1.249 e 1.400 chilocalorie (kcal), che corrisponde a una percentuale pari a 31 per cento-40 per cento di tutto il cibo» esordiscono gli autori spiegando che non è nota la quantità dei diversi macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) e micronutrienti (vitamine e minerali) contenute nel cibo destinato alla discarica.
Utilizzando i dati del National nutrient database for standard reference, Spike e colleghi hanno calcolato il valore nutrizionale del cibo sprecato a livello di rivenditori e consumatori finali relativo a 213 beni di consumo. E a conti fatti le analisi hanno dimostrato che questo cibo perso o buttato negli Usa contiene 1.217 kcal, 33 grammi di proteine, 5,9 grammi di fibra alimentare, 1,7 mg di vitamina D, 286 mg di calcio e 880 mg di potassio a testa al giorno.
«I 5,9 grammi di fibre al giorno rappresentano il 23 per cento della dose giornaliera raccomandata per una donna ed è importante sottolinearlo da momento che nello stesso periodo i dati parlano di una carenza di 8,9 grammi di fibre/giorno per le donne statunitensi» commentano gli autori. Come ricordano Spike e colleghi, realisticamente parlando, solo una parte del cibo oggi sprecato può essere recuperato per il consumo umano, ma gli sforzi per cercare di ridistribuire il cibo in eccesso o per prevenire lo spreco possono senza dubbio aumentare la disponibilità di nutrienti fondamentali per la salute, risparmiando denaro e risorse naturali.
Lo spreco di cibo non è prerogativa degli Stati Uniti: la Commissione Europea sottolinea infatti che in Europa ogni anno vengono persi/sprecati 88 milioni di tonnellate di cibo, equivalenti a 143 miliardi di euro.
«Tutti i protagonisti della catena alimentare hanno un ruolo nel prevenire e ridurre lo spreco di cibo a partire da chi produce e lavora le materie prime (gli agricoltori e le aziende alimentari) a quelli che rendono il cibo disponibile per gli altri (ristoratori o rivenditori), fino ad arrivare agli stessi consumatori» spiegano gli esperti ricordando che lo spreco di cibo è un problema che si manifesta a diversi livelli.
Nei paesi industrializzati, Italia compresa, molto di questo spreco è legato ai consumatori finali, come dimostrano anche i dati europei: 47 su 88 milioni di tonnellate di cibo sprecato vengono persi a livello domestico, il 53 per cento del totale. Per tenere sotto controllo lo spreco di cibo e riuscire a recuperare le eccedenze ancora utilizzabili sono state messe in campo diverse iniziative come per esempio il Waste Watcher, un osservatorio nazionale sullo spreco alimentare all'interno dell'iniziativa SprecoZero.
Fonti:
Salute oggi:
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Proteine, vitamine e minerali tra i rifiuti
«Secondo stime abbastanza recenti, ogni statunitense spreca ogni giorno una quantità di cibo compresa tra 1.249 e 1.400 chilocalorie (kcal), che corrisponde a una percentuale pari a 31 per cento-40 per cento di tutto il cibo» esordiscono gli autori spiegando che non è nota la quantità dei diversi macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) e micronutrienti (vitamine e minerali) contenute nel cibo destinato alla discarica.
Utilizzando i dati del National nutrient database for standard reference, Spike e colleghi hanno calcolato il valore nutrizionale del cibo sprecato a livello di rivenditori e consumatori finali relativo a 213 beni di consumo. E a conti fatti le analisi hanno dimostrato che questo cibo perso o buttato negli Usa contiene 1.217 kcal, 33 grammi di proteine, 5,9 grammi di fibra alimentare, 1,7 mg di vitamina D, 286 mg di calcio e 880 mg di potassio a testa al giorno.
«I 5,9 grammi di fibre al giorno rappresentano il 23 per cento della dose giornaliera raccomandata per una donna ed è importante sottolinearlo da momento che nello stesso periodo i dati parlano di una carenza di 8,9 grammi di fibre/giorno per le donne statunitensi» commentano gli autori. Come ricordano Spike e colleghi, realisticamente parlando, solo una parte del cibo oggi sprecato può essere recuperato per il consumo umano, ma gli sforzi per cercare di ridistribuire il cibo in eccesso o per prevenire lo spreco possono senza dubbio aumentare la disponibilità di nutrienti fondamentali per la salute, risparmiando denaro e risorse naturali.
La lunga catena dello spreco
Lo spreco di cibo non è prerogativa degli Stati Uniti: la Commissione Europea sottolinea infatti che in Europa ogni anno vengono persi/sprecati 88 milioni di tonnellate di cibo, equivalenti a 143 miliardi di euro.
«Tutti i protagonisti della catena alimentare hanno un ruolo nel prevenire e ridurre lo spreco di cibo a partire da chi produce e lavora le materie prime (gli agricoltori e le aziende alimentari) a quelli che rendono il cibo disponibile per gli altri (ristoratori o rivenditori), fino ad arrivare agli stessi consumatori» spiegano gli esperti ricordando che lo spreco di cibo è un problema che si manifesta a diversi livelli.
Nei paesi industrializzati, Italia compresa, molto di questo spreco è legato ai consumatori finali, come dimostrano anche i dati europei: 47 su 88 milioni di tonnellate di cibo sprecato vengono persi a livello domestico, il 53 per cento del totale. Per tenere sotto controllo lo spreco di cibo e riuscire a recuperare le eccedenze ancora utilizzabili sono state messe in campo diverse iniziative come per esempio il Waste Watcher, un osservatorio nazionale sullo spreco alimentare all'interno dell'iniziativa SprecoZero.
Fonti:
- J Acad Nutr Diet. 2017 May 11. pii: S2212-2672(17)30325-8. doi: 10.1016/j.jand.2017.03.015
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