17 febbraio 2022
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Con la realtà virtuale si riducono dolore e ansia in pediatria
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"Uscire" dal reparto dell'ospedale per entrare in un mondo virtuale. Potrebbe essere questa la strategia vincente contro l'ansia o il dolore che accompagnano alcune procedure mediche - siano essi esami diagnostici o interventi - e che possono rappresentare un ostacolo importante per lo svolgimento delle procedure stesse soprattutto in pediatria.
«La realtà virtuale è entrata a far parte della nostra vita con diverse applicazioni ed è arrivata anche nei reparti di pediatria» esordisce Jeffrey Gold, direttore della Pediatric pain management clinic al Children's hospital di Los Angeles (Stati Uniti) e autore di un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Journal of pediatric psychology. Assieme ai colleghi, Gold ha coinvolto nella sua ricerca 143 bambini e ragazzi di età compresa tra 10 e 21 anni che si dovevano sottoporre a un prelievo di sangue dividendoli in due gruppi: uno trattato con le cure standard (anestetico locale e un film proiettato nella stanza) e uno che oltre alle cure standard ha potuto anche utilizzare un gioco di realtà virtuale durante il prelievo. Oltre ai ragazzi sono stati coinvolti nello studio i rispettivi accompagnatori e gli operatori che hanno eseguito il prelevo. «In molte strutture pediatriche si cerca di "distrarre" i pazienti prima di procedure che possono generare dolore o ansia soprattutto quelle che richiedono l'uso di aghi» spiegano gli autori convinti che con la realtà virtuale, che prevede un maggior coinvolgimento del paziente, possa essere ancora più efficace per far superare la procedura senza problemi.
E in effetti la ricerca ha dimostrato che la realtà virtuale è applicabile, ben tollerata e anche apprezzata dai piccoli pazienti, dai loro accompagnatori e dagli operatori ed è in grado di ridurre ansia e dolore e di aumentare la soddisfazione di tutte le persone coinvolte nella procedura medica. «Visti i dubbi legati all'uso di oppiacei per ridurre il dolore è importante cercare opzioni non farmacologiche per raggiungere il risultato» dice Gold che poi conclude: «La realtà virtuale potrebbe essere vincente in questo senso, magari con interventi mirati e specifici per le singole condizioni cliniche».
Bibliografia:
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Realtà virtuale
«La realtà virtuale è entrata a far parte della nostra vita con diverse applicazioni ed è arrivata anche nei reparti di pediatria» esordisce Jeffrey Gold, direttore della Pediatric pain management clinic al Children's hospital di Los Angeles (Stati Uniti) e autore di un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Journal of pediatric psychology. Assieme ai colleghi, Gold ha coinvolto nella sua ricerca 143 bambini e ragazzi di età compresa tra 10 e 21 anni che si dovevano sottoporre a un prelievo di sangue dividendoli in due gruppi: uno trattato con le cure standard (anestetico locale e un film proiettato nella stanza) e uno che oltre alle cure standard ha potuto anche utilizzare un gioco di realtà virtuale durante il prelievo. Oltre ai ragazzi sono stati coinvolti nello studio i rispettivi accompagnatori e gli operatori che hanno eseguito il prelevo. «In molte strutture pediatriche si cerca di "distrarre" i pazienti prima di procedure che possono generare dolore o ansia soprattutto quelle che richiedono l'uso di aghi» spiegano gli autori convinti che con la realtà virtuale, che prevede un maggior coinvolgimento del paziente, possa essere ancora più efficace per far superare la procedura senza problemi.
Meno ansia e dolore
E in effetti la ricerca ha dimostrato che la realtà virtuale è applicabile, ben tollerata e anche apprezzata dai piccoli pazienti, dai loro accompagnatori e dagli operatori ed è in grado di ridurre ansia e dolore e di aumentare la soddisfazione di tutte le persone coinvolte nella procedura medica. «Visti i dubbi legati all'uso di oppiacei per ridurre il dolore è importante cercare opzioni non farmacologiche per raggiungere il risultato» dice Gold che poi conclude: «La realtà virtuale potrebbe essere vincente in questo senso, magari con interventi mirati e specifici per le singole condizioni cliniche».
Bibliografia:
- Journal of Pediatric Psychology. Doi: 10.1093/jpepsy/jsx129
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