Indice glicemico del riso: varietà italiane in aiuto per chi ha problemi di glicemia
Indice glicemico, analizzate 25 varietà di riso
Per quanto riguarda il riso, la letteratura riporta IG anche molto diversi con valori che, in funzione della varietà, possono variare da 48 a 93; per questo motivo il riso bianco è spesso visto con sospetto nella dieta di chi ha squilibri glicemici.
Numerosi studi hanno fino ad oggi valutato l'IG della varietà Indica. Mentre non sono disponibili dati per quanto riguarda la varietà Japonica. Una ricerca molto estesa finanziata dall'Ente Nazionale Risi e condotta in collaborazione con l'Università di Pavia e il Politecnico di Torino ha analizzato 25 varietà di riso Japonica, tra cui le italiane Arborio, Argo, Baldo, Carnaroli, Padano, S. Andrea e Selenio, per indagare e conoscere meglio il valore dell'indice glicemico e la struttura interna del granello.
L'indice glicemico diminuisce all'aumentare del contenuto di amilosio
La ricerca del Politecnico di Torino ha invece indagato i caratteri morfologici dei granuli di amido presenti nella struttura interna dei chicchi di diverse varietà di riso italiane ed estere, per capire non solo la relazione con le proprietà organolettiche nelle preparazioni alimentari ma anche l'eventuale correlazione fra la conformazione della struttura interna e l'indice glicemico. Lo studio ha chiarito che la struttura interna del granello di ogni varietà di riso è specifica e legata a fattori genetici ereditabili. Al microscopio si è visto che la disposizione dei granuli di amido nonché le loro caratteristiche morfologiche (forma, dimensione e compattezza) possono creare o meno degli spazi vuoti nel chicco e che il rapporto tra questi ed il volume occupato è specifico e diverso per ogni varietà. "Ed è proprio questo rapporto, chiamato porosità percentuale - spiega Francesco Savorani del Politecnico di Torino - a determinare la propensione del riso, durante la cottura, ad assorbire l'acqua e i condimenti".
La porosità percentuale inoltre è differente tra varietà italiane e straniere: queste ultime hanno una struttura compatta, mentre le varietà nostrane sono in genere più porose.
Il progetto è solo all'inizio ma i risultati sulle varietà, alcune delle quali già ampiamente coltivate e in uso in Italia come Carnaroli Classico e Selenio, possono aprire la strada ad un nuovo approccio nutrizionale non solo a chi deve controllare il carico glicemico per problemi di iperglicemia e diabete, ma anche di chi soffre di obesità, di sindrome metabolica o di una condizione di pre-diabete.
Francesca De Vecchi
Tecnologa alimentare
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