Malattie cardiovascolari: i fattori di rischio del terzo millennio

06 febbraio 2024
Aggiornamenti e focus, Speciale salute del cuore

Malattie cardiovascolari: i fattori di rischio del terzo millennio



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Un'ampia review appena pubblicata su European Heart Journal coordinata da ricercatori di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS- Università Cattolica, in collaborazione con prestigiosi esperti americani (Deepak Bhatt del Mount Sinai di New York e Sanjay Rajagopalan della Case Western Reserve University di Cleveland) prende in esame i fattori di rischio cardio-vascolare del terzo millennio. A farla da padrone è l'inquinamento atmosferico, alla base anche dei cambiamenti climatici che a loro volta impattano sulla salute del cuore. Da non sottovalutare sono anche inquinamento luminoso e sonoro, salute mentale, isolamento sociale e malattie infettive. È importante imparare a conoscere i nuovi nemici del cuore e correre subito ai ripari, co  iniziative individuali e oculate scelte politiche.

"Sebbene negli anni i trattamenti contro i fattori di rischio tradizionali siano diventati sempre più efficaci e abbiano contribuito non poco a ridurre incidenza e conseguenze della cardiopatia ischemica - sottolinea il dottor Rocco Montone, cardiologo presso la UOC Cardiologia Intensiva di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS-Università Cattolica e primo autore dello studio - questa resta la principale causa di morte nel mondo. Per questo l'attenzione si sta allargando dai fattori di rischio tradizionale, a tutto ciò che ci circonda, al mondo del quale siamo immersi, fatto di inquinamento, virus, problemi economici e psicologici che, a loro volta, possono contribuire in maniera sostanziale a determinare e perpetuare il problema 'cardiopatia ischemica'. Questi fattori di rischio - prosegue il dottor Montone - interagiscono in modo imprevedibile, spesso potenziandosi tra loro. Ecco perché è necessario considerarli nella loro totalità, includendoli in questo nuovo paradigma dell'esposoma. La nostra review fa dunque il punto su come l'esposizione a lungo termine all'esposoma possa contribuire alla comparsa di cardiopatia ischemica e suggerisce quali potenziali strategie di mitigazione del rischio andrebbero messe in atto".

L'inquinamento atmosferico (soprattutto da PM2.5 o particolato fine) da solo può ridurre l'aspettativa di vita di 2,9 anni (il fumo di tabacco la riduce di 2,2 anni). "Questi decessi da inquinamento - ricorda il dottor Montone - sono causati soprattutto da malattie cardiovascolari e agiscono su vari meccanismi".

Anche i cambiamenti climatici, che sono strettamente correlati all'inquinamento, hanno un impatto importante sulla salute del cuore. "Le ondate di caldo - ricorda il dottor Montone - sono sempre più frequenti; una prolungata esposizione al caldo è stata di recente correlata ad aumentato rischio di mortalità cardiovascolare".

Da non sottovalutare poi la salute mentale, legata a doppio filo a quella del cuore. Stress cronico, depressione, isolamento sociale e solitudine possono dare un importante contributo alle malattie cardiovascolari.

Molte infezioni respiratorie come l'influenza e il COVID-19, ma anche le parodontiti e le infezioni da Helicobacter pylori e Chlamydia sono correlate ad un aumento rischio cardiovascolare; aumentano l'infiammazione sistemica, lo stress ossidativo, l'attivazione piastrinica e possono danneggiare direttamente le cellule del cuore (miociti).

Trattare l'esposoma per proteggere il cuore, di certo non è facile come assumere pillola contro il colesterolo o la pressione. E se la responsabilità individuale ha comunque uno spazio importante, sono necessarie anche azioni di politica ambientale e di mitigazione più alte. È importante, tuttavia, essere consapevoli dei rischi e contribuire, ognuno per la nostra parte, alla riduzione di questi fattori di rischio che impattano non solo sul singolo ma su tutta la collettività.

"Sebbene la consapevolezza sociale del problema sia in aumento e le principali linee guida cardiovascolari stiano ora prendendo in considerazione l'importanza di ridurre l'esposizione a questi nuovi fattori di rischio cardiovascolare - afferma il Professor Filippo Crea, Editor-in-Chief di European Heart Journal, Direttore del Centro di Eccellenza di Scienze Cardiovascolari Ospedale Isola Tiberina - Gemelli Isola, già Ordinario di Cardiologia all'Università Cattolica - c'è ancora molta strada da fare per implementare strategie preventive e di gestione. In questo contesto, gli operatori sanitari e le organizzazioni pubbliche in generale dovrebbero essere consapevoli della necessità di affrontare questo cambio di paradigma".


fonte: Doctor3


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