11 aprile 2016
Aggiornamenti e focus, Speciale Vitamina D
Abbronzatura e vitamina D: un legame complicato
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Nemmeno gli amanti della tintarella estrema possono essere certi di avere livelli adeguati di vitamina D. L'esposizione al sole, necessaria per garantire la sintesi della preziosa vitamina, stimola anche la produzione di melanina, un pigmento che colora la pelle e la rende meno sensibile all'azione dei raggi Uv, riducendo di conseguenza la sintesi si vitamina D.
«L'abbronzatura che tanto piace a molte persone non è altro che un meccanismo di difesa messo in atto dalle cellule della pelle per proteggersi dal pericoloso incontro con la radiazione Uv dei raggi solari» spiega Francisco Bandeira, della Scuola di medicina dell'Università di Pernambuco di Recife, in Brasile, che assieme ai suoi colleghi ha portato a termine uno studio per valutare il legame tra abbronzatura e livelli di vitamina D.
«I nostri studi suggeriscono che l'abbronzatura limita l'aumento dei livelli di vitamina D che non raggiunge quindi le concentrazioni ottimali fissate in 30 ng/ml» continua Bandeira che ha presentato i risultati della sua ricerca al congresso annuale della Endocrine society, recentemente svoltosi a Boston. Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori brasiliani hanno coinvolto nello studio poco meno di 1.000 persone di età compresa tra 13 e 82 anni con alti tassi giornalieri di esposizione al solesenza protezione e che non assumevano supplementazioni di vitamina D.
«Nella nostra analisi abbiamo tenuto conto anche del fototipo, delle ore di esposizione al sole e della superficie di pelle esposta» aggiunge l'autore ricordando che il fototipo è rappresentato da un numero: più alto è il numero, più scura è la pelle e maggiore è la possibilità di abbronzarsi anziché scottarsi se ci si espone ai raggi solari. E a conti fatti, il 72 per cento dei partecipanti - tutte persone residenti in una regione tropicale, 8 gradi a sud dell'equatore, con una elevata esposizione al sole e una radiazione Uv estremamente alta - non raggiungeva il livello "normale" di vitamina D, fermandosi in media a 26 ng/ml. Un dato che fa riflettere, anche se, come è necessario ricordare, si tratta di risultati non ancora pubblicati su una rivista e che devono quindi essere ulteriormente approfonditi.
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