11 aprile 2016
Interviste
Olio di palma sul banco degli imputati: (parzialmente) assolto
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Da qualche tempo l'olio di palma, impiegato in molti alimenti prodotti industrialmente, è finito sul banco degli imputati, accusato di causare danni all'ambiente e alla salute. Queste ultime preoccupazioni, in particolare, appaiono in gran parte esagerate, anche quando puntano il dito sulla presenza di olio di palma nei latti in polvere per neonati, poiché a detta degli esperti anche l'olio di palma è un componente importante all'interno di un'alimentazione equilibrata. Dica33 ne ha parlato con il professor Vito Leonardo Miniello, docente di nutrizione pediatrica all'Università di Bari e vicepresidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps).
Professor Miniello, quanto è allarmante la presenza di olio di palma negli alimenti consumati dai bambini?
«Come spesso accade in ambito alimentare, le legittime cautele rischiano di essere ingigantite: in questo momento c'è il rischio di demonizzare l'olio di palma, che può diventare pericoloso se viene consumato in eccesso, ma in quantità moderata non comporta rischi particolari. È importante fare una premessa sulle etichette alimentari, perché fino ad anni recenti la legislazione europea consentiva di usare la dicitura molto generica di "oli vegetali". Questo era formalmente corretto, ma non permetteva di distinguere quelli - come gli oli tropicali tra cui l'olio di palma - che in realtà hanno una composizione simile ai grassi animali, saturi, e comportano un aumento dei livelli di colesterolo. Oggi è accertato che l'eccessiva assunzione di grassi saturi - a prescindere dall'origine vegetale, come l'olio di palma, o animale come burro e derivati del latte - comporta un aumento del rischio di sviluppare patologie quali obesità (in aumento anche tra i bambini in età scolare), diabete non insulino-dipendente e malattie cardiovascolari. In sostanza l'olio di palma non deve essere demonizzato, ma considerato al pari di un ingrediente alimentare quale il burro, e come quest'ultimo assunto con ragionevolezza».
Oggi le regole sulle etichette alimentari stanno cambiando...
«Sì, la nuova normativa europea oggi prevede la cosiddetta "etichetta trasparente", che descrive con molto maggiore dettaglio gli ingredienti usati nella preparazione di cibi pronti, biscotti, merendine eccetera. Le aziende hanno tempo fino alla fine del 2016 per mettersi in regola, ma molte hanno già adottato la nuova normativa, che aiuta il consumatore a calcolare con precisione l'apporto di nutrienti proveniente da ciascun componente della dieta sua e dei suoi bambini. Per produrre merendine e cracker le aziende hanno tante alternative all'uso dell'olio di palma, come ha dimostrato l'arrivo di nuove formulazioni senza olio di palma sugli scaffali di molti supermercati. Questo permetterà di tenere d'occhio l'assunzione complessiva di grassi saturi, che dovrebbero restare entro il 10 per cento dell'apporto calorico giornaliero totale».
E per quanto riguarda la presenza di olio di palma nei latti in polvere per neonati occorre preoccuparsi?
«In questo caso occorre essere chiari per contrastare la saga della disinformazione, perché le esigenze nutrizionali nel primo anno di vita sono molto particolari, tanto che nel latte materno - inimitabile alimento che Madre Natura ha riservato per il cucciolo umano - il 40 per cento dei grassi totali è costituito da grassi saturi.
In particolare circa la metà di questi grassi saturi presenti naturalmente nel latte materno è rappresentata da acido palmitico, particolarmente presente nell'oleina di palma. Quando ci sono problemi che rendono impossibile l'allattamento al seno nel corso del primo anno di vita, i latti formulati rappresentano l'unica alternativa adeguata dal punto di vista nutrizionale, anche se rimangono funzionalmente ancora distanti dal modello ideale rappresentato dal latte materno. Per i latti formulati vengono utilizzati oli tropicali per assicurare una fondamentale quota calorica che solo gli acidi grassi garantiscono e di mimare un profilo lipidico simile a quello che si riscontra nei piccoli allattati al seno».
Fabio Turone
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