Tutti d'accordo sul reflusso

28 giugno 2006
Aggiornamenti e focus

Tutti d'accordo sul reflusso



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Uno degli ostacoli più difficili che incontrano i medici è una definizione standard e universalmente riconosciuta di una malattia. Difficoltà che si ripercuote anche sui criteri diagnostici e quindi sul dire al paziente di che cosa soffre o non soffre. La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) si presta a questo tipo di equivoco: la diagnosi può seguire diverse vie, dalla descrizione dei sintomi all'endoscopia (eventualmente con campione bioptico).Per avere riferimenti standard è necessario che il parere in merito di un gran numero di esperti converga verso una definizione unica. Serve quindi una consensus, un accordo che raccolga tutti i dati disponibili e li trasformi in uno strumento pratico che ogni operatore può utilizzare per gestire un quadro clinico e per comunicare senza rischio di confusione. Sono queste le basi per creare le linee guida.

Definizioni condivise


Sono riusciti nell'intento gli esperti che nel 2005 si sono riuniti a Montreal, in Canada e che quest'anno hanno portato i risultati ottenuti al convegno "Nexus: a connection between clinical research and bed-side care" tenutosi a Roma nel mese di giugno. I contenuti della consensus sono stati illustrati da John Dent, uno dei partecipanti al workshop canadese, durante la conferenza stampa, che ha preceduto l'apertura dei lavori. Nella sua definizione globale, la MRGE viene indicata come condizione che si sviluppa quando il reflusso, cioè il ritorno verso l'alto, del contenuto dello stomaco provoca disturbi sintomatici e/o complicanze. Ed è proprio sulla base dei sintomi che si distingue in sindrome esofagea, ed extraesofagea. La prima può essere sintomatica con il tipico bruciore retrosternale, rigurgito acido e dolore toracico, ma può anche presentarsi con danni esofagei, con infiammazione dell'esofago (esofagite), esofago di Barret fino all'adenocarcinoma. Si tratta di un'escalation evolutiva dell'infiammazione dovuta alla presenza di acidi gastrici laddove non c'è un tessuto, come quello presente nello stomaco, in grado di proteggere dall'erosione. Se l'insulto chimico persiste dall'infiammazione si verifica una vera e propria trasformazione del tessuto esofageo, una condizione considerata precancerosa, che può evolvere in tumore. Se i sintomi sono a carico di strutture non esofagee, si può accertare la presenza di sintomi atipici come tosse, laringite, asma ed erosione dei denti, attribuibili alla nebulizzazione degli acidi. Chiaramente se è possibile escludere altre cause prettamente respiratorie (sinusite, faringite, problemi polmonari). Quello su cui quasi tutti concordano è che, se i sintomi da reflusso non sono un disturbo vero e proprio, per esempio, compaiono sporadicamente, non si può emettere una diagnosi di MRGE. Diventano tali quando condizionano in modo negativo il benessere individuale, se compaiono più di due giorni alla settimana, in caso di sintomi lievi o solo per un giorno se sono moderati o gravi.

Diagnosi a più corsie


Rimane tuttora aperta la condivisione universale sulla definizione diagnostica dell'esofago di Barret, che si basa sulle dimensioni della lesione, ma i cui criteri non si possono estendere a tutti i paesi. Anche sulla diagnosi non si è ancora raggiunta una consensus, ma restano validi i diversi approcci, anche questi adottati in base alla sintomatologia riferita dai pazienti. Se ci sono sintomi da reflusso tipici lievi o moderati si può verificare la risposta alla terapia con farmaci inibitori di pompa protonica (cioè antisecretori), e già in questa fase se non c'è risposta la diagnosi di MRGE è da scartare. All'endoscopia si passa per avere una diagnosi di esofagite, quando è sospetta, o delle complicanze. Vi si ricorre quando i sintomi sono gravi, c'è difficoltà a deglutire ma non c'è risposta ai farmaci, oppure per un controllo periodico dell'esofago di Barret. Se ci sono sintomi extraesofagei o dolore toracico si misura il pH esofageo.L'esito dei lavori conclusi in Canada e presentati a Roma delineano uno schema sufficientemente condiviso per gestire la patologia, e gettano le basi per le linee guida, grazie alle quali potrebbe diventare meno complicato liberarsi della malattia da reflusso o quanto meno conviverci meglio.

Simona Zazzetta



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