07 maggio 2004
Aggiornamenti e focus, Speciale Mal di testa
L'emicrania ha un nemico in più
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L'emicrania vede una prevalenza femminile: secondo i dati statunitensi ne soffre il 17% delle donne e il 6% degli uomini. E' vero che alla fine ciascun paziente trova una sua strategia per contenere gli attacchi, soprattutto ricorrendo agli antidolorifici associati in modi diversi, ma la scommessa più importante sarebbe prevenire gli attacchi. Infatti l'emicrania è quasi sempre inabilitante per il paziente e anche la medicazione "al bisogno" non è priva di effetti collaterali, a cominciare da quelli gastrointestinali.
A ridurre il numero delle crisi si candida ora il topiramato, un farmaco che agisce sul sistema nervoso centrale inizialmente impiegato come anticonvulsivante nel trattamento dell'epilessia. Uno studio molto recente ha provato che riesce a ridurre significativamente la frequenza degli attacchi e, di conseguenza, il ricorso agli antidolorifici.
Pubblicato sulla rivista Neurology, lo studio ha interessato in totale 487 pazienti (al 90% donne) di età compresa tra 12 e 65 anni che soffrivano del disturbo per un periodo fino a 15 giorni al mese; in media, le persone che hanno partecipato soffrivano dell'emicrania per 6,5 giorni ogni mese, vale a dire più di un giorno la settimana.
Il campione è stato avviato a ricevere o il farmaco in uno dei tre dosaggi (50, 100 e 200 mg al giorno) oppure il placebo (farmaco finto). In base alle linee guida statunitensi, il principale risultato cercato era la riduzione di almeno il 50 % dei giorni di malattia e, secondariamente, valutare se c'era una riduzione di qualsiasi tipo. A quanto sembra il topiramato funziona, anche se soltanto ai due dosaggi più elevati. Infatti, il 54% delle persone trattate con 100 mg al giorno di topiramato ha visto dimezzarsi i giorni di malattia, così come è accaduto a più del 52% del gruppo che riceveva 200 mg. Anche quando non si raggiungevano risultati pieni, comunque la frequenza degli attacchi diminuiva, visto che la media dei giorni di malattia scendeva da 5,4 a 3,3 al mese. Di conseguenza, veniva anche ridotto il consumo di FANS e altri analgesici. Il tutto sull'arco di tempo di sei mesi, periodo trascorso il quale, lo studio terminava.
Come sempre, si sono avuti anche effetti collaterali, prevalentemente le parestesie, cioè le temporanee perdite di sensibilità, soprattutto agli arti. Meno frequenti nausea e inappetenza e qualche difficoltà di memoria. Gli effetti collaterali riguardavano soprattutto il dosaggio più elevato.
Nemmeno le altre sostanze indicate per la profilassi dell'emicrania, del resto, sono prive di risvolti fastidiosi. In passato sono già stati impiegati altri anticonvulsivanti, psicofarmaci, compresi gli antidepressivi, e anche sostanze normalmente impiegate per l'ipertensione - i betabloccanti- che però hanno un'azione sul sistema nervoso. Il fatto è che nel trattamento, e nella prevenzione, dell'emicrania non esiste una ricetta buona per tutti. Anzi, quasi sempre il trattamento va messo a punto provando schemi e sostanze diverse, il che spiega per esempio perché la classe farmaci di più recente introduzione (quella dei triptani che agiscono sulla serotonina) conti già parecchie molecole diverse e tutte con una loro efficacia. Questo è uno dei casi in cui il fatto che si aggiunga un faramaco a quelli disponibili, anche se non sempre risolutivo, è senz'altro utile. Al medico, poi, trovare assieme al paziente la strada migliore, senza trascurare anche gli approcci non farmacologici (dal cambiamento dello stile di vita al bio-feedback).
Maurizio Imperiali
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A ridurre il numero delle crisi si candida ora il topiramato, un farmaco che agisce sul sistema nervoso centrale inizialmente impiegato come anticonvulsivante nel trattamento dell'epilessia. Uno studio molto recente ha provato che riesce a ridurre significativamente la frequenza degli attacchi e, di conseguenza, il ricorso agli antidolorifici.
Attacchi dimezzati per molti pazienti
Pubblicato sulla rivista Neurology, lo studio ha interessato in totale 487 pazienti (al 90% donne) di età compresa tra 12 e 65 anni che soffrivano del disturbo per un periodo fino a 15 giorni al mese; in media, le persone che hanno partecipato soffrivano dell'emicrania per 6,5 giorni ogni mese, vale a dire più di un giorno la settimana.
Il campione è stato avviato a ricevere o il farmaco in uno dei tre dosaggi (50, 100 e 200 mg al giorno) oppure il placebo (farmaco finto). In base alle linee guida statunitensi, il principale risultato cercato era la riduzione di almeno il 50 % dei giorni di malattia e, secondariamente, valutare se c'era una riduzione di qualsiasi tipo. A quanto sembra il topiramato funziona, anche se soltanto ai due dosaggi più elevati. Infatti, il 54% delle persone trattate con 100 mg al giorno di topiramato ha visto dimezzarsi i giorni di malattia, così come è accaduto a più del 52% del gruppo che riceveva 200 mg. Anche quando non si raggiungevano risultati pieni, comunque la frequenza degli attacchi diminuiva, visto che la media dei giorni di malattia scendeva da 5,4 a 3,3 al mese. Di conseguenza, veniva anche ridotto il consumo di FANS e altri analgesici. Il tutto sull'arco di tempo di sei mesi, periodo trascorso il quale, lo studio terminava.
Per molti, non per tutti
Come sempre, si sono avuti anche effetti collaterali, prevalentemente le parestesie, cioè le temporanee perdite di sensibilità, soprattutto agli arti. Meno frequenti nausea e inappetenza e qualche difficoltà di memoria. Gli effetti collaterali riguardavano soprattutto il dosaggio più elevato.
Nemmeno le altre sostanze indicate per la profilassi dell'emicrania, del resto, sono prive di risvolti fastidiosi. In passato sono già stati impiegati altri anticonvulsivanti, psicofarmaci, compresi gli antidepressivi, e anche sostanze normalmente impiegate per l'ipertensione - i betabloccanti- che però hanno un'azione sul sistema nervoso. Il fatto è che nel trattamento, e nella prevenzione, dell'emicrania non esiste una ricetta buona per tutti. Anzi, quasi sempre il trattamento va messo a punto provando schemi e sostanze diverse, il che spiega per esempio perché la classe farmaci di più recente introduzione (quella dei triptani che agiscono sulla serotonina) conti già parecchie molecole diverse e tutte con una loro efficacia. Questo è uno dei casi in cui il fatto che si aggiunga un faramaco a quelli disponibili, anche se non sempre risolutivo, è senz'altro utile. Al medico, poi, trovare assieme al paziente la strada migliore, senza trascurare anche gli approcci non farmacologici (dal cambiamento dello stile di vita al bio-feedback).
Maurizio Imperiali
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