Fattori da regolare

24 aprile 2008
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Il nuovo arrivato è stato chiamato GIGYF2 ed è l'ottavo elemento genetico a essere correlato all'insorgenza del morbo di Parkinson. Questa particolare sequenza genetica, quando compare nella propria forma mutata, codifica per una proteina difettosa che impedisce di legarsi alla cellula a un'altra proteina fondamentale per il mantenimento in vita delle cellule, l'IGF1 (Insulin Growth Factor).

Disattivare l'innesco del suicidio


Quando è presente la forma alterata di GIGYF2 la cellula è nettamente più predisposta ad andare incontro all'apoptosi, un meccanismo naturale che determina il suicidio della cellula. In questo caso il danno riguarda le cellule cerebrali che, come è noto, non si rigenerano per sostituire quelle morte, rendendo il danno permanente. Il ruolo nell'insorgenza della malattia di Parkinson dei fattori di crescita, come l'IGF1, , era stato ipotizzato già circa 20 anni fa da alcune ricerche. Le scoperte più recenti hanno dimostrato che le cellule nervose che compongono la sostanza nera cerebrale, sembrano essere più sensibili alla degenerazione selettiva legata alla carenza di fattori di crescita. Questa classe di cellule è responsabile, tra l'altro della produzione di dopamina, un neurotrasmettitore che svolge un ruolo chiave nella stimolazione dei recettori dei neuroni deputati al controllo del movimento. La ricerca che ha condotto a questi risultati e che è stata pubblicata sull'"American Journal of Human Genetics", è stata presentata lo scorso 10 aprile a Roma nel corso di una conferenza stampa organizzata alla vigilia della Giornata mondiale del Parkinson.

Ricerca senza frontiere


Lo studio è stato condotto da ricercatori italiani, francesi e americani. "Quello scoperto per ultimo - ha spiegato Gianni Pezzoli, direttore del Centro Parkinson Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano e presidente della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson e dell'Associazione italiana parkinsoniani - è un gene al quale è stato riconosciuto un ruolo molto importante nello sviluppo della malattia, in particolare in quei pazienti che hanno almeno un parente di primo grado malato. La buona notizia - ha aggiunto Pezzoli - è che si tratta di un gene piuttosto ben conosciuto e quindi ci possiamo aspettare buoni sviluppi nella pratica clinica". Le fondamenta della ricerca sono state poggiate sulla banca dati del DNA dei malati e dei loro parenti messa a disposizione della Fondazione con la collaborazione di Telethon. Lo studio è stato condotto dalla ricercatrice Corinne Lautier dell'ospedale del Rhode Island e da Stefano Goldwurm, responsabile della banca del DNA.

I prossimi passi

Negli Stati Uniti è già in uso un sostitutivo dell'IGF, una versione sintetica che per il momento è in sperimentazione su pazienti colpiti da Sclerosi Laterale Amiotrofica. "Questo farmaco - ha aggiunto Pezzoli - ci permette di nutrire un cauto ottimismo per il futuro. Ci servirà ancora qualche anno per capire se la terapia è in grado di bloccare la malattia". Comunque la ricerca non si ferma. "Sappiamo che alcuni gruppi di ricerca stanno sperimentando la terapia su un gruppo di topi a cui è stato spento il gene GIGYF2. Noi stiamo lavorando su un progetto simile ma utilizzando un pesce, lo zebrafish. Non solo: abbiamo intenzione di studiare di nuovo il materiale genetico custodito nella nostra banca per capire bene la frequenza con la quale di presenta questa mutazione".

Gianluca Casponi



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