Ahi, che male l'anima

20 ottobre 2003
Aggiornamenti e focus

Ahi, che male l'anima



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Nel parlare comune è tipico utilizzare la parola dolore per esprimere due tipologie di sensazioni, una fisica e una emotiva. E non è un caso se si usano espressioni come cuore infranto, anima a pezzi o orgoglio ferito, metafore di uno stato emozionale ma anche di una vera e propria manifestazione di un dolore fisico, o per lo meno di una parte del cervello deputata a tale percezione. Con la risonanza magnetica funzionale è stato infatti possibile "misurare" la sofferenza (emotiva) causata dall'abbandono, o dall'esclusione da un gruppo sociale, su 13 volontari che si sono prestati a realizzare l'esperimento. I risultati sono stati pubblicati nelle pagine della rivista Science.

Un gioco a tre


Ognuno dei partecipanti è stato posizionato davanti a un monitor in cui si stava svolgendo una partita di un videogioco in cui tre giocatori dovevano lanciarsi la palla, ma questo è ciò che è stato fatto credere al soggetto, in realtà gli altri due giocatori erano virtuali e il computer era programmato per escludere, a un certo punto del gioco, il soggetto reale. Durante la partita sono state simulate due situazioni diverse che corrispondevano a due diverse forme di esclusione sociale. In un primo momento al soggetto è stato detto che per motivi tecnici non gli era possibile partecipare al gioco e, per il momento poteva solo guardare gli altri giocare; in pratica un'esclusione implicita dovuta a cause circostanziali. Successivamente, si lasciava che il partecipante entrasse nel gioco, cioè fosse incluso nell'attività di gruppo, ma dopo sette lanci egli veniva esplicitamente escluso dagli altri giocatori che continuavano a passarsi la palla tra di loro. Al termine delle attività i partecipanti hanno risposto a un questionario per verificare quanto e quando si erano sentiti esclusi e quale livello di sofferenza avevano vissuto durante l'esclusione esplicita.

Aree di interesse


Le zone del cervello interessate dal monitoraggio erano la corteccia cingolata anteriore (ACC) e la corteccia prefrontale ventrale destra (RVPFC), la scansione con risonanza è stata eseguita in tutte le fasi dell'esperimento. La prima è considerata una sorta di sistema di allarme, riconosce il conflitto quando la risposta è inappropriata rispetto agli obiettivi, e il dolore è un segnale che c'è qualcosa che non va; la seconda è implicata nella regolazione o inibizione della sofferenza, e, recentemente, la sua attivazione è stata associata, almeno nell'uomo, a un miglioramento dei sintomi dolorosi.
I risultati comportamentali indicavano che i soggetti si erano sentiti ignorati ed esclusi solo durante l'esclusione esplicita dal gioco. La risonanza magnetica indicava coerentemente, un'attività maggiore dell'ACC durante tale fase rispetto al momento dell'inclusione al gioco, in particolare della regione dorsale della ACC associata alla componente affettiva del dolore piuttosto che a quella sensoriale. L'attività della corteccia prefrontale ventrale sembrava invece avere un andamento opposto, cioè aumentava quando la sofferenza era minima: l'attività della RVPFC era correlata negativamente con quella della ACC, quasi a indicare che la prima abbia un ruolo di auto-regolazione sugli effetti dolorosi dell'esclusione sociale. Nella fase di esclusione implicita, per quanto non sia stata manifestata dal soggetto alcuna sofferenza "cosciente", è stata osservata una maggiore attivazione della corteccia cingolata anteriore, ma senza risposta della RVPFC. Vale a dire che questo tipo di esclusione non generava una risposta regolatoria.

Uomo, animale sociale

Lo schema di attivazione delle aree cerebrali di interesse era molto simile a quelle solitamente registrate durante gli studi sul dolore fisico, e non è un caso se nell'uomo, un animale sociale, la percezione dell'esclusione sociale e del dolore fisico, emergano dalle stesse regioni cerebrali. L'esclusione cosciente (non quella implicita, e quindi inevitabile) dal gruppo sociale di appartenenza è vissuto come un momento di pericolo che permette agli individui di mettere in atto appropriate regolazioni della sofferenza associata e provvedere affinché tali legami sociali vengano ripristinati. Vale a dire che se la sopravvivenza del singolo è nella comunità, l'esclusione da essa mette in pericolo di vita e per questo è importante riconoscere tale condizione e la ricerca della reintegrazione con il gruppo.

Simona Zazzetta



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