14 dicembre 2005
Aggiornamenti e focus
Prevenzione in infusione
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Un vecchio slogan pubblicitario attribuiva al tè o meglio a chi ne faceva uso, "la forza dei nervi distesi". Il che mostra come la pubblicità dica spesso fesserie, dal momento che il tè è un eccitante, anche se la teina è assai meno potente della caffeina. Altre virtù della bevanda, però, sembrano dimostrate e, anzi, ricevono nuove conferme. Una di queste è l'azione preventiva nei confronti di alcune forme tumorali, azione che inizialmente era attribuita al solo tè verde ma ora viene estesa anche al tè nero, ovvero il "solito" tè. Alla base ci sarebbe la presenza di alcune sostanze, i polifenoli (catechine, teflavine, flavonoidi e altre), che hanno mostrato la capacità di inibire la carcinogenesi sia nelle cellule in vitro sia nei modelli animali. Come poi agiscano i polifenoli non è ancora stabilito una volta per tutte: potrebbero inibire la crescita cellulare, oppure inibire l'angiogenesi (formazione di vasi sanguigni) o ancora indurre la morte cellulare (apoptosi).
Se i dati di laboratorio non mancavano, mancavano studi sulla popolazione e soprattutto studi prospettici, cioè che seguissero nel tempo il campione selezionato per vedere che cosa accade. Sul rapporto tra consumo di tè e cancro dell'ovaio, era stato pubblicato uno di questi studi nel 1996, ma aveva dato esiti incerti, probabilmente per il piccolo numero di tumori presentatosi nel campione. Meglio sembra avere fatto uno studio svedese, che ha preso in considerazione 61 057 donne, di età compresa tra 40 e 76 a suo tempo selezionate per far parte della Swedish Mammography Cohort, campione della popolazione femminile avviato alla mammografia e al quale era stato sottoposto anche un ampio questionario relativo a stile di vita, precedenti malattie e altri dati rilevanti. Un secondo questionario, che comprendeva anche l'eventuale uso di terapia ormonale sostitutiva, è stato inviato nel 1997. Contemporaneamente, si è controllato per 15 anni circa il presentarsi di tumori invasivi dell'ovaio.Al termine dello studio i casi di cancro ovarico sono stati 301. Considerando il campione dal punto di vista del consumo di tè, risulta che la possibilità di sviluppare la malattia, rispetto alle donne che non ne consumavano affatto, diminuiva del 18% in chi ne beveva meno di una tazza al giorno, del 24% in chi ne consumava quotidianamente una tazza e del 46% in chi ne beveva 2 o più. Ogni tazza aggiuntiva, infine, determinava un'ulteriore riduzione del rischio del 18%. Le donne consumatrici di tè tendevano a essere più magre e più giovani e istruite; bevevano più birra ma tendevano a ricorrere molto meno al caffè. La loro dieta, infine, comprendeva una maggiore quantità di frutta e verdura. Ma anche depurando il dato statistico dagli altri elementi con un effetto positivo, l'associazione restava. Il tè dunque funziona e poco importa se è o meno esotico.
Maurizio Imperiali
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60000 donne per 300 casi
Se i dati di laboratorio non mancavano, mancavano studi sulla popolazione e soprattutto studi prospettici, cioè che seguissero nel tempo il campione selezionato per vedere che cosa accade. Sul rapporto tra consumo di tè e cancro dell'ovaio, era stato pubblicato uno di questi studi nel 1996, ma aveva dato esiti incerti, probabilmente per il piccolo numero di tumori presentatosi nel campione. Meglio sembra avere fatto uno studio svedese, che ha preso in considerazione 61 057 donne, di età compresa tra 40 e 76 a suo tempo selezionate per far parte della Swedish Mammography Cohort, campione della popolazione femminile avviato alla mammografia e al quale era stato sottoposto anche un ampio questionario relativo a stile di vita, precedenti malattie e altri dati rilevanti. Un secondo questionario, che comprendeva anche l'eventuale uso di terapia ormonale sostitutiva, è stato inviato nel 1997. Contemporaneamente, si è controllato per 15 anni circa il presentarsi di tumori invasivi dell'ovaio.Al termine dello studio i casi di cancro ovarico sono stati 301. Considerando il campione dal punto di vista del consumo di tè, risulta che la possibilità di sviluppare la malattia, rispetto alle donne che non ne consumavano affatto, diminuiva del 18% in chi ne beveva meno di una tazza al giorno, del 24% in chi ne consumava quotidianamente una tazza e del 46% in chi ne beveva 2 o più. Ogni tazza aggiuntiva, infine, determinava un'ulteriore riduzione del rischio del 18%. Le donne consumatrici di tè tendevano a essere più magre e più giovani e istruite; bevevano più birra ma tendevano a ricorrere molto meno al caffè. La loro dieta, infine, comprendeva una maggiore quantità di frutta e verdura. Ma anche depurando il dato statistico dagli altri elementi con un effetto positivo, l'associazione restava. Il tè dunque funziona e poco importa se è o meno esotico.
Maurizio Imperiali
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