Giù il colesterolo senza farmaci

22 febbraio 2008
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Giù il colesterolo senza farmaci



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Al pari dell'ipertensione, l'ipercolesterolemia è al centro dell'attenzione nelle strategie di prevenzione, anche se la farmacologia ha consegnato alla clinica farmaci molto efficaci per il controllo di questi parametri. Tuttavia esiste una fascia di popolazione, in particolare per l'ipercolesterolemia, che, per quanto sia a rischio, non solo per i livelli elevati di colesterolo ma anche per la combinazione di altri fattori, non necessita di intervento farmacologico. Al di sotto di questa soglia di rischio val la pena intervenire con un controllo non farmacologico che si realizza principalmente con l'alimentazione e poi con stili di vita corretti. Ne sono estremamente convinti tutti gli esperti di nutrizione e cardiologia che hanno collaborato a un documento di sintesi promosso e coordinato dalla Nutrition Foundation of Italy che raccoglie e fornisce a chiunque fosse interessato a interventi di questa natura, le strategie più utili per ottenere questo risultato attraverso un'adeguata strategia di correzione delle abitudini di vita. Le evidenze scientifiche, raccolte da numerosissimi studi di epidemiologia, documentano in modo incontrovertibile che livelli crescenti di colesterolemia totale, in particolare quella legata alle lipoproteine a bassa densità (LDL), si associno nel tempo a un aumentato rischio di patologie coronariche, e più in generale cardiovascolari. La stessa associazione la si riscontra con valori crescenti della trigliceridemia e valori decrescenti della colesterolomia HDL, parametri su cui il controllo farmacologico non ha dato risultati coerenti. Più recentemente studi controllati, su interventi di natura dietetica e farmacologica, hanno mostrato come la diminuzione della colesterolemia totale e LDL induca una riduzione di eventi cardiovascolari: tale riduzione è in genere correlata all'ampiezza delle variazioni indotte e sembra indipendente dalla modalità utilizzata per abbassare la lipidemia.

Modificare i grassi


Intervenire sull'alimentazione per esempio, significa modificare il consumo di diversi acidi grassi. Con una distinzione: i saturi e quelli insaturi di tipo trans tendono ad aumentare la colesterolemia totale e LDL mentre gli acidi grassi polinsaturi n-6, come l'acido linoleico, agiscono in modo opposto. In Italia è stato riscontrato che l'apporto medio di grassi saturi si aggira intorno al 10% mentre l'ideale sarebbe non superare il 7% e, al contrario, l'apporto di acidi grassi polinsaturi è inferiore alla quota calorica consigliata pari al 3-6%. La stessa tendenza interessa i grassi monoinsaturi come l'acido oleico in grado anch'esso di ridurre la colesterolemia, quando invece in una dieta ottimale per il controllo della colesterolemia la quota di monoinsaturi dovrebbe essere pari al 15%. La colesterolemia HDL è favorita dai grassi saturi e monoinsaturi, e contrastata dai grassi insaturi trans. La scelta dei grassi alimentari può privilegiare soprattutto gli oli extravergini di oliva, ricchi di acidi grassi monoinsaturi, pur avendo presente che il loro effetto netto sulla colesterolemia totale e LDL è in genere blando. L'uso di oli di semi a elevato tenore di polinsaturi n-6 migliora il controllo dietetico della colesterolemia totale e LDL; anche in quest'ottica, i polinsaturi della serie n-6 possono contribuire fino al 6-9% dell'apporto calorico totale, cui va aggiunto un 1% di n-3. Le ricerche hanno per altro ridimensionato il ruolo della restrizione del colesterolo alimentare nel controllo della colesterolemia. Infatti, anche se rimane opportuno cercare di non superare un apporto giornaliero di 300 mg/die di colesterolo, non è saggio limitare drasticamente o proscrivere l'uso di alimenti che ne sono ricchi e hanno significative valenze nutrizionali.

Carboidrati amici


Anche carboidrati e fibre possono avere effetti positivi sul profilo lipidico. In particolare i carboidrati alimentari assorbibili non giocano un ruolo significativo nel controllo della colesterolemia totale e LDL, anche se possono ridurre i loro livelli se sostituiti ad acidi grassi ipercolesterolemizzanti (essenzialmente grassi saturi o trans). I carboidrati a basso indice glicemico, come per esempio la pasta di grano duro, possono contribuire a migliorare, sebbene in modo probabilmente limitato, la colesterolemia HDL, e a ridurre la trigliceridemia. Le fibre, invece, in particolare quelle solubili come pectine, gomme e betaglucani contenute in cereali e legumi, possono avere un effetto di riduzione del colesterolo se introdotte nell'organismo in quantità di circa 25-30 g al giorno.

Simona Zazzetta



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