14 aprile 2006
Aggiornamenti e focus
Chi mangia (poco) campa cent'anni
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Vecchia storia, l'elisir di lunga vita...ma può darsi che ora si sia più vicini a ottenerlo: soltanto, non si tratta di qualcosa che si beve o si mangia, ma del suo contrario. Infatti, un recente studio sull'uomo rilancia il ruolo della restrizione calorica. In passato, numerose ricerche su animali che hanno normalmente una vita breve (dal moscerino della frutta ai roditori), hanno mostrato che diminuire le calorie giornaliere aveva tra gli altri questoi effetto. Condurre ricerche su animali più longevi pone qualche problema - uno studio sull'uomo dovrebbe cominciare ora e finire, magari, nel 2106. Però esistono alcuni "marker" della longevità, vale a dire dei fattori che di solito si ritrovano nelle persone che vivono più a lungo della media: per esempio la superiore sensibilità all'insulina, la minore temperatura corporea interna, i superiori livelli di un ormone chiamato DFHEA (a suo tempo proposto anche come l'elisir in questione, con esiti non conclusivi). Su che cosa si basa l'idea che tanto possa il digiuno è già stato spiegato: il metabolismo energetico comporta reazioni di ossidazione, e queste comportano a loro volta la formazione di radicali liberi, capaci di danneggiare proteine, lipidi e il DNA. Riducendo le calorie si perde di massa metabolica (cioè si dimagrisce), quindi si riduce il consumo energetico e, con esso, il danno da ossidazione.
Con questa premessa, i ricercatori hanno radunato di adulti (48 tra uomini e donne) sovrappeso ma non obesi (indice di massa corporea inferiore a 30) e con una vita sedentaria. Le persone sono state suddivise in 4 gruppi. Uno, di controllo, tenuto a una dieta di mantenimento del peso attuale; uno sottoposto a una dieta che riduceva l'introito calorico del 25%; uno tenuto a una dieta meno restrittiva (12,5% in meno di calorie), ma associata a un programma di attività fisica che ne consumava un altro 12,5%. Infine, il quarto gruppo era stato assegnato a una dieta ipocalorica stretta: 890 calorie al giorno fino a ottenere una perdita di peso del 15% di quello iniziale, poi una dieta di mantenimento. Il regime assegnato veniva mantenuto per sei mesi. All'inizio e alla fine di questo periodo, in tutti i partecipanti sono stati valutati il peso corporeo, ovviamente, il consumo di energia, il livello di insulina a digiuno, la temperatura corporea, i livelli di DHEA e glucosio, la presenza di carbonili proteici (segno di attività ossidativa), il danno al DNA.
Tutti gruppi a regime hanno perso peso, il 13% quello del regime ipocalorisco stretto e attorno al 105 gli altri due. Nessun cambiamento si è osservato nel gruppo di controllo, mentre i quelli trattati si registrava una diminuzione della temperatura interna dell'insulinemia a digiuno. Non cambiavano invece i livelli DHEA e di glucosio. Quanto al consumo energetico (calcolato a riposo, altrimenti è evidente che aumenta in funzione dell'attività svolta), vi è stata una riduzione significativa, addirittura superiore a quella che ci si poteva attendere vista la perdita di massa. In pratica, il metabolismo di chi era sottoposto a dieta si è adattato riducendo i consumi. Insomma, se si aggiunge che anche il danno del DNA risultava inferiore rispetto al gruppo di controllo, i ricercatori possono concludere che effettivamente si ripresenta una situazione analoga a quella che caratterizza le persone longeve. Basta questo a festeggiare una lunga serie di compleanni?
Gianluca Casponi
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Sei mesi di dieta
Con questa premessa, i ricercatori hanno radunato di adulti (48 tra uomini e donne) sovrappeso ma non obesi (indice di massa corporea inferiore a 30) e con una vita sedentaria. Le persone sono state suddivise in 4 gruppi. Uno, di controllo, tenuto a una dieta di mantenimento del peso attuale; uno sottoposto a una dieta che riduceva l'introito calorico del 25%; uno tenuto a una dieta meno restrittiva (12,5% in meno di calorie), ma associata a un programma di attività fisica che ne consumava un altro 12,5%. Infine, il quarto gruppo era stato assegnato a una dieta ipocalorica stretta: 890 calorie al giorno fino a ottenere una perdita di peso del 15% di quello iniziale, poi una dieta di mantenimento. Il regime assegnato veniva mantenuto per sei mesi. All'inizio e alla fine di questo periodo, in tutti i partecipanti sono stati valutati il peso corporeo, ovviamente, il consumo di energia, il livello di insulina a digiuno, la temperatura corporea, i livelli di DHEA e glucosio, la presenza di carbonili proteici (segno di attività ossidativa), il danno al DNA.
Una risposta positiva
Tutti gruppi a regime hanno perso peso, il 13% quello del regime ipocalorisco stretto e attorno al 105 gli altri due. Nessun cambiamento si è osservato nel gruppo di controllo, mentre i quelli trattati si registrava una diminuzione della temperatura interna dell'insulinemia a digiuno. Non cambiavano invece i livelli DHEA e di glucosio. Quanto al consumo energetico (calcolato a riposo, altrimenti è evidente che aumenta in funzione dell'attività svolta), vi è stata una riduzione significativa, addirittura superiore a quella che ci si poteva attendere vista la perdita di massa. In pratica, il metabolismo di chi era sottoposto a dieta si è adattato riducendo i consumi. Insomma, se si aggiunge che anche il danno del DNA risultava inferiore rispetto al gruppo di controllo, i ricercatori possono concludere che effettivamente si ripresenta una situazione analoga a quella che caratterizza le persone longeve. Basta questo a festeggiare una lunga serie di compleanni?
Gianluca Casponi
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