26 maggio 2004
Aggiornamenti e focus
Le vitamine non sono tutto
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Una mela al giorno toglie il medico di torno, promette un noto detto popolare. Ma da qui alla realtà ci sono parecchi studi che hanno più o meno confermato o messo in dubbio la teoria secondo cui le vitamine proteggono dal rischio cardiovascolare, dal tumore o da altre malattie.
E' spesso capitato che giungessero a conclusioni in contraddizione che in un caso dimostravano che le vitamine avessero un ruolo protettivo, nell'altro non ritrovavano tale associazione.
Nel caso specifico delle vitamine antiossidanti, gli studi osservazionali riportano che la loro assunzione è inversamente associata alle suddette patologie e al rischio di morte per tutte le cause.
Per contro, secondo studi randomizzati controllati, cioè in cui un gruppo di partecipanti assume il placebo o comunque segue una "terapia" diversa da quella in studio, gli integratori vitaminici non proteggevano da tali disturbi.
Le ragioni di tale incongruenza sono diverse. In primo luogo gli antiossidanti potrebbero essere utili solo per la prevenzione primaria della malattia cardiovascolare, cioè prima che questa si presenti, mentre se l'aterosclerosi si è già sviluppata non hanno azione protettiva. Tuttavia, gli studi randomizzati hanno verificato che la prevenzione primaria non riduce il rischio cardiovascolare neanche nei pazienti che all'inizio dello studio si presentavano come soggetti sani, senza segni del disturbo. Inoltre, non è sempre facile avere regimi di dosaggio equivalenti tra uno studio e l'altro in modo da poter avere risultati confrontabili. Infine, c'è anche un problema di durata: gli studi randomizzati spesso non sono sufficientemente lunghi per poter osservare i benefici.
Un'altra possibile spiegazione dell'incoerenza è che negli studi osservazionali, l'associazione tra antiossidanti e malattia si sovrappone ai fattori sociali e comportamentali che agiscono durante la vita.
Analizzando infatti tali fattori e indicatori ne è emerso che ci sono importanti differenze nei soggetti adulti che vanno oltre la semplice alta o bassa concentrazione sanguigna di vitamine. In realtà, l'elevato consumo di vitamine antiossidanti non può essere messo in una relazione causale diretta con le malattie cardiovascolari o con altre patologie, ma è piuttosto un indicatore della presenza di altri fattori che hanno un'azione protettiva. Infatti, sovrapponendo i risultati dei vari studi ne emerge che il consumo di vitamine in età adulta è associato alla posizione socioeconomica, con indicatori antropometrici dell'esposizione ambientale infantile e con comportamenti a rischio in età adulta. Molti studi infatti riportano un rischio di morte cardiovascolare quattro volte più alto nei soggetti che si presentano con le condizioni più sfavorevoli per tutte le variabili comportamentali e socioeconomiche rispetto a quelli che avevano vissuto e vivevano in condizioni agiate. Chiaramente questi aspetti includono abitudini e stili di vita: consumo di alcool, fumo e alimentazione. Per esempio, in un campione di sole donne tra i 60 e i 79 anni, quelle che fumavano e quelle che erano obese avevano concentrazioni sanguigne di vitamine più basse. Quelle che invece dichiaravano di fare attività fisica per almeno un'ora alla settimana, di avere una dieta a basso contenuto di grassi o a alto contenuto di fibre, avevano un'elevata concentrazione di vitamine.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
E' spesso capitato che giungessero a conclusioni in contraddizione che in un caso dimostravano che le vitamine avessero un ruolo protettivo, nell'altro non ritrovavano tale associazione.
Nel caso specifico delle vitamine antiossidanti, gli studi osservazionali riportano che la loro assunzione è inversamente associata alle suddette patologie e al rischio di morte per tutte le cause.
Per contro, secondo studi randomizzati controllati, cioè in cui un gruppo di partecipanti assume il placebo o comunque segue una "terapia" diversa da quella in studio, gli integratori vitaminici non proteggevano da tali disturbi.
Le ragioni dell'incongruenza
Le ragioni di tale incongruenza sono diverse. In primo luogo gli antiossidanti potrebbero essere utili solo per la prevenzione primaria della malattia cardiovascolare, cioè prima che questa si presenti, mentre se l'aterosclerosi si è già sviluppata non hanno azione protettiva. Tuttavia, gli studi randomizzati hanno verificato che la prevenzione primaria non riduce il rischio cardiovascolare neanche nei pazienti che all'inizio dello studio si presentavano come soggetti sani, senza segni del disturbo. Inoltre, non è sempre facile avere regimi di dosaggio equivalenti tra uno studio e l'altro in modo da poter avere risultati confrontabili. Infine, c'è anche un problema di durata: gli studi randomizzati spesso non sono sufficientemente lunghi per poter osservare i benefici.
Un'altra possibile spiegazione dell'incoerenza è che negli studi osservazionali, l'associazione tra antiossidanti e malattia si sovrappone ai fattori sociali e comportamentali che agiscono durante la vita.
Vivere bene fa la differenza
Analizzando infatti tali fattori e indicatori ne è emerso che ci sono importanti differenze nei soggetti adulti che vanno oltre la semplice alta o bassa concentrazione sanguigna di vitamine. In realtà, l'elevato consumo di vitamine antiossidanti non può essere messo in una relazione causale diretta con le malattie cardiovascolari o con altre patologie, ma è piuttosto un indicatore della presenza di altri fattori che hanno un'azione protettiva. Infatti, sovrapponendo i risultati dei vari studi ne emerge che il consumo di vitamine in età adulta è associato alla posizione socioeconomica, con indicatori antropometrici dell'esposizione ambientale infantile e con comportamenti a rischio in età adulta. Molti studi infatti riportano un rischio di morte cardiovascolare quattro volte più alto nei soggetti che si presentano con le condizioni più sfavorevoli per tutte le variabili comportamentali e socioeconomiche rispetto a quelli che avevano vissuto e vivevano in condizioni agiate. Chiaramente questi aspetti includono abitudini e stili di vita: consumo di alcool, fumo e alimentazione. Per esempio, in un campione di sole donne tra i 60 e i 79 anni, quelle che fumavano e quelle che erano obese avevano concentrazioni sanguigne di vitamine più basse. Quelle che invece dichiaravano di fare attività fisica per almeno un'ora alla settimana, di avere una dieta a basso contenuto di grassi o a alto contenuto di fibre, avevano un'elevata concentrazione di vitamine.
Simona Zazzetta
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