13 dicembre 2006
Aggiornamenti e focus
La scoperta dell'acqua calda
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L'evoluzione delle neoplasie di organi a sede addomino-pelvica può andare a interessare il peritoneo, una membrana che riveste la cavità addominale e le viscere e in quanto tale non considerato un organo. Ma, per struttura istologica, vascolarizzazione e funzione è esposto a metastatizzazione, pari ad altri organi, da parte di molti tumori, in particolare quelli originati dagli organi della cavità addominale. Inoltre, può anche essere sede di un tumore primitivo, raro, definito mesotelioma peritoneale, da diversi anni fortemente associato all'esposizione all'amianto, e per questo motivo destinato ad aumentare nei prossimi anni la casistica.
Che sia tumore secondario, chiamato carcinoma peritoneale, o neoplasia primaria, la patologia è stata finora giudicata poco sensibile ai trattamenti e alla chirurgia, e la sua comparsa provocata da metastasi è considerata un evento prognosticamente sfavorevole. La stessa indicazione di un trattamento chirurgico per un tumore primitivo gastrointestinale è fortemente condizionata dalla presenza di un carcinoma peritoneale. E, viceversa, la sopravvivenza a un carcinoma peritoneale è fortemente influenzata dal tumore primario: 3,1 mesi con un tumore allo stomaco, 5,2 con un tumore del colon e 2,1 con un tumore del pancreas. In questo scenario si inserisce il lavoro di un gruppo di ricerca italiano, che fa riferimento all'Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano che ha proposto al mondo clinico una soluzione innovativa ed efficace. Il metodo è stato presentato a un workshop internazionale dedicato alla patologia peritoneale all'interno di una consensus, dall'equipe guidata dall'oncologo Marcello Deraco. La novità è la combinazione, in sala operatoria, di chemioipertermia e chirurgia citoriduttiva. Vale a dire che nel momento in cui si rimuove la massa tumorale si somministrano direttamente in loco i farmaci, con una variante, la temperatura che deve raggiungere i 42-43°. Per comprendere la necessità di queste condizioni ambientali è sufficiente la semplice spiegazione fornita dal Paul Sugarbaker, chirurgo americano con cui Deraco ha studiato la metodica: "Quando si lavano i piatti, affinché vengano puliti si usa l'acqua calda". Traducendo in termini chirurgici, la tecnica consiste nel rimuovere il peritoneo leso, riempire la cavità addominale con acqua calda e somministrare i chemioterapici. La concentrazione dei farmaci locoregionale consente di superare resistenze ed effetti collaterali sistemici. La temperatura, a sua volta, favorisce la penetrazione fino a 3 mm delle sostanze nell'organo aumentandone le capacità citotossiche.
Si tratta di un intervento lungo e complesso che impegna risorse, umane e materiali, per 12 ore, con costi che si aggirano sui 30mila euro e non è per ora previsto un rimborso sufficiente a coprire i costi. In queste condizioni, il metodo, a questo punto chiamato chemioipertermia intraperitoneale (CIIP), non risponde certo a criterio di bilancio costi-benefici, ma Deraco sostiene che il beneficio più grande è il prolungamento della sopravvivenza del paziente, e questo è stato ottenuto. L'approccio, ha infatti consentito di incrementare fino a 32 mesi la sopravvivenza nel 50% dei pazienti con carcinosi peritoneale dovuta a tumore del colon e anche oltre se l'intervento era radicale; a cinque anni sopravviveva la metà dei pazienti con mesotelioma. I risultati ottenuti dall'INT sono incoraggianti e considerando le stime in prospettiva di questo tipo di carcinoma, la CIIP potrebbe diventare uno strumento di importante impatto terapeutico. Basti pensare che considerando solo il livello di esposizione di amianto finora certificato si prevede, visto l'esordio tardivo della malattia peritoneale, un aumento dei casi tra il 2015 e il 2020 con un numero di morti triplicato e quadruplicato.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
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D'accordo sul metodo
Che sia tumore secondario, chiamato carcinoma peritoneale, o neoplasia primaria, la patologia è stata finora giudicata poco sensibile ai trattamenti e alla chirurgia, e la sua comparsa provocata da metastasi è considerata un evento prognosticamente sfavorevole. La stessa indicazione di un trattamento chirurgico per un tumore primitivo gastrointestinale è fortemente condizionata dalla presenza di un carcinoma peritoneale. E, viceversa, la sopravvivenza a un carcinoma peritoneale è fortemente influenzata dal tumore primario: 3,1 mesi con un tumore allo stomaco, 5,2 con un tumore del colon e 2,1 con un tumore del pancreas. In questo scenario si inserisce il lavoro di un gruppo di ricerca italiano, che fa riferimento all'Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano che ha proposto al mondo clinico una soluzione innovativa ed efficace. Il metodo è stato presentato a un workshop internazionale dedicato alla patologia peritoneale all'interno di una consensus, dall'equipe guidata dall'oncologo Marcello Deraco. La novità è la combinazione, in sala operatoria, di chemioipertermia e chirurgia citoriduttiva. Vale a dire che nel momento in cui si rimuove la massa tumorale si somministrano direttamente in loco i farmaci, con una variante, la temperatura che deve raggiungere i 42-43°. Per comprendere la necessità di queste condizioni ambientali è sufficiente la semplice spiegazione fornita dal Paul Sugarbaker, chirurgo americano con cui Deraco ha studiato la metodica: "Quando si lavano i piatti, affinché vengano puliti si usa l'acqua calda". Traducendo in termini chirurgici, la tecnica consiste nel rimuovere il peritoneo leso, riempire la cavità addominale con acqua calda e somministrare i chemioterapici. La concentrazione dei farmaci locoregionale consente di superare resistenze ed effetti collaterali sistemici. La temperatura, a sua volta, favorisce la penetrazione fino a 3 mm delle sostanze nell'organo aumentandone le capacità citotossiche.
Terapia costosa
Si tratta di un intervento lungo e complesso che impegna risorse, umane e materiali, per 12 ore, con costi che si aggirano sui 30mila euro e non è per ora previsto un rimborso sufficiente a coprire i costi. In queste condizioni, il metodo, a questo punto chiamato chemioipertermia intraperitoneale (CIIP), non risponde certo a criterio di bilancio costi-benefici, ma Deraco sostiene che il beneficio più grande è il prolungamento della sopravvivenza del paziente, e questo è stato ottenuto. L'approccio, ha infatti consentito di incrementare fino a 32 mesi la sopravvivenza nel 50% dei pazienti con carcinosi peritoneale dovuta a tumore del colon e anche oltre se l'intervento era radicale; a cinque anni sopravviveva la metà dei pazienti con mesotelioma. I risultati ottenuti dall'INT sono incoraggianti e considerando le stime in prospettiva di questo tipo di carcinoma, la CIIP potrebbe diventare uno strumento di importante impatto terapeutico. Basti pensare che considerando solo il livello di esposizione di amianto finora certificato si prevede, visto l'esordio tardivo della malattia peritoneale, un aumento dei casi tra il 2015 e il 2020 con un numero di morti triplicato e quadruplicato.
Simona Zazzetta
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