Reumatismi al femminile

14 aprile 2010
Interviste

Reumatismi al femminile



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Le malattie reumatiche, spesso erroneamente definite reumatismi, rappresentano un gruppo di patologie eterogenee che colpiscono frequentemente non solo le articolazioni, ma anche altri organi ed apparati. Molte di queste sindromi sono autoimmuni, poiché originano da un errore del sistema immunitario che aggredisce il proprio organismo, così come normalmente fa nei confronti di batteri o virus, innescando, di conseguenza, un'infiammazione cronica. In Italia sono circa 5.500.000 le persone che ne soffrono, la maggior parte di questi pazienti sono donne. Ne abbiamo chiesto il motivo a Stefano Bombardieri, reumatologo, docente di Medicina Interna all'Università di Pisa.

E' vero che queste patologie colpiscono prevalentemente le donne?
In effetti, nell'ambito delle malattie reumatiche, alcune condizioni sono nettamente più frequenti nelle donne rispetto agli uomini. Mi riferisco in particolare a tutte le connettiviti (malattie autoimmuni come il Lupus o la sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi), alla fibromialgia, all'osteoporosi e ad alcune forme di artrosi (l'artrite reumatoide colpisce 300 mila pazienti e il rapporto donna/uomo è 4 a 1).

Come mai patologie così differenti sono accumunate da questa caratteristica epidemiologica?
I motivi sono molteplici e non del tutto noti. Sicuramente entrano in gioco fattori ormonali, in particolare per le connettiviti che colpiscono spesso giovani donne in età fertile, e per l'osteoporosi nella sua forma post-menopausale. A questi vanno aggiunti fattori "ambientali" di varia natura, come lo stile di vita, l'attività lavorativa, il sovrappeso.

Le malattie reumatiche sono ereditarie?
L'ereditarietà delle malattie reumatiche è molto dibattuta. Se, infatti, la trasmissione secondo meccanismi ereditari, per esempio tra genitori e figli, non è stata ancora sicuramente dimostrata, é nota invece una predisposizione genetica responsabile del fatto che, in alcune famiglie, più persone si ammalano di una stessa forma reumatica (per esempio le spondiloartriti sieronegative), oppure più famigliari sono affetti da diverse sindromi reumatiche o da una malattia autoimmune sistemica (diffusa o localizzata in un singolo organo come la tiroide).

Se i fattori ambientali sono così importanti, è necessario assumere determinati comportamenti o precauzioni, in particolare in certe fasi della vita?
A questo proposito occorre distinguere due grandi gruppi di patologie reumatiche osteoarticolari: quelle a carattere infiammatorio, come l'artrite reumatoide, per cui non esistono delle vere e proprie misure preventive, e quelle di carattere metabolico-degenerativo per cui, invece, assumono particolare importanza abitudini di vita, alimentazione, tipo di attività lavorativa, sia per l'insorgenza della patologia che per la sua progressione. Mi riferisco in particolare a patologie quali l'osteoartrosi e l'osteoporosi per cui, soprattutto dopo la menopausa, risultano fondamentali il controllo del peso corporeo, un'attività fisica regolare, un appropriato introito dietetico del calcio, un'adeguata esposizione solare (fondamentale per sintetizzare vitamina D).

Qual è l'approccio terapeutico?
Le terapie sono sicuramente complesse e articolate tra presidi farmacologici e non farmacologici. Per quanto riguarda i farmaci, l'armamentario terapeutico attualmente disponibile è piuttosto ampio e comprende farmaci analgesici puri e antinfiammatori non steroidei (tradizionali e gli inibitori selettivi della COX-2), cortisonici e farmaci di fondo in grado di modificare la progressione della malattia quali gli immunosoppressori. A questi ultimi si sono aggiunti nuovi farmaci biologici, già registrati per la cura dell'artrite reumatoide e delle spondiloartriti, e che stanno trovando un impiego sempre maggiore, anche in altre patologie quali le vasculiti e il Lupus Eritematoso Sistemico.

Che ruolo hanno la chirurgia e la riabilitazione?
Le malattie reumatiche richiedono senza dubbio l'integrazione multidisciplinare della terapia farmacologica, degli interventi riabilitativi e chirurgici. La riabilitazione ha assunto un ruolo sempre più importante nella gestione del malato reumatico, sia nell'ambito delle patologie di natura infiammatoria che degenerativa e fibromuscolare. Lo scopo è il recupero del massimo livello di autonomia possibile, correggendo le deformità per migliorare la funzionalità articolare e svolgendo un'azione preventiva. Il chirurgo, invece, interviene quando diventa necessaria la rimozione del tessuto sinoviale o quando bisogna ricostruire le strutture articolari.



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