02 febbraio 2005
Aggiornamenti e focus
Il vaccino che cura
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Sono i melanociti, le cellule che contengono la melanina, i bersagli del melanoma, il tumore cutaneo più aggressivo. Infatti provoca il maggior numero di decessi proprio per la sua capacità di diffondersi nelle altre parti del corpo (metastatizzare); questo accade quando il tumore ha raggiunto i linfonodi e da qui diffonde ai polmoni, al fegato, al cervello. Anche se può presentarsi anche agli occhi o alla vagina, il melanoma cutaneo si localizza per lo più a livello di testa, collo o spalle, negli uomini, oppure sulle gambe, nelle donne.
Il primo segnale della patologia è il cambiamento di colore, dimensione e forma di un neo esistente: la maggior parte dei melanomi hanno un'area nera o blu-nera. Esiste infatti una specie di acronimo utile per verificare la pericolosità di un neo e facile da ricordare: ABCDE, asimmetria, bordo, colore, diametro, elevazione. Il melanoma origina da nei che inizialmente non hanno un aspetto particolare, maligno o sospetto, solo quando comincia a modificarsi è possibile identificarlo. Oltre all'aspetto, la diagnosi di melanoma si basa sull'esame bioptico, che di norma coincide con l'asportazione totale della lesione sospetta, dopodiché si passa eventualmente alla chemioterapia o alla terapia radiante.
Un'altra opzione terapeutica da prendere in considerazione è la immunoterapia o bioterapia, orientata cioè a indurre il sistema immunitario del paziente a riconoscere e distruggere le cellule tumorali. L'obiettivo può essere perseguito con somministrazione di citochine, come interferone e fattore di necrosi tumorale, che rallentano la proliferazione delle cellule tumorali. L'alternativa ancora in fase sperimentale è la vaccinazione antitumorale, in particolare quella allestita con gli antigeni MAGE-3 presentati dal complesso di istocompatibilità. In una recente ricerca sono stati raccolti risultati seppur limitati a pochi soggetti con melanoma metastasico, ma incoraggianti.
Sistema immunitario stimolato
Nei pazienti colpiti da melanoma è stata osservata un elevata frequenza di linfociti T, cellule del sistema immunitario, diretti contro gli antigeni del tumore. In pratica introducendo gli antigeni tumorali si induce il sistema immunitario a produrre cellule T contro tali antigeni e quindi a rinforzare le file della difesa. In effetti andando a misurare la frequenza dei linfociti T antitumorali e anti-vaccino nelle diverse metastasi tumorali è stato trovato un aumento del numero di cellule immunitarie. In particolare la frequenza delle cellule T anti-MAGE-3.A1 nei linfonodi colpiti da metastasi era sei volte più alta che nel sangue ma ciò che stupiva era che i linfociti T citotossici antitumorali, che riconoscono l'antigene tumorale MAGE-C2, erano mille volte più alti che nel sangue. A dimostrazione che non sono i linfociti T anti-vaccino ad attaccare il tumore ma è la loro interazione che genera le condizioni per stimolare la produzione di un elevato numero di cellule T antitumorali che procedono alla distruzione del tumore.
Simona Zazzetta
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Macchie a rischio
Il primo segnale della patologia è il cambiamento di colore, dimensione e forma di un neo esistente: la maggior parte dei melanomi hanno un'area nera o blu-nera. Esiste infatti una specie di acronimo utile per verificare la pericolosità di un neo e facile da ricordare: ABCDE, asimmetria, bordo, colore, diametro, elevazione. Il melanoma origina da nei che inizialmente non hanno un aspetto particolare, maligno o sospetto, solo quando comincia a modificarsi è possibile identificarlo. Oltre all'aspetto, la diagnosi di melanoma si basa sull'esame bioptico, che di norma coincide con l'asportazione totale della lesione sospetta, dopodiché si passa eventualmente alla chemioterapia o alla terapia radiante.
Terapie efficaci
Un'altra opzione terapeutica da prendere in considerazione è la immunoterapia o bioterapia, orientata cioè a indurre il sistema immunitario del paziente a riconoscere e distruggere le cellule tumorali. L'obiettivo può essere perseguito con somministrazione di citochine, come interferone e fattore di necrosi tumorale, che rallentano la proliferazione delle cellule tumorali. L'alternativa ancora in fase sperimentale è la vaccinazione antitumorale, in particolare quella allestita con gli antigeni MAGE-3 presentati dal complesso di istocompatibilità. In una recente ricerca sono stati raccolti risultati seppur limitati a pochi soggetti con melanoma metastasico, ma incoraggianti.
Sistema immunitario stimolato
Nei pazienti colpiti da melanoma è stata osservata un elevata frequenza di linfociti T, cellule del sistema immunitario, diretti contro gli antigeni del tumore. In pratica introducendo gli antigeni tumorali si induce il sistema immunitario a produrre cellule T contro tali antigeni e quindi a rinforzare le file della difesa. In effetti andando a misurare la frequenza dei linfociti T antitumorali e anti-vaccino nelle diverse metastasi tumorali è stato trovato un aumento del numero di cellule immunitarie. In particolare la frequenza delle cellule T anti-MAGE-3.A1 nei linfonodi colpiti da metastasi era sei volte più alta che nel sangue ma ciò che stupiva era che i linfociti T citotossici antitumorali, che riconoscono l'antigene tumorale MAGE-C2, erano mille volte più alti che nel sangue. A dimostrazione che non sono i linfociti T anti-vaccino ad attaccare il tumore ma è la loro interazione che genera le condizioni per stimolare la produzione di un elevato numero di cellule T antitumorali che procedono alla distruzione del tumore.
Simona Zazzetta
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