30 settembre 2005
Aggiornamenti e focus
Alle più giovani meglio digitale
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Ormai dovrebbe essere noto che la mammografia, o meglio gli screening di massa, hanno la loro massima efficacia se condotti nella popolazione femminile che ha superato i 50 anni. Secondo i dati disponibili, così facendo si evita fino al 35% delle morti per cancro della mammella. Tra le donne più giovani, eseguire lo screening non è comunque privo di significato: nella popolazione da 40 a 49 anni la mortalità per questa malattia si può ridurre fino al 20%. La differenza, però, resta e, quasi all'unanimità, viene attribuita alla maggiore densità del tessuto mammario prima della cinquantina. Ma non è il solo motivo: fortunatamente pesa anche il fatto che nelle più giovani questi tumori siano più rari e, sfortunatamente, pesa anche il fatto che quando si presentano siano più aggressivi.
Possibile che non si sia trovato un altro mezzo di indagine capace di ovviare almeno all'inconveniente della densità del tessuto? No. E infatti il mezzo ci sarebbe. Non da oggi, anche se è in tempi recenti che si è provata la sua maggiore sensibilità sui tessuti più densi. Si tratta della mammografia digitale. La mammografia tradizionale non differisce nei principi di funzionamento da qualsiasi altra metodica radiografica: i raggi X attraversano la mammella e vanno a impressionare una pellicola, esattamente come avviene per le lastre del torace o del cranio; nella mammografia digitale, invece, i raggi X non vanno a colpire una pellicola, ma un sensore analogo a quelli che rendono possibili le riprese video o le fotografie digitali, solo che anziché alla luce visibile è sensibile ai raggi X.
Al confronto tra i due sistemi il National Cancer Institute statunitense ha dedicato uno studio molto importante, battezzato DMIST, i cui risultati sono stati pubblicati il 16 settembre 2005. Lo studio, cominciato nel 2001, ha interessato più di 42000 donne che, in 33 centri negli Stati Uniti e in Canada, sono state sottoposte a entrambi gli esami. Ne è emerso che mentre nella popolazione standard i due test si equivalgono quanto a capacità diagnostica, la situazione cambia quando si tratta di donne giovani o che hanno comunque il tessuto mammario denso (non è detto che il seno cambi inevitabilmente dopo la cinquantina o subito dopo la menopausa) o che siano nella fase immediatamente successiva o immediatamente precedente la cessazione delle mestruazioni. In particolare, alla mammografia digitale non sfuggivano quelle lesioni occultate da strutture adiacenti particolarmente dense, o le piccole calcificazioni disperse. Il risultato, inoltre, si ottiene con una dose di radiazioni inferiore a quella richiesta dal sistema a pellicola, grazie al fatto che il segnale digitale può essere manipolato così da mettere in rilievo i dettagli più fini, che sfuggono all'immagine analogica.Tutto questo, però, non significa un addio all'esame tradizionale, che comunque nelle ultracinquantenni magre svolge adeguatamente il suo compito. Anche perché la mammografia digitale ha costi superiori a quella tradizionale: al momento dell'avvio dello studio DMIST comportava una spesa da 1,5 a quattro volte maggiore. Un buon motivo per riservarla alla fascia di popolazione nella quale si presenta davvero utile. Però non è detto: chiunque sa con quale rapidità, quando si tratta di elettronica, i prezzi scendano e, anche se il costo del dispositivo non è tutto, certo fa la sua parte.
Maurizio Imperiali
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Un sistema senza lastra
Possibile che non si sia trovato un altro mezzo di indagine capace di ovviare almeno all'inconveniente della densità del tessuto? No. E infatti il mezzo ci sarebbe. Non da oggi, anche se è in tempi recenti che si è provata la sua maggiore sensibilità sui tessuti più densi. Si tratta della mammografia digitale. La mammografia tradizionale non differisce nei principi di funzionamento da qualsiasi altra metodica radiografica: i raggi X attraversano la mammella e vanno a impressionare una pellicola, esattamente come avviene per le lastre del torace o del cranio; nella mammografia digitale, invece, i raggi X non vanno a colpire una pellicola, ma un sensore analogo a quelli che rendono possibili le riprese video o le fotografie digitali, solo che anziché alla luce visibile è sensibile ai raggi X.
Uno studio conclusivo
Al confronto tra i due sistemi il National Cancer Institute statunitense ha dedicato uno studio molto importante, battezzato DMIST, i cui risultati sono stati pubblicati il 16 settembre 2005. Lo studio, cominciato nel 2001, ha interessato più di 42000 donne che, in 33 centri negli Stati Uniti e in Canada, sono state sottoposte a entrambi gli esami. Ne è emerso che mentre nella popolazione standard i due test si equivalgono quanto a capacità diagnostica, la situazione cambia quando si tratta di donne giovani o che hanno comunque il tessuto mammario denso (non è detto che il seno cambi inevitabilmente dopo la cinquantina o subito dopo la menopausa) o che siano nella fase immediatamente successiva o immediatamente precedente la cessazione delle mestruazioni. In particolare, alla mammografia digitale non sfuggivano quelle lesioni occultate da strutture adiacenti particolarmente dense, o le piccole calcificazioni disperse. Il risultato, inoltre, si ottiene con una dose di radiazioni inferiore a quella richiesta dal sistema a pellicola, grazie al fatto che il segnale digitale può essere manipolato così da mettere in rilievo i dettagli più fini, che sfuggono all'immagine analogica.Tutto questo, però, non significa un addio all'esame tradizionale, che comunque nelle ultracinquantenni magre svolge adeguatamente il suo compito. Anche perché la mammografia digitale ha costi superiori a quella tradizionale: al momento dell'avvio dello studio DMIST comportava una spesa da 1,5 a quattro volte maggiore. Un buon motivo per riservarla alla fascia di popolazione nella quale si presenta davvero utile. Però non è detto: chiunque sa con quale rapidità, quando si tratta di elettronica, i prezzi scendano e, anche se il costo del dispositivo non è tutto, certo fa la sua parte.
Maurizio Imperiali
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