Soli, accaldati e depressi

29 luglio 2005
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione

Soli, accaldati e depressi



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Spesso chi si ammala di depressione, o comunque presenta oscillazioni dell'umore, riferisce di essere particolarmente sensibile al cambiamento di stagione Alcuni presentano dei veri e propri disturbi depressivi soltanto nelle stagioni autunno-inverno con una ricorrenza stabile e precisa. Al contrario, questi stessi soggetti nelle stagioni primavera-estate godono di un completo benessere o, in qualche caso, presentano addirittura episodi di eccitamento di entità variabile. Altri pazienti, invece, si ammalano di depressione durante la primavera-estate, mentre in inverno si sentono attivi, euforici, pieni di iniziativa o, comunque, in piena normalità. Perché succede? Isolamento, solitudine e gran caldo sembrerebbero le ragioni più importanti. Non è un caso, infatti, che negli ultimi anni durante i mesi estivi sono triplicati i casi di malattie mentali segnalati nei Pronto soccorso italiani. Per capire qualcosa di più sulla tristezza da caldo ne abbiamo parlato con Giovanni Battista Cassano, direttore della Scuola di specializzazione in psichiatria dell'università di Pisa. Esiste una depressione stagionale?

L'aspetto psicologico...


"Esiste", risponde il professore "e la si conosce dai tempi di Ippocrate. Si tratta di un fenomeno condizionato dai cicli di luce e buio, per cui è piuttosto comune sentire pazienti che con il sopraggiungere dell'autunno sostengono di aver avvertito più tristezza per colpa del tempo. Il picco dei suicidi, peraltro, ha una collocazione stagionale che sicuramente non è casuale ed è tra maggio e giugno, con un altro picco da metà ottobre. Si tratta di un andamento accertato ed è per questo che si va in montagna alla ricerca di luce. Ed esiste una terapia vera e propria, la fototerapia, che tratta il paziente con la luce. Il fenomeno in sé si chiama SAD ed è la cosiddetta depressione stagionale". Ma perché d'estate? "Ci sono persone già agitate o ansiose" risponde lo psichiatra "che iniziano a primavera a manifestare in primavera una vera e propria fobia per la luce. Si rinchiudono per evitarla e nei casi più gravi la luce ha addirittura un effetto violento, per cui i pazienti si sentono torturati, come se gli venissero inferte delle ferite con degli aghi". E l'isolamento estivo conta qualcosa? "E' evidente" dice Cassano "che una condizione di depressione preesistente non può che essere peggiorata dall'isolamento o da un abbandono e quest'eventualità aumenta anche il rischio di suicidio. Non è un caso che la depressione abbia un andamento collegato a ricorrenze di lutti ma anche a festività come il Natale che aumentano il senso di isolamento che il paziente già vive. L'estate rientra in questo quadro".

...e quello fisico


Non si tratta, però, solo di una questione psicologica. E' vero? "Assolutamente, la questione è anche fisiologica", puntualizza lo psichiatra. "La depressione è una malattia fisica, pur con un importante componente psicologica, quindi alterazioni come quelle climatiche che alterano l'equilibrio omeostatico del paziente incidono. Tutti gli sbalzi climatici, così vengono avvertiti in misura maggiore dal paziente depresso. L'insonnia è l'effetto più eclatante. Il paziente depresso già dorme meno e con il caldo questa tendenza si accentua". Ed è un fenomeno che colpisce più le donne? "E' certo che nelle donne con disturbo bipolare la fase down, quella depressiva, dura di più". Un altro aspetto tipicamente estivo è quello della vita più disordinata. Interferisce sul tono dell'umore, in particolare dei più giovani? "Assolutamente sì", risponde convinto Cassano. "Del resto l'estate è, in particolare per i più giovani, un momento di euforia con iperstimolazione endocrina. Gli orari si fanno "sballati" e aumentano i caffè. Ma all'euforia segue una ricaduta". Ora però di parla di uno stimolatore, nato per curare l'epilessia, che sembrerebbe rendere i malati più ottimisti. Funziona davvero? "E' ancora troppo presto", afferma con cautela lo psichiatra toscano, "per ora i risultati dello stimolatore del nervo vago (questo il nome dell'apparecchio n.d.r.), sono modesti. Personalmente nutro più speranza nella stimolazione cerebrale profonda, studiata da più tempo e sulla quale ci sono già i primi risultati, in particolare negli Stati Uniti.

Marco Malagutti



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