14 maggio 2008
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
L'autonomia vince la depressione
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Senza nulla togliere all'efficacia dei farmaci antidepressivi, importanti strumenti terapeutici nei casi gravi, la maggior parte delle linee guida sul trattamento delle forme depressive meno severe, concludono che farmaci e psicoterapia sortiscono effetti simili e raccomandano l'uso di entrambe. Ma secondo un commento pubblicato da British Medical Journal, gli studi che hanno portato a queste conclusioni non hanno sufficientemente evidenziato il ruolo importante della consapevolezza di sé a cui porta la psicoterapia e quanto sia potenzialmente importante questo aspetto per una persona depressa. Secondo l'autore, un ricercatore associato della School of Philosophy and Bioethics, la psicoterapia offre al paziente la possibilità di acquisire e di costruire autonomia nelle decisioni e nelle azioni nelle circostanze in cui la risposta è stata di tipo depressivo.
In alcuni casi per esempio, l'antidepressivo modifica la risposta, ma lascia invariato il contesto in cui la depressione si è sviluppata e il modo in cui la persona si relaziona con il contesto e con gli eventi che la scatenano. Secondo alcune valutazioni, quasi il 70% degli episodi depressivi sono indotti da fattori e stimoli stressori psicosociali e, infatti, è stato osservato che molte variazioni chimiche (target degli antidepressivi) del cervello che caratterizzano la depressione nascono dall'intensificazione della produzione di cortisolo, come risposta allo stress. E anche quando è presente una predisposizione genetica o una vulnerabilità che ha origine da difficoltà durante l'infanzia, queste possono fare da innesco di fattori esterni che diventano stressanti anche se non lo sono poi così tanto. Nell'approccio psicoterapeutico sapere qual è la relazione tra il fattore di stress e la depressione può essere essenziale per la persona depressa, e la comprensione da parte del paziente di questa dinamica è uno strumento importante che favorisce l'autonomia con cui egli decide, agisce di fronte all'evento che scatena la risposta depressiva. E, se l'autonomia del paziente ha un suo peso nel quadro clinico di molte patologie e va perseguita nel trattamento, ne ha altrettanta nella gestione del soggetto depresso.
In questa prospettiva, i farmaci antidepressivi possono avere un ruolo importante: in alcuni casi l'unico modo per rimuovere il torpore paralizzante della depressione sono questi farmaci. Alcuni dei quali, per esempio gli inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina, svolgono un'azione neuropsicologica che ha molte cose in comune con quella sortita con la psicoterapia. Inoltre, stimolano una maggiore attenzione verso informazioni positive che possono contrastare la distorsione negativa che porta verso un modo di pensare depresso. Quello che però, secondo l'autore dell'articolo, i farmaci non fanno è offrire il cosiddetto insight, cioè l'intuizione, la consapevolezza di ciò che accade, considerate essenziali per il soggetto depresso. La depressione ha ricadute nell'80% dei casi, al punto da diventare malattia cronica e una psicoterapia ha successo nel momento in cui rende le persone depresse in grado di fare valutazioni accurate durante gli eventi potenzialmente stressanti, dando quindi un maggior grado di autonomia. Agire secondo i propri desideri è la base del benessere, e una persona autonoma è in grado di esprimere tali preferenze.
Simona Zazzetta
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Il farmaco non cambia il contesto
In alcuni casi per esempio, l'antidepressivo modifica la risposta, ma lascia invariato il contesto in cui la depressione si è sviluppata e il modo in cui la persona si relaziona con il contesto e con gli eventi che la scatenano. Secondo alcune valutazioni, quasi il 70% degli episodi depressivi sono indotti da fattori e stimoli stressori psicosociali e, infatti, è stato osservato che molte variazioni chimiche (target degli antidepressivi) del cervello che caratterizzano la depressione nascono dall'intensificazione della produzione di cortisolo, come risposta allo stress. E anche quando è presente una predisposizione genetica o una vulnerabilità che ha origine da difficoltà durante l'infanzia, queste possono fare da innesco di fattori esterni che diventano stressanti anche se non lo sono poi così tanto. Nell'approccio psicoterapeutico sapere qual è la relazione tra il fattore di stress e la depressione può essere essenziale per la persona depressa, e la comprensione da parte del paziente di questa dinamica è uno strumento importante che favorisce l'autonomia con cui egli decide, agisce di fronte all'evento che scatena la risposta depressiva. E, se l'autonomia del paziente ha un suo peso nel quadro clinico di molte patologie e va perseguita nel trattamento, ne ha altrettanta nella gestione del soggetto depresso.
Sapere scegliere per star bene
In questa prospettiva, i farmaci antidepressivi possono avere un ruolo importante: in alcuni casi l'unico modo per rimuovere il torpore paralizzante della depressione sono questi farmaci. Alcuni dei quali, per esempio gli inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina, svolgono un'azione neuropsicologica che ha molte cose in comune con quella sortita con la psicoterapia. Inoltre, stimolano una maggiore attenzione verso informazioni positive che possono contrastare la distorsione negativa che porta verso un modo di pensare depresso. Quello che però, secondo l'autore dell'articolo, i farmaci non fanno è offrire il cosiddetto insight, cioè l'intuizione, la consapevolezza di ciò che accade, considerate essenziali per il soggetto depresso. La depressione ha ricadute nell'80% dei casi, al punto da diventare malattia cronica e una psicoterapia ha successo nel momento in cui rende le persone depresse in grado di fare valutazioni accurate durante gli eventi potenzialmente stressanti, dando quindi un maggior grado di autonomia. Agire secondo i propri desideri è la base del benessere, e una persona autonoma è in grado di esprimere tali preferenze.
Simona Zazzetta
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