21 marzo 2007
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
Il lato buono dell'obesità
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Obesità, depressione, suicidio: tre elementi strettamente intrecciati, soprattutto i primi due, ma tra i quali è difficile individuare una relazione ben definita.
Prova ne è che la letteratura scientifica offre parecchi dati che apparentemente si contraddicono. Per esempio, sintomi depressivi sono spesso seguiti dall'aumento di peso e, di converso, l'aumento di peso è spesso accompagnato da stati di depressione che rientrano se la persona perde peso. D'altra parte, già da una trentina di anni si ripropongono casistiche in cui ansia e disturbi dell'umore sono meno presenti tra le persone sovrappeso; tant'è vero che fu anche avanzata una possibile spiegazione su base dietetica: sarebbe stato il maggior consumo di carboidrati (in particolare i dolci) a far aumentare contemporaneamente le trippe e i livelli di serotonina, con conseguente innalzamento del tono dell'umore.
Tutte circostanze che hanno riassunto gli autori di una ricerca che ha indagato il rapporto tra morte per suicidio e indice di massa corporea, nonché altezza, abitudini alimentari e livello di attività fisica. Base di quest'indagine un gruppo di oltre 46000 uomini, tutti professionisti medico-sanitari statunitensi, a suo tempo arruolati nel Health Professionals Follow-up Study, nel corso del quale sono stati seguiti per 16 anni. Nell'arco dello studio, i suicidi riusciti sono stati 131, che equivale a una mortalità di 19 per 100000 persone/anno. La metà dei suicidi aveva meno di 64 anni. A questo punto, rapportando il rischio di morire suicida con l'indice di massa corporea è risultato che tanto più quest'ultimo aumentava, tanto diminuivano i suicidi. Addirittura, nelle persone sane, il passaggio da un indice di massa corporea inferiore a 21, corrispondente alla magrezza vera e propria, a un BMI superiore a 30, il rischio si riduceva di quattro volte (da =0,98 a 0,17). E' chiaro che questo non era l'unico fattore che pesava: anche la presenza di un tumore determinava un forte aumento. Non così, invece, un'altra malattia, il diabete tipo 2. Anche con tutti gli aggiustamenti statistici del caso, l'associazione inversa restava. Non risultavano influenti, invece, aspetti alimentari come l'introito calorico o l'assunzione di acidi grassi omega-3. Anche l'uso di antidepressivi, pur esercitando un certo effetto, riduceva ma non cancellava il nesso statistico.
Fin qui la statistica, appunto. Ma come è stato più volte detto, da sola non basta occorre una spiegazione biologica (avendo abbastanza dati si potrebbe infatti anche stabilire una relazione tra l'infarto e l'uso del berrettino da irlandese). Secondo gli autori, questa risiederebbe nei livelli elevati di insulina, che vanno di pari passo con l'indice di massa corporea, attraverso tutte le età e tutte le fasce di peso, sulla scorta anche di studi che hanno dimostrato un miglioramento dell'umore in persone diabetiche una volta iniziata la somministrazione dell'ormone. Questo vale per tutti? Non proprio: le conclusioni dello studio dicono che sarebbe difficile estendere il dato anche alla popolazione femminile, nella quale alcune ricerche hanno invece trovato una maggiore incidenza di suicidi al crescere dell'indice di massa corporea, ricerche è il caso di dirlo, che invece confermavano l'effetto protettivo negli uomini. Inoltre, gli autori dichiarano di non aver potuto prendere in considerazione l'eventuale presenza di depressione o sintomi depressivi nel campione, che non era stata documentata, mentre invece questo disturbo potrebbe mediare il rapporto tra soprappeso e suicidio. Allo stesso modo, non è dato sapere quali e quanti fossero stati i tentativi di suicidio. Insomma, il rapporto tra girovita e psiche resta davvero complesso.
Maurizio Imperiali
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...e inoltre su Dica33:
Prova ne è che la letteratura scientifica offre parecchi dati che apparentemente si contraddicono. Per esempio, sintomi depressivi sono spesso seguiti dall'aumento di peso e, di converso, l'aumento di peso è spesso accompagnato da stati di depressione che rientrano se la persona perde peso. D'altra parte, già da una trentina di anni si ripropongono casistiche in cui ansia e disturbi dell'umore sono meno presenti tra le persone sovrappeso; tant'è vero che fu anche avanzata una possibile spiegazione su base dietetica: sarebbe stato il maggior consumo di carboidrati (in particolare i dolci) a far aumentare contemporaneamente le trippe e i livelli di serotonina, con conseguente innalzamento del tono dell'umore.
Un campione maschile seguito 16 anni
Tutte circostanze che hanno riassunto gli autori di una ricerca che ha indagato il rapporto tra morte per suicidio e indice di massa corporea, nonché altezza, abitudini alimentari e livello di attività fisica. Base di quest'indagine un gruppo di oltre 46000 uomini, tutti professionisti medico-sanitari statunitensi, a suo tempo arruolati nel Health Professionals Follow-up Study, nel corso del quale sono stati seguiti per 16 anni. Nell'arco dello studio, i suicidi riusciti sono stati 131, che equivale a una mortalità di 19 per 100000 persone/anno. La metà dei suicidi aveva meno di 64 anni. A questo punto, rapportando il rischio di morire suicida con l'indice di massa corporea è risultato che tanto più quest'ultimo aumentava, tanto diminuivano i suicidi. Addirittura, nelle persone sane, il passaggio da un indice di massa corporea inferiore a 21, corrispondente alla magrezza vera e propria, a un BMI superiore a 30, il rischio si riduceva di quattro volte (da =0,98 a 0,17). E' chiaro che questo non era l'unico fattore che pesava: anche la presenza di un tumore determinava un forte aumento. Non così, invece, un'altra malattia, il diabete tipo 2. Anche con tutti gli aggiustamenti statistici del caso, l'associazione inversa restava. Non risultavano influenti, invece, aspetti alimentari come l'introito calorico o l'assunzione di acidi grassi omega-3. Anche l'uso di antidepressivi, pur esercitando un certo effetto, riduceva ma non cancellava il nesso statistico.
Merito dell'insulina
Fin qui la statistica, appunto. Ma come è stato più volte detto, da sola non basta occorre una spiegazione biologica (avendo abbastanza dati si potrebbe infatti anche stabilire una relazione tra l'infarto e l'uso del berrettino da irlandese). Secondo gli autori, questa risiederebbe nei livelli elevati di insulina, che vanno di pari passo con l'indice di massa corporea, attraverso tutte le età e tutte le fasce di peso, sulla scorta anche di studi che hanno dimostrato un miglioramento dell'umore in persone diabetiche una volta iniziata la somministrazione dell'ormone. Questo vale per tutti? Non proprio: le conclusioni dello studio dicono che sarebbe difficile estendere il dato anche alla popolazione femminile, nella quale alcune ricerche hanno invece trovato una maggiore incidenza di suicidi al crescere dell'indice di massa corporea, ricerche è il caso di dirlo, che invece confermavano l'effetto protettivo negli uomini. Inoltre, gli autori dichiarano di non aver potuto prendere in considerazione l'eventuale presenza di depressione o sintomi depressivi nel campione, che non era stata documentata, mentre invece questo disturbo potrebbe mediare il rapporto tra soprappeso e suicidio. Allo stesso modo, non è dato sapere quali e quanti fossero stati i tentativi di suicidio. Insomma, il rapporto tra girovita e psiche resta davvero complesso.
Maurizio Imperiali
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