11 maggio 2007
Aggiornamenti e focus
Il cervello vuole aria pulita
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L'aria viziata non è piacevole da respirare. Questo si sa. La novità è che un ambiente poco aerato e quindi saturo di anidride carbonica, può innescare un attacco di panico. I dati che sembrano dimostrare questa ipotesi sono stati presentati da Rosario Sorrentino, neurologo responsabile dell'Unità Italiana per gli Attacchi di Panico (IRCAP) della Clinica Pio XI, a Roma, lo scorso 8 maggio nel corso di una conferenza stampa. L'1-1,5% degli italiani soffre in modo continuo di attacchi di panico. Mentre molti di più ne soffrono senza saperlo: o perché non è stato correttamente diagnosticato in quanto l'attacco di panico è un disturbo tipicamente oggetto di malintesi e fraintendimenti. Infatti viene spesso scambiato per qualcos'altro: una crisi ipertensiva, una colica addominale o anche una tachicardia improvvisa.I principali sintomi dell'attacco di panico sono: palpitazioni, sudorazione, intensi brividi, senso di soffocamento, offuscamento della vista, modificazione dell'equilibrio, sensazione di distacco dalla realtà, sensazione di essere sul punto di svenire, di impazzire, di morire.
"Le persone suscettibili e ipersensibili all'anidride carbonica - ha spiegato l'esperto - possono andare incontro a una crisi improvvisa e imprevedibile. L'anidride carbonica inalata, infatti, va a stimolare nel cervello i recettori chimici che sono localizzati nel bulbo cerebrale. Queste strutture hanno il delicato compito di analizzare l'aria che respiriamo. Con un termine moderno potremmo definirli "sentinelle ecologiche". Nelle persone geneticamente predisposte che respirano una quantità di aria ricca di anidride carbonica questi fanno scattare un trigger (interruttore) che fa partire l'attacco di panico. Quando i recettori analizzando l'aria respirata, si rendono conto che il tasso di anidride carbonica è elevato, o comunque lo è per quelle persone geneticamente suscettibili, attivano una struttura cerebrale, il locus coeruleus, che ha la funzione di pre-allarme del panico. Questo centro, a sua volta, fa scattare immediatamente il vero sensore dell'attacco di panico rappresentato nel cervello dall'amigdala, un corpuscolo a forma di mandorla localizzato nella profondità del lobo temporale, sia quello di sinistra che quello di destra. L'amigdala fa parte del sistema limbico, una sorta di cervello nel cervello. Una volta allertata, l'amigdala si comporta come l'epicentro della crisi e fa velocemente scattare una via di segnale che coinvolge altre parti del cervello e sfocia in un attacco di panico violento. A quel punto la persona viene travolta da un bisogno, un istinto insopprimibile, urgente: trovare una via di fuga per allontanarsi da un luogo divenuto ostile.
"Il caldo è una concausa del disagio che si avverte in un luogo chiuso, affollato e non ventilato. Sia il caldo estivo sia quello che arriva all'improvviso "fuori stagione". In pratica, il caldo, l'affollamento e la mancanza di ventilazione - ha spiegato Sorrentino - compiono un'azione sinergica provocando l'aumento dell'anidride carbonica . Inoltre, tutte le situazioni ambientali estreme, e quindi stressanti, come per esempio un caldo umido insopportabile può scatenare una crisi di panico anche perché il caldo mette in moto una serie di sintomi che vengono interpretati in chi è predisposto agli attacchi di panico, come un evento scatenante. Le temperature molto elevate hanno anche un effetto diretto sul termostato interno, l'ipotalamo, che di fronte a condizioni ambientali sfavorevoli può essere inserito nei co-protagonisti nell'innesco dell'attacco di panico. Anche le sostanze da abuso possono indurre questa reazione. " C'è uno stretto rapporto- dice Sorrentino- fra i nuovi spinelli, le nuove droghe e l'attacco di panico. Tutto ciò che va a modificare drasticamente e in modo persistente l'equilibrio biologico del cervello può drammaticamente smascherare, anticipare o accelerare, la comparsa della predisposizione genetica agli attacchi di panico. I nuovi spinelli possiedono un'alta concentrazione di THC, sostanza che, soprattutto negli adolescenti, anche con scarsa sensibilità all'anidride carbonica, può scatenare crisi di panico associata a psicosi, disturbi del comportamento e alterazioni della memoria. Ovviamente tutto si amplifica quando questa marijuana di seconda generazione si associa all'alcool e ad altre sostanze".
Gianluca Casponi
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Aria da panico
"Le persone suscettibili e ipersensibili all'anidride carbonica - ha spiegato l'esperto - possono andare incontro a una crisi improvvisa e imprevedibile. L'anidride carbonica inalata, infatti, va a stimolare nel cervello i recettori chimici che sono localizzati nel bulbo cerebrale. Queste strutture hanno il delicato compito di analizzare l'aria che respiriamo. Con un termine moderno potremmo definirli "sentinelle ecologiche". Nelle persone geneticamente predisposte che respirano una quantità di aria ricca di anidride carbonica questi fanno scattare un trigger (interruttore) che fa partire l'attacco di panico. Quando i recettori analizzando l'aria respirata, si rendono conto che il tasso di anidride carbonica è elevato, o comunque lo è per quelle persone geneticamente suscettibili, attivano una struttura cerebrale, il locus coeruleus, che ha la funzione di pre-allarme del panico. Questo centro, a sua volta, fa scattare immediatamente il vero sensore dell'attacco di panico rappresentato nel cervello dall'amigdala, un corpuscolo a forma di mandorla localizzato nella profondità del lobo temporale, sia quello di sinistra che quello di destra. L'amigdala fa parte del sistema limbico, una sorta di cervello nel cervello. Una volta allertata, l'amigdala si comporta come l'epicentro della crisi e fa velocemente scattare una via di segnale che coinvolge altre parti del cervello e sfocia in un attacco di panico violento. A quel punto la persona viene travolta da un bisogno, un istinto insopprimibile, urgente: trovare una via di fuga per allontanarsi da un luogo divenuto ostile.
Il caldo non aiuta e le droghe ancora meno
"Il caldo è una concausa del disagio che si avverte in un luogo chiuso, affollato e non ventilato. Sia il caldo estivo sia quello che arriva all'improvviso "fuori stagione". In pratica, il caldo, l'affollamento e la mancanza di ventilazione - ha spiegato Sorrentino - compiono un'azione sinergica provocando l'aumento dell'anidride carbonica . Inoltre, tutte le situazioni ambientali estreme, e quindi stressanti, come per esempio un caldo umido insopportabile può scatenare una crisi di panico anche perché il caldo mette in moto una serie di sintomi che vengono interpretati in chi è predisposto agli attacchi di panico, come un evento scatenante. Le temperature molto elevate hanno anche un effetto diretto sul termostato interno, l'ipotalamo, che di fronte a condizioni ambientali sfavorevoli può essere inserito nei co-protagonisti nell'innesco dell'attacco di panico. Anche le sostanze da abuso possono indurre questa reazione. " C'è uno stretto rapporto- dice Sorrentino- fra i nuovi spinelli, le nuove droghe e l'attacco di panico. Tutto ciò che va a modificare drasticamente e in modo persistente l'equilibrio biologico del cervello può drammaticamente smascherare, anticipare o accelerare, la comparsa della predisposizione genetica agli attacchi di panico. I nuovi spinelli possiedono un'alta concentrazione di THC, sostanza che, soprattutto negli adolescenti, anche con scarsa sensibilità all'anidride carbonica, può scatenare crisi di panico associata a psicosi, disturbi del comportamento e alterazioni della memoria. Ovviamente tutto si amplifica quando questa marijuana di seconda generazione si associa all'alcool e ad altre sostanze".
Gianluca Casponi
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