20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
Depressi il dì di festa
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Le feste mettono gioia ed allegria nella maggior parte dei casi, talvolta invece suscitano tristezza e malinconia. È il caso di chi già soffre di una lieve forma di depressione, magari silente, che precipita se si ritrova a trascorrere in solitudine queste ricorrenze. Le statistiche segnalano che proprio il giorno di Natale aumentano i tentativi di suicidio, per lo più e fortunatamente senza successo. Con l'aiuto del dottor Franco Zarattini, neuropsichiatra, è possibile fare un po' di chiarezza su questa infelice coincidenza depressione-feste.
Dottore che cosa succede a Natale e perché proprio quel giorno e non un altro tra le tante festività?
In occidente il Natale viene celebrato come la festa della famiglia, perché tradizionalmente genitori, figli, fratelli si riuniscono per rinsaldare gli affetti, godere il frutto della loro stabilità, trovare riparo sotto il mantello del loro conforto se in difficoltà. Pertanto è verosimile che chi abbia perso questi legami e si trovi in condizioni di disagio psichico avverta un peso maggiore nel trascorrere questa significativa ricorrenza in solitudine rispetto a chi pure solo, però sta bene.
Sembra di capire allora che la solitudine gioca un ruolo determinante nella patologia depressiva, ma non per tutti. Come distinguere chi è solo e sta bene da chi invece ha bisogno di aiuto?
La sofferenza psicologica che accompagna la malattia presenta numerose sfaccettature, una progressione di sentimenti negativi circa il modo di sentire la propria vita. Il primo di questi sentimenti è la tristezza, caratterizzata dalla percezione indistinta di stanchezza, debolezza, povertà di vita, intima oscurità, alla quale può seguire l'esordio di un malessere, solitamente indicato come disforia o malumore, che già può preludere alla depressione. È come se ci fosse un vuoto in una parte della personalità, segnata da una sensazione di disagio e di inadeguatezza ai propri compiti, da una difficoltà a mantenere i legami affettivi che gradualmente perdono di intensità. In questa visuale la tristezza potrebbe indicare una mancanza di benessere, per la difficoltà a raggiungere una soddisfacente condizione di equilibrio, oppure una depressione incipiente, quando in un crescendo compaiono solitudine, isolamento e abbandono.
Quindi tristezza, chiusura in se stessi, allentamento e poi perdita dei legami con gli altri, isolamento cercato, è il primo segnale d'allarme?
Può esserlo, tuttavia bisogna accettare che nella solitudine convivono due espressioni contrastanti: la prima ha valore positivo e comprende la capacità di stare da soli con se stessi come passaggio necessario alla formazione della propria identità. La seconda, invece, richiama la perdita degli altri, il timore dell'esclusione e dell'emarginazione, come può succedere nella condizione involontaria di persone che sono prive di legami o di relazioni con gli altri. Sempre in senso negativo, la solitudine può essere subita anche come abbandono a causa della depressione dell'umore: la perdita degli interessi e dello slancio vitale, infatti, sono sentimenti penosi per se stessi ma anche per gli altri.
Come dire che il depresso viene abbandonato a se stesso?
In parte sì, perché talora la depressione viene etichettata come semplice mancanza di reazione, di forza di volontà; è difficile accettare, da parte di amici e parenti, che gli sforzi fatti e l'affetto non siano sufficienti a risollevare l'umore del malato. D'altra parte la malattia stessa compromette gravemente le capacità di relazione e di comunicazione, per cui nel depresso si fa strada la paura di scadere nella propria immagine o di perdere il consenso degli amici o del pubblico, infine il timore di non appartenere più al proprio gruppo.
In questo contesto tristezza, solitudine, infelicità e caduta dell'energia vitale portano inevitabilmente a porsi domande sul significato dell'esistenza o a scegliere di porre fine alla vita stessa.
Perché tutta questa sofferenza diventa particolarmente insopportabile il giorno di Natale?
Nella solitudine della depressione la sicurezza del Natale viene vissuta acutamente dagli emarginati, da soggetti in crisi senza conforto alcuno, da quanti hanno perduto legami o contatti dell'ambiente da cui provengono. In questa giornata in cui trionfano gli affetti famigliari, più fortemente viene avvertito il senso di perdita da parte di chi questi affetti famigliari non li ha più. La famiglia è vista come oasi di serenità, senza differenze tra ricchi e poveri, perché conta la buona disponibilità a dimenticare almeno temporaneamente ruggini o rancori di chi ne fa parte.
Purtroppo oggi, a causa di famiglie meno numerose e instabilità del mondo del lavoro, può accadere di trovarsi tristi e soli, in seguito a un lutto o alla perdita del lavoro. Dobbiamo dedurne che la depressione diventerà un'esperienza sempre più diffusa?
Assolutamente no: se tristezza, solitudine e depressione entrassero nella vita di una persona come passaggi obbligati di un mutamento negativo ineluttabile, sarebbe davvero una catastrofe esistenziale totale. Fortunatamente non è così, queste fasi di sofferenza, infatti, che molti attraversano non sono mai prive di messaggi, adatti a trovare una traccia lungo la quale si può anche intravedere un'evoluzione, magari non facile da comprendere ma non impossibile da rispettare.
Elisa Lucchesini
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...e inoltre su Dica33:
Dottore che cosa succede a Natale e perché proprio quel giorno e non un altro tra le tante festività?
In occidente il Natale viene celebrato come la festa della famiglia, perché tradizionalmente genitori, figli, fratelli si riuniscono per rinsaldare gli affetti, godere il frutto della loro stabilità, trovare riparo sotto il mantello del loro conforto se in difficoltà. Pertanto è verosimile che chi abbia perso questi legami e si trovi in condizioni di disagio psichico avverta un peso maggiore nel trascorrere questa significativa ricorrenza in solitudine rispetto a chi pure solo, però sta bene.
Sembra di capire allora che la solitudine gioca un ruolo determinante nella patologia depressiva, ma non per tutti. Come distinguere chi è solo e sta bene da chi invece ha bisogno di aiuto?
La sofferenza psicologica che accompagna la malattia presenta numerose sfaccettature, una progressione di sentimenti negativi circa il modo di sentire la propria vita. Il primo di questi sentimenti è la tristezza, caratterizzata dalla percezione indistinta di stanchezza, debolezza, povertà di vita, intima oscurità, alla quale può seguire l'esordio di un malessere, solitamente indicato come disforia o malumore, che già può preludere alla depressione. È come se ci fosse un vuoto in una parte della personalità, segnata da una sensazione di disagio e di inadeguatezza ai propri compiti, da una difficoltà a mantenere i legami affettivi che gradualmente perdono di intensità. In questa visuale la tristezza potrebbe indicare una mancanza di benessere, per la difficoltà a raggiungere una soddisfacente condizione di equilibrio, oppure una depressione incipiente, quando in un crescendo compaiono solitudine, isolamento e abbandono.
Quindi tristezza, chiusura in se stessi, allentamento e poi perdita dei legami con gli altri, isolamento cercato, è il primo segnale d'allarme?
Può esserlo, tuttavia bisogna accettare che nella solitudine convivono due espressioni contrastanti: la prima ha valore positivo e comprende la capacità di stare da soli con se stessi come passaggio necessario alla formazione della propria identità. La seconda, invece, richiama la perdita degli altri, il timore dell'esclusione e dell'emarginazione, come può succedere nella condizione involontaria di persone che sono prive di legami o di relazioni con gli altri. Sempre in senso negativo, la solitudine può essere subita anche come abbandono a causa della depressione dell'umore: la perdita degli interessi e dello slancio vitale, infatti, sono sentimenti penosi per se stessi ma anche per gli altri.
Come dire che il depresso viene abbandonato a se stesso?
In parte sì, perché talora la depressione viene etichettata come semplice mancanza di reazione, di forza di volontà; è difficile accettare, da parte di amici e parenti, che gli sforzi fatti e l'affetto non siano sufficienti a risollevare l'umore del malato. D'altra parte la malattia stessa compromette gravemente le capacità di relazione e di comunicazione, per cui nel depresso si fa strada la paura di scadere nella propria immagine o di perdere il consenso degli amici o del pubblico, infine il timore di non appartenere più al proprio gruppo.
In questo contesto tristezza, solitudine, infelicità e caduta dell'energia vitale portano inevitabilmente a porsi domande sul significato dell'esistenza o a scegliere di porre fine alla vita stessa.
Perché tutta questa sofferenza diventa particolarmente insopportabile il giorno di Natale?
Nella solitudine della depressione la sicurezza del Natale viene vissuta acutamente dagli emarginati, da soggetti in crisi senza conforto alcuno, da quanti hanno perduto legami o contatti dell'ambiente da cui provengono. In questa giornata in cui trionfano gli affetti famigliari, più fortemente viene avvertito il senso di perdita da parte di chi questi affetti famigliari non li ha più. La famiglia è vista come oasi di serenità, senza differenze tra ricchi e poveri, perché conta la buona disponibilità a dimenticare almeno temporaneamente ruggini o rancori di chi ne fa parte.
Purtroppo oggi, a causa di famiglie meno numerose e instabilità del mondo del lavoro, può accadere di trovarsi tristi e soli, in seguito a un lutto o alla perdita del lavoro. Dobbiamo dedurne che la depressione diventerà un'esperienza sempre più diffusa?
Assolutamente no: se tristezza, solitudine e depressione entrassero nella vita di una persona come passaggi obbligati di un mutamento negativo ineluttabile, sarebbe davvero una catastrofe esistenziale totale. Fortunatamente non è così, queste fasi di sofferenza, infatti, che molti attraversano non sono mai prive di messaggi, adatti a trovare una traccia lungo la quale si può anche intravedere un'evoluzione, magari non facile da comprendere ma non impossibile da rispettare.
Elisa Lucchesini
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