25 febbraio 2004
Aggiornamenti e focus
Ingannevoli videogiochi
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"Può arrecare gravi danni alla salute" questa scritta potrebbe campeggiare anche sui videogames in un prossimo futuro. Del resto che il consumo ripetuto e prolungato dei videogiochi possa essere negativo non è una novità. Ma oltre ai danni di tipo fisico non sono da sottovalutare quelli psicologici. Lo conferma uno studio pubblicato su JAMA, secondo il quale i videogiochi venduti come appropriati agli adolescenti, molto spesso offrono contenuti aggiuntivi in grado di scioccare i giovani giocatori e i loro genitori. Un dato che deve far riflettere considerando che, secondo una recente indagine Demoskopea, 88 ragazzi su 100 riconoscono nei videogiochi la prima causa di comportamenti di abuso, non correlati a sostanze.
Negli Stati Uniti esiste un sistema di classificazione, l'Entertainment Software Rating Board (ESRB), che dovrebbe descrivere e valutare l'idoneità dei contenuti dei videogiochi. Si tratta di attribuire una classificazione, un po' come avviene per i film, espressa con un contrassegno posto sul retro della confezione. Non sempre questo giudizio rispetta la realtà - sostengono i ricercatori. Tanto è vero che i giochi classificati con una T, indirizzati cioè agli adolescenti, spesso contengono situazioni violente o sessualmente ambigue non menzionate dall'ESRB. I ricercatori hanno preso in esame il contenuto di un campione casuale di 81 dei 396 videogiochi disponibili sul mercato e classificati per adolescenti. Ciascun gioco è stato effettuato per 1 ora e sono state considerate rappresentazioni che contenessero: violenza, sangue, temi sessuali, scommesse, alcol, tabacco o droghe varie, situazioni nelle quali è richiesta un'azione violenta o omicida per proseguire, linguaggio o gesti blasfemi. Terminato questo esame i ricercatori hanno confrontato i risultati con la classificazione assegnata dall'ESRB. I risultati sono stati sorprendenti.
Nel campione di 81 giochi sono stati ravvisati 51 casi nei quali il videogioco avrebbe dovuto essere segnalato per il suo contenuto "rischioso" dall'ente di valutazione. Addirittura oltre il 95% delle situazioni di azione, avventura o combattimento, situazioni molto comuni in questo tipo di giochi, contengono violenza al punto, sostengono i ricercatori, che si potrebbe assumere per scontato che un gioco destinato agli adolescenti contiene situazioni violente. Andando nel dettaglio i tre quarti dei videogiochi monitorati mostrano situazioni sanguinose, ma di questi solo 22 hanno avuto la segnalazione dovuta. Ventuno videogiochi avevano situazioni sessualmente scabrose ma solo 16 avevano la segnalazione. E ancora ventuno giochi contenevano oscenità ma solo 14 erano segnalati in questo senso. E la lista potrebbe continuare. Salta agli occhi dall'esame dei numeri una scarsa convergenza con le valutazioni fatte dall'ESRB. Urge perciò - conclude la ricerca - un esame più accurato e descrittivo per i videogiochi, solo così i genitori sono in grado di effettuare scelte consapevoli e ponderate. In Italia in questo senso produttori e distributori di software hanno aderito a una iniziativa europea ribattezzata PEGI con la quale sono stati individuati limiti d'età per l'acquisto dei giochi che siano uniformi in mezza Europa e in linea con gli ordinamenti dei singoli paesi dell'Unione. Gli adolescenti italiani così dovrebbero essere adeguatamente protetti. Sarà vero?
Marco Malagutti
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Per adolescenti? Non troppo
Negli Stati Uniti esiste un sistema di classificazione, l'Entertainment Software Rating Board (ESRB), che dovrebbe descrivere e valutare l'idoneità dei contenuti dei videogiochi. Si tratta di attribuire una classificazione, un po' come avviene per i film, espressa con un contrassegno posto sul retro della confezione. Non sempre questo giudizio rispetta la realtà - sostengono i ricercatori. Tanto è vero che i giochi classificati con una T, indirizzati cioè agli adolescenti, spesso contengono situazioni violente o sessualmente ambigue non menzionate dall'ESRB. I ricercatori hanno preso in esame il contenuto di un campione casuale di 81 dei 396 videogiochi disponibili sul mercato e classificati per adolescenti. Ciascun gioco è stato effettuato per 1 ora e sono state considerate rappresentazioni che contenessero: violenza, sangue, temi sessuali, scommesse, alcol, tabacco o droghe varie, situazioni nelle quali è richiesta un'azione violenta o omicida per proseguire, linguaggio o gesti blasfemi. Terminato questo esame i ricercatori hanno confrontato i risultati con la classificazione assegnata dall'ESRB. I risultati sono stati sorprendenti.
Valutazioni superficiali
Nel campione di 81 giochi sono stati ravvisati 51 casi nei quali il videogioco avrebbe dovuto essere segnalato per il suo contenuto "rischioso" dall'ente di valutazione. Addirittura oltre il 95% delle situazioni di azione, avventura o combattimento, situazioni molto comuni in questo tipo di giochi, contengono violenza al punto, sostengono i ricercatori, che si potrebbe assumere per scontato che un gioco destinato agli adolescenti contiene situazioni violente. Andando nel dettaglio i tre quarti dei videogiochi monitorati mostrano situazioni sanguinose, ma di questi solo 22 hanno avuto la segnalazione dovuta. Ventuno videogiochi avevano situazioni sessualmente scabrose ma solo 16 avevano la segnalazione. E ancora ventuno giochi contenevano oscenità ma solo 14 erano segnalati in questo senso. E la lista potrebbe continuare. Salta agli occhi dall'esame dei numeri una scarsa convergenza con le valutazioni fatte dall'ESRB. Urge perciò - conclude la ricerca - un esame più accurato e descrittivo per i videogiochi, solo così i genitori sono in grado di effettuare scelte consapevoli e ponderate. In Italia in questo senso produttori e distributori di software hanno aderito a una iniziativa europea ribattezzata PEGI con la quale sono stati individuati limiti d'età per l'acquisto dei giochi che siano uniformi in mezza Europa e in linea con gli ordinamenti dei singoli paesi dell'Unione. Gli adolescenti italiani così dovrebbero essere adeguatamente protetti. Sarà vero?
Marco Malagutti
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