Caccia all'anticorpo

27 giugno 2003
Aggiornamenti e focus

Caccia all'anticorpo



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Inizialmente, il test diagnostico cardine era l'esecuzione di un biopsia dell'intestino tenue allo scopo di accertare lo stato della mucosa. Poi sono venuti alcuni test non invasivi che consentono di escludere o confermare il sospetto sulla base dei sintomi. Questi test consistono nella ricerca di alcuni anticorpi specifici: anti-gliadina (AGA), anti-endomiso (EMA) e, più recentemente, anti-transglutaminasi. La gliadina è un "frammento" del glutine, quindi trovare in un individuo anticorpi diretti contro la gliadina significa confermare che il sistema immunitario è "programmato" per attaccare il glutine. La presenza di anticorpi anti-endomisio segnala invece che il sistema immunitario è già attivato per danneggiare la stessa mucosa intestinale, in quanto l'endomisio è un costituente dei tessuti. La scoperta di questi "marker" ha costituito un passo avanti non indifferente, perché consente l'identificazione dei casi di celiachia silente e latente. Questa possibilità è stata ulteriormente aumentata dalla scoperta di un terzo marker, gli anticorpi per la transglutaminasi. La transglutaminasi è un enzima implicato sia nella metabolizzazione del glutine sia nei meccanismi che portano al danno cellulare.
La ricerca degli AGA è un test sensibile ed economico, ma non così specifico (questi anticorpi si trovano anche in una certa quota della popolazione esente dal disturbo), gli EMA sono altrettanto sensibili e più specifici, ma costano di più. Tuttavia, l'esecuzione di entrambi i test consente, se risultano entrambi negativi, di escludere la presenza della celiachia. Al contrario, se gli AGA sono positivi e così gli EMA, è quasi certa la presenza della malattia e, quindi, è necessaria la biopsia. Nella popolazione a rischio (consanguinei di malati) anche la sola esecuzione dell'EMA con esito positivo rimanda senz'altro all'esecuzione della biopsia.
Il test più recente, quello sugli anticorpi anti-transglutaminasi, è altrettanto sensibile e specifico e, in più, per i suoi bassi costi si presta molto bene all'esecuzione su larghe fasce della popolazione. Il passo successivo è arrivare a determinare tutte le caratteristiche genetiche legate alla malattia e, così, avere la possibilità di valutare se anche esiste soltanto la possibilità che si presenti la malattia. Va anche detto che questo è già in parte possibile con il test genetico mirato all'HLA .

Chi dovrebbe eseguire i test


Sull'opportunità di fare screening massicci sulla popolazione generale si sta ancora discutendo. Certamente è chiaro che la sproporzione tra i malati intercettati su base clinica (sintomi e poi biopsia) e quelli che possono venire individuati ricorrendo ai test di laboratorio è grande: nel caso dei bambini è 1 a 7. Tuttavia in assenza di certezze sull'utilità di uno screening di massa, sicuramente queste sono le fasce di popolazione che beneficerebbero dei test specifici:
  • Chi presenta i sintomi tipici, di norma piccoli e giovani: diarrea e perdita di peso
  • Chi presenta i cosiddetti sintomi atipici: anemia dovuta a carenza di ferro o a deficit di folati scarsa crescita, ritardo nello sviluppo sessuale, dolori addominali ricorrenti, stipsi, afte (ulcerazioni) del cavo orale
  • Chi ha parenti di primo grado affetti da celiachia
  • Chi presenta deficit di IgA, diabete Tipo 1, sindrome di Down, sindrome di Turner - le malattie che, di norma, accompagnano la celiachia (bambini).
  • Chi presenta epilessia con calcificazioni occipitali, rialzo non spiegabile delle transaminasi, dermatite erpetiforme - le malattie che sono correlate alla celiachia.
  • Chi presenta malattie autoimmuni della tiroide, artrite reumatoide, epatite cronica e altre, sempre su base immunitaria, che potrebbero essere correlate alla celiachia.

Maurizio Imperiali



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