La chirurgia mininvasiva

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

La chirurgia mininvasiva



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Oggi il trattamento chirurgico dei calcoli alla colecisti si effettua principalmente con la tecnica endoscopica o laparoscopica, ovvero mediante la chirurgia mininvasiva, nella quale l'intervento chirurgico avviene con l'ausilio del mezzo televisivo (video assistito) e di particolari strumenti che vengono introdotti nell'organismo attraverso piccolissime incisioni. Il nome "mininvasivo" deriva proprio dal fatto che, a differenza della tradizionale operazione a addome aperto, l'operazione è meno invasiva, cioè è più rispettosa dell'integrità del corpo con una serie di vantaggi a cominciare dal minor rischio di infiltrazioni di microrganismi patogeni nelle cavità interne. Lo strumento principale dell'endoscopia è l'endoscopio (o laparoscopio), un lungo tubo a fibre ottiche che, una volta introdotto nell'addome attraverso un piccolo foro accanto all'ombelico, trasmette le immagini degli organi interni su di una semplice lente o su uno schermo video.

Oltre all'endoscopio, sono necessari altri strumenti "speciali" per l'esecuzione di un'operazione per via laparoscopica, e cioè:
  • un insufflatore di anidride carbonica (CO2) e un ago da insufflazione (ago di Veress) per indurre il pneumoperitoneo, cioè per gonfiare la cavità addominale in modo da rendere gli organi più visibili e accessibili;
  • una sorgente luminosa "a luce fredda", per portare la luce sulla punta del laparoscopio e rendere ben visibili le immagini (sul video o sulla lente);
  • appositi strumenti per irrigazione/aspirazione, utili nel caso in cui sia necessario inumidire la zona da trattare o aspirare eventuali perdite di sangue;
  • elettrocoagulazione, per chiudere i vasi sanguigni più piccoli;
  • i trequarti e le cannule (con valvole), attraverso i quali introdurre gli strumenti;
  • appositi strumenti molto lunghi, come: dissettori, forbicine, uncini, pinze e applicatori di graffette.
L'endoscopia è sicuramente la tecnica che ha aperto una nuova strada nella moderna chirurgia. Si tratta di una metodica relativamente recente, introdotta da Mouret a Lione nel 1987, grazie alla quale il chirurgo può rimuovere la colecisti attraverso un'incisione cutanea lunga poco più di un centimetro, localizzata presso l'ombelico, e altre tre incisioni (sempre delle stesse dimensioni), che oltrepassano la fascia muscolare, attraverso le quali si introducono gli strumenti per l'intervento.
L'operazione viene effettuata in anestesia generale e ha inizio con l'induzione del pneumoperitoneo, mediante l'ago di Veress, attraverso l'incisione periombelicale destra. Solitamente si insufflano 2-4 litri di CO2 alla pressione di 10-14 mm/Hg al fine di gonfiare l'addome e rendere più agevoli le manovre. Successivamente, vengono introdotti gli altri strumenti principali (tre quarti) nei tre fori effettuati sull'addome (il sistema ottico, invece, viene introdotto nella stessa incisione ombelicale).
Una volta inseriti tutti gli strumenti, si agisce sulla colecisti con manovre simili a quelle della tecnica chirurgica convenzionale. Tali manovre richiedono sicuramente un periodo di apprendimento per il chirurgo, anche se in parte risultano facilitate dall'ingrandimento notevole del campo operatorio sul video.
Ultimato l'intervento, si estraggono gli strumenti e si suturano le piccole ferite chirurgiche, chiudendo anche la fascia muscolare.

I vantaggi
Con la chirurgia endoscopica si hanno minori traumi della parete addominale, minor perdita di sangue e, di solito, una minore durata dell'intervento. Inoltre, i visceri non entrano a contatto con l'ambiente esterno che, per quanto sterile, non può esserlo al 100%; di conseguenza il decorso post-operatorio sarà più breve e meglio sopportato dal paziente.

Gli svantaggi
Sono simili a quelle della colecistectomia tradizionale, quindi generalmente poco frequenti, e cioè: sanguinamento, infezione, danni alle vie biliari e perforazione delle anse intestinali.
In alcuni casi è preferibile convertire l'intervento dalla via endoscopica a quella a cielo aperto; per esempio quando durante l'intervento endoscopico il chrirurgo scopra segni che possono far sospettare un tumor, colecisti gangrenosa (caratterizzata dalla morte dei tessuti, associata contaminazione batterica), sospetta fistola colecisto-duodenale (perforazione tra la colecisti e il duodeno, che crea un anomalo "canaletto"), complicanze emorragiche (dall'arteria o dal letto epatico), sospetta lesione della via biliare o sospetta lesione di uno o più organi.

Annapaola Medina



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