25 maggio 2011
Aggiornamenti e focus
Sclerosi multipla, il futuro della cura sono le terapie personalizzate
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Ogni quattro ore in Italia una persona riceve la diagnosi di sclerosi multipla, malattia che si manifesta soprattutto tra i 20 e i 30 anni in particolare tra le donne, con un rapporto di due a uno rispetto agli uomini. Un totale di 61 mila malati che hanno bisogno di supporto per le terapie o di consulenze sui loro diritti, per un costo sociale di 2 miliardi e 400 milioni di euro all'anno solo in Italia. La settimana nazionale sulla sclerosi multipla, indetta dall'Aism, Associazione italiana sclerosi multipla, è l'occasione per fare il punto sulle cure e sulle cause della malattia, la cui incidenza a livello mondiale è in aumento, come conferma direttrice dell'Unita' operativa di Neurofisiopatologia al Policlinico di Bari. «Si è passati, in un decennio, da circa 3 casi ogni 10mila persone a 4,5 su 10mila. Le aree geografiche dove si presenta il maggior numero di nuovi casi sono i Paesi del Nord America e del Nord Europa, Italia compresa, con una leggera differenza tra il Nord e il Sud, dove l'incidenza e' un po' più alta al settentrione».
Un dato rilevante arriva da una recente indagine Doxa, commissionata dall'Aism, che evidenzia come tra le persone ci sia una sempre maggiore consapevolezza della malattia. Due su tre conoscono la patologia e oltre la metà sa che interessa il sistema nervoso centrale e colpisce soprattutto i giovani. Per quel che riguarda le ipotesi sulle cause mentre è in fase di verifica la possibilità dell'insufficienza venosa prospetta da Paolo Zamboni, che tanto spazio sta avendo nelle cronache, sempre più conferme arrivano per l'ipotesi virale. Un recente lavoro scientifico dell'Università di Granada ha, infatti, trovato anticorpi contro il virus di Epstein-Barr in una percentuale significativa di malati. È poi da tempo sotto indagine il ruolo della vitamina D. È stato già accertato che la vitamina che si produce attraverso la pelle con l'esposizione alla luce del sole, riduce il rischio di contrarre la sclerosi, ma un nuovo studio australiano indica che i suoi livelli sono associati non soltanto con l'insorgenza della malattia, ma anche con la frequenza degli attacchi. «Abbiamo potuto collegare direttamente il rischio di un attacco al livello di vitamina D» ha commentato Bruce Taylor che ha guidato lo studio. «Vi è stata una diminuzione lineare nel rischio di un attacco, rispetto all'aumento nei livelli della vitamina». Una ricerca con implicazioni mondiali, secondo gli autori, visto che i trattamenti efficaci per la sclerosi sono molto costosi, mentre le ricadute aggravano notevolmente il grado di disabilità del paziente. Ma come si stanno evolvendo le cure?
La «strada maestra» è rappresentata dalle terapie personalizzate e dagli studi comparativi sui farmaci, come spiega Luca Massacesi, direttore della II clinica di Neurologia dell'ospedale universitario di Careggi. «Dopo anni di assenza nel panorama farmacologico di nuovi prodotti» ha affermato Massacesi a margine di un convegno a Firenze «negli ultimi anni sono stati approvati numerosi farmaci». Una novità per i malati, secondo Massacesi, arriva da un farmaco sintomatico, il primo che «può far regredire un'invalidità stabilizzata». Si tratta della fanpiridina, «approvata dall'Ema (l'agenzia europea regolatoria dei farmaci) lo scorso mercoledì che migliora la velocità nella deambulazione, dando più forza alle gambe, perché migliora la conduzione delle fibre nervose. Può essere somministrato solo a una piccola percentuale di malati: «nel caso in cui» precisa Massacesi «le fibre nervose non siano del tutto danneggiate». Sono molti, poi, i farmaci in corso di test in fase III, immunomodulanti o immunosoppressori che «prevengono la formazione di nuove lesioni e quindi è cruciale somministrarli nei primi stadi della malattia. Da qui l'importanza di una diagnosi precoce». Particolari aspettative sono concentrate su un farmaco dal brevetto scaduto, l'azatioprina, già usato negli anni '50 per il rigetto del trapianto di rene, per il quale l'Agenzia italiana del farmaco ha finanziato uno studio. Entro il 2011 potrebbe essere disponibile il fingolimod, il primo farmaco per bocca che deve passare il vaglio dell'Agenzia Italiana del Farmaco, come trattamento di seconda linea. «Se verrà dimostrata la sua sicurezza» aggiunge Massacesi «potrebbe anche diventare un farmaco di prima linea». «I medici hanno ancora difficoltà di scelta tra i farmaci» conclude Massacesi «e si procede a caso e lo stesso avverrà nel prossimo futuro, per questo è necessario aumentare gli studi comparativi e personalizzare le cure sui pazienti».
Marco Malagutti
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