Aids, l’esperto: test Hiv sia di routine come per il colesterolo

30 novembre 2011
Interviste

Aids, l’esperto: test Hiv sia di routine come per il colesterolo



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Inserire tra gli esami di routine, come colesterolemia, glicemia o livelli di trigliceridi, anche il test per verificare siero-negatività (o positività) all'Hiv, per tutte le persone sessualmente attive, rappresenterebbe una strategia efficace sia contro la diffusione dell'infezione sia contro la sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids) conclamata. La malattia, infatti, con l'introduzione delle nuove terapie, ha cambiato il suo decorso, diventando una malattia cronica grazie, come in quasi tutte le patologie, a una diagnosi precoce. Come e perché lo spiega Mauro Moroni, direttore del dipartimento di malattie infettive dell'azienda ospedaliera Luigi Sacco di Milano, intervistato da Dica33, in occasione della Giornata mondiale per la lotta all'Aids che si celebra ogni anno il 1° dicembre.

Contrarre l'infezione da Hiv non necessariamente dà sintomi, come accorgersene?
L'unico modo è il test, che si esegue con un prelievo del sangue, gratuito (nei centri di malattie infettive e nelle Unità operative Aids delle Asl. n.d.r.) e anonimo. Ma spingere a farlo è il principale problema epidemiologico di questa infezione perché nessuno pensa mai minimamente di correre rischi o di averli corsi e tanto meno di aver contratto il virus. Semplicemente, è un test non previsto in agenda, non è una prassi come invece avviene per esempio, per il controllo del colesterolo. Sarebbe invece la soluzione per far emergere le infezioni sommerse.

Che vantaggi comporta la diagnosi precoce?
Innanzitutto, evita ulteriori contagi, perché la persona sapendo si essere sieropositiva assumerà comportamenti sessuali igienicamente corretti usando il preservativo come barriere al contagio. Ma soprattutto permette di avviare presto la terapia che con i nuovi farmaci antiretrovirali ha abbattuto del 100% la mortalità. In pratica, oggi, l'Aids è diventata una malattia cronica con una lunga aspettativa di vita e di qualità accettabile. Come accade per tutte le malattie, la diagnosi precoce è la strategia che paga di più.

Chi dovrebbe sottoporsi al test?
Tutte le persone sessualmente attive, periodicamente o quando si ha il dubbio di aver avuto un rapporto a rischio. A differenza di 30 anni fa, quando il virus si è diffuso molto velocemente tra i tossicodipendenti a causa dello scambio di siringhe, oggi l'infezione da Hiv è a trasmissione sessuale, per lo più eterosessuale e in misura minore omosessuale. È meno efficiente, rispetto al contatto diretto con sangue infetto, ma interessa una popolazione, quella che ha rapporti sessuali, decisamente più ampia. Il circuito epidemiologico, in Italia, vede l'uomo più esposto al rischio di contagio, perché viaggia di più per motivi di lavoro, si rivolge al mondo della prostituzione, e con le nuove terapie per la disfunzione erettile, anche in età avanzata, e mettendo così a rischio anche la partner sia occasionale sia della propria coppia.

Con questi strumenti si può fermare la malattia?
Le campagne di informazione hanno avuto un impatto importante, che ha portato a un calo dei nuovi casi, che da 18-20 mila all'anno sono passati a 4.500-5mila ma restano pure sempre 150 mila le persone sieropositive in Italia che si porteranno l'infezione per tutta la vita. Purtroppo non si riesce a ottenere un abbattimento totale del contagio perché non è facile intervenire sulle abitudini sessuali, perchè la sessualità è legata alle emozioni. Tuttavia, comportamenti sessuali corretti e test periodico sono gli strumenti più efficaci al momento, ma serve lucidità per guardare al futuro e non abbassare la guardia. Il virus potrebbe sviluppare resistenza ai farmaci e, poiché i pazienti devono assumerli per tutta la vita potrebbero presentarsi problemi di tollerabilità della terapia.

Simona Zazzetta



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