Diagnosi diabete, in Italia sempre più numerose

02 marzo 2012
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Diagnosi diabete, in Italia sempre più numerose



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In Italia ci si ammala sempre di più di diabete, lo dicono i dati raccolti dall'Istat secondo cui nell'ultimo decennio, i pazienti sono passati da 2 milioni e 250mila a 3 milioni, con un incremento del 33%. Infatti, mentre nel 2002 era il 3,9% degli italiani a soffrire di questa malattia, nel 2010 la percentuale è salita al 4,9; contestualmente è cresciuta anche la popolazione, passata da 57,3 a poco più di 60 milioni di abitanti. A questi vanno aggiunte inoltre quasi 1 milione di persone che hanno il diabete senza saperlo e che alzano la percentuale stimata per il nostro paese a circa il 6%.

Al dato nazionale si allinea anche un cambiamento della distribuzione geografica della malattia con un aumento in particolare verso le regioni meridionali: nel 2002 il 4,2% delle persone residenti al sud soffriva di diabete, mentre nel 2010 la percentuale è salita a 5,8; un incremento significativamente maggiore rispetto al centro, passato da 4,1 a 4,8%, e al nord, da 3,6 a 4,4%. La Campania, per esempio, nel 2010 è entrata a far parte delle prime 10 regioni che risultano sopra la media nazionale, con una crescita della malattia di 1,7 punti percentuali sulla popolazione residente. La stessa tendenza è stata osservata anche in Molise (+3,4%), in Basilicata (+2,9%), in Calabria (+2%), la Puglia (+1,2) e in Sicilia (+0,9%). I dati sono stati presentati dall'associazione Diabete italia che «per il 2012 si propone di sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica sull'importanza sociale della malattia, ma soprattutto comunicare che la persona con diabete oggi può aspirare a vivere una vita attiva, che tende alla normalità» come spiega Umberto Valentini, diabetologo e presidente dell'organizzazione. Le cause del balzo in avanti, in un paese come l'Italia dove la dieta mediterranea dovrebbe essere un fattore protettivo importante ed efficace, vanno proprio cercate negli stili di vita. Ne sono ormai convinti tutti gli esperti in materia: alimentazione scorretta, sedentarietà e il conseguente sovrappeso, nonché l'avanzare dell'età, sono i più importanti fattori di rischio. In genere la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni, ma si giunge alla diagnosi dopo diversi anni poiché l'iperglicemia, cioè l'elevato livello di zuccheri nel sangue, si sviluppa gradualmente. E solitamente, come spiegano gli esperti dell'Istituto superiore di Sanità (Iss), la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza con una situazione di stress fisico, quale infezioni o interventi chirurgici.

Tuttavia, un diabete non riconosciuto e non curato può sviluppare complicazioni, soprattutto croniche, che riguardano diversi organi e tessuti, tra cui gli occhi, i reni, il cuore, i vasi sanguigni e i nervi periferici. Con una diagnosi, che si esegue con test della glicemia, è possibile stabilire se è già in corso la patologia e quindi avviare la terapia. Inoltre, anche quando i valori non superano i livelli stabiliti per la definizione di diabete, ma sono comunque alterati non vanno considerati una condizione di normalità. Per l'Iss, infatti, le situazioni di "pre-diabete", «indicano un elevato rischio di sviluppare la malattia» inoltre, «spesso sono associati a sovrappeso, dislipidemia e/o ipertensione e si accompagnano a un maggior rischio di eventi cardiovascolari». Il diabete è stato, recentemente, anche al centro delle attenzioni della Food and drug administration (Fda), l'agenzia regolatoria americana, che segnala un aumentato rischio nei pazienti in terapia con le statine, farmaci usati per il controllo del ipercolesterolemia. Ma secondo alcuni, i rischi sono ancora da dimostrare, come sostiene Bruno Trimarco, presidente della Società italiana per la prevenzione cardiovascolare (Siprec). «Uno studio, in corso di pubblicazione su 10 mila pazienti del nostro laboratorio per l'ipertensione» sottolinea «ha confermato che chi è trattato con le statine ha una maggiore incidenza di diabete» ma secondo l'esperto, «anche se l'incremento del rischio è notevole, è compensato da una protezione cardiovascolare altrettanto notevole».



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