19 marzo 2018
Aggiornamenti e focus
I fattori di rischio della malattia di Alzheimer
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Difficile fare oggi prevenzione sulla malattia di Alzheimer. La diagnosi arriva tardi e in un'età in cui il paziente (tra i 75 e gli 80 anni) presenta tante altre patologie che possono interferire con il decorso di questo tipo di demenza, così come nella sua terapia ed efficacia. E tuttavia l'obiettivo è proprio arrivare a curare l'Alzheimer. Per questo continuano senza sosta gli studi dei ricercatori per individuare anche i fattori di rischio che possono contribuire a facilitare l'insorgenza di una malattia che nel 2050 è destinata a colpire oltre 130 milioni di persone nel mondo.
Rischi genetici
"C'è una domanda che spesso ci sentiamo rivolgere dai parenti dei nostri pazienti ed è: 'Mia mamma ha l'Alzheimer, mia nonna ha avuto l'Alzheimer, è una malattia genetica, avrò anch'io la stessa malattia?'" racconta il prof. Innocenzo Rainero, specialista in Neuroscienze dell'Università di Torino presso la Città della Salute- Molinette, intervenuto al convegno "Il malato di Alzheimer: la sua presa in carico. Dal laboratorio al territorio". Ebbene, sul fronte genetico non si riesce ancora a spiegare pienamente la familiarità, la predisposizione e su questo gli studi genetici sono chiamati a dare una risposta. "Dopo anni di ricerca - spiega il prof. Rainero - la risposta che possiamo dare è che l'Alzheimer è una malattia eterogenea e che le cause sono correlate a una complessa interrelazione tra fattori di rischio ambientale e fattori di rischio genetico. I primi stanno diventando preponderanti: alcuni sono modificabili come lo stile di vita, altri no".
Rischi ambientali
Sono almeno 150 i diversi fattori ambientali che possono essere coinvolti nella malattia. Tra i più rilevanti, l'invecchiamento cerebrale, primo fattore di rischio: dopo il 65 anni ogni cinque anni si raddoppia il rischio di Alzheimer. Poi la differenza di genere: secondo le statistiche due terzi delle persone malate sono donne. E oggi si ritiene troppo semplicistico attribuire questa percentuale alla loro maggiore durata di vita. Altri fattori decisivi sono l' ipertensione arteriosa, l' obesità - soprattutto addominale - il diabete mellito di tipo 2, il fumo. I traumi cranici ripetuti aumentano pure il rischio di malattia. Così come le patologie psichiatriche: c'è un rapporto molto stretto tra depressione, ansia e Alzheimer. E aggiunge il prof. Rainero: "Più recentemente si sta studiando anche il deficit uditivo, correlato all'invecchiamento cerebrale. Le ricerche ci dicono che se il soggetto ha un deficit significativo rischia di aumentare la possibilità della malattia di Alzheimer di cinque volte ma anche un deficit lieve può aumentare il rischio di tre volte".
Rischi ambientali modificabili
Oggi allora è importante distinguere tra i fattori di rischio ambientale non modificabili e quelli modificabili. Perché a partire dallo studio e dal potenziamento dei secondi, si potranno ipotizzare strategie di prevenzione della patologia. Un esempio: ipertensione arteriosa, colesterolo, diabete, traumi possono essere controllati. Ricordando sempre che i fattori di rischio (così come quelli protettivi) sono spesso correlati all'età.
Medicina personalizzata
Il problema a questo punto è chiaro: come possiamo mettere insieme tutti questi fattori che sono estremamente eterogenei? La sfida è metterli insieme e approcciarli, facendoli rientrare in un concetto più allargato di 'stato di fragilità' della persona. Perché su entrambi i fronti - ambiente e genetica - ha detto il prof. Rainero, "l'obiettivo è arrivare per l'Alzheimer, così come per le altre malattie neurodegenerative, ad una medicina personalizzata".
Carla De Meo
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Rischi genetici
"C'è una domanda che spesso ci sentiamo rivolgere dai parenti dei nostri pazienti ed è: 'Mia mamma ha l'Alzheimer, mia nonna ha avuto l'Alzheimer, è una malattia genetica, avrò anch'io la stessa malattia?'" racconta il prof. Innocenzo Rainero, specialista in Neuroscienze dell'Università di Torino presso la Città della Salute- Molinette, intervenuto al convegno "Il malato di Alzheimer: la sua presa in carico. Dal laboratorio al territorio". Ebbene, sul fronte genetico non si riesce ancora a spiegare pienamente la familiarità, la predisposizione e su questo gli studi genetici sono chiamati a dare una risposta. "Dopo anni di ricerca - spiega il prof. Rainero - la risposta che possiamo dare è che l'Alzheimer è una malattia eterogenea e che le cause sono correlate a una complessa interrelazione tra fattori di rischio ambientale e fattori di rischio genetico. I primi stanno diventando preponderanti: alcuni sono modificabili come lo stile di vita, altri no".
Rischi ambientali
Sono almeno 150 i diversi fattori ambientali che possono essere coinvolti nella malattia. Tra i più rilevanti, l'invecchiamento cerebrale, primo fattore di rischio: dopo il 65 anni ogni cinque anni si raddoppia il rischio di Alzheimer. Poi la differenza di genere: secondo le statistiche due terzi delle persone malate sono donne. E oggi si ritiene troppo semplicistico attribuire questa percentuale alla loro maggiore durata di vita. Altri fattori decisivi sono l' ipertensione arteriosa, l' obesità - soprattutto addominale - il diabete mellito di tipo 2, il fumo. I traumi cranici ripetuti aumentano pure il rischio di malattia. Così come le patologie psichiatriche: c'è un rapporto molto stretto tra depressione, ansia e Alzheimer. E aggiunge il prof. Rainero: "Più recentemente si sta studiando anche il deficit uditivo, correlato all'invecchiamento cerebrale. Le ricerche ci dicono che se il soggetto ha un deficit significativo rischia di aumentare la possibilità della malattia di Alzheimer di cinque volte ma anche un deficit lieve può aumentare il rischio di tre volte".
Rischi ambientali modificabili
Oggi allora è importante distinguere tra i fattori di rischio ambientale non modificabili e quelli modificabili. Perché a partire dallo studio e dal potenziamento dei secondi, si potranno ipotizzare strategie di prevenzione della patologia. Un esempio: ipertensione arteriosa, colesterolo, diabete, traumi possono essere controllati. Ricordando sempre che i fattori di rischio (così come quelli protettivi) sono spesso correlati all'età.
Medicina personalizzata
Il problema a questo punto è chiaro: come possiamo mettere insieme tutti questi fattori che sono estremamente eterogenei? La sfida è metterli insieme e approcciarli, facendoli rientrare in un concetto più allargato di 'stato di fragilità' della persona. Perché su entrambi i fronti - ambiente e genetica - ha detto il prof. Rainero, "l'obiettivo è arrivare per l'Alzheimer, così come per le altre malattie neurodegenerative, ad una medicina personalizzata".
Carla De Meo
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