Segni di un'infanzia ferita

07 maggio 2008
Aggiornamenti e focus

Segni di un'infanzia ferita



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La somatizzazione di sintomi depressivi è da tempo sotto osservazione da parte del mondo clinico: aver notato che i soggetti depressi o con disturbi da ansia mostrassero un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari, ha spinto la ricerca verso popolazioni di pazienti con disturbi psichiatrici per comprenderne meglio il quadro clinico. Una delle evidenze più interessanti, e sempre di più frequentemente riscontrata in questi casi, è l'esistenza di uno stato infiammatorio che può contribuire a creare un legame tra sintomi psicologici e sintomi somatici. Si tratta, infatti, di un elemento clinico comune a depressione e malattia cardiovascolare, e anche piccoli innalzamenti dei livelli di infiammazione sembrano essere predittivi di un aumento del rischio cardiovascolare in persone apparentemente sane.

Se salta la regolazione


D'altro canto nelle persone depresse viene meno un sistema di autoregolazione degli ormoni corticosteroidi con i processi infiammatori, con uno sbilanciamento che favorisce l'infiammazione. Ma ciò non accade in tutti i soggetti depressi. Non potendo, quindi, generalizzare questa coesistenza, il tentativo è stato cercare le variabili che potessero permettere di circoscrivere le persone più a rischio, anche a distanza di tempo dal periodo di depressione. Uno spunto di ricerca è stato offerto dall'osservazione che maltrattamenti subiti durante l'infanzia sono spesso predittivi di depressione ma anche di stati infiammatori nell'età adulta. Un'ipotesi plausibile, secondo gli psichiatri che hanno approfondito il tema, poteva quindi essere che una storia di maltrattamenti può essere uno strumento utile per identificare nella popolazione di soggetti depressi quelli con elevati livelli di infiammazione e di conseguenza un rischio maggiore per la salute del cuore e delle coronarie.

Dal rifiuto all'abuso


Per testare questa ipotesi sono stati selezionati circa mille giovani adulti di 32 anni circa, arruolati in uno studio avviato negli anni '70 che aveva raccolto dati in tutte le fasce di età: 3, 5, 7, 9, 11, 13, 15, 18, 21 e 26 e infine a 32 anni. I dati che interessavano agli psichiatri che li hanno raccolti erano eventuali circostanze difficili per il bambino, in particolare se intorno ai 3 anni aveva subito il rifiuto da parte della madre, se tra i 7 e i 9 anni era stato sottoposto a discipline rigide e insolitamente ferree rispetto ai tempi che correvano. E poi, se all'età di 11 anni c'erano stati dei cambiamenti improvvisi e bruschi delle persone che si prendevano cura del bambino, abusi fisici come punizioni corporali che avevano lasciato lividi e lesioni, e infine abusi sessuali. In una stima globale dei dati era emerso che il 64% delle persone non aveva subito maltrattamenti durante l'infanzia, il 27% presentava un indicatore di maltrattamento, il 9% ne presentava due o più. Gli stessi specialisti, in un precedente lavoro avevano già verificato solo con due o più indicatori (quindi in caso di vero e proprio maltrattamento) poteva esserci corrispondenza con un aumento dello stato infiammatorio. Quindi il confronto interessante era quello tra i maltrattati e i non maltrattati, dopo aver verificato se all'età di 32 anni, secondo i criteri del DMS-IV, soffrivano di depressione, e avevano livelli della proteina C reattiva (marcatore di infiammazione) elevati.

Troppo sensibili allo stress

Ebbene, si confermava l'associazione tra depressione e infiammazione anche in questa popolazione con un rischio relativo di 1,45; e in più che i maltrattamenti infantili erano più comuni tra i soggetti depressi con un rischio relativo di 2,40; e che i soggetti maltrattati da piccoli avevano elevati livelli di marcatori d'infiammazione, con un rischio relativo di 1,71. Per verificare se il maltrattamento poteva spiegare la coesistenza di depressione e infiammazione sono stati considerati i casi con una storia simile di maltrattamenti e in effetti l'associazione tra i due aspetti si attenuava. Inoltre, suddividendo il campione in quattro gruppi di persone, uno di controllo e gli altri tre o solo depressi, o solo maltrattati o con entrambe le circostanze, quest'ultimo in particolare (in misura minore i soggetti solo maltrattati) aveva maggiori probabilità di mostrare livelli elevati di proteina C reattiva. La sola depressione non comportava un'elevazione significativa. Con alcune possibili spiegazioni organiche, sulle quali gli esperti stanno proseguendo le ricerche. Nei soggetti depressi e maltrattati, ma non i quelli solo depressi, l'ippocampo, la regione che si occupa di spegnere la risposta, è di dimensioni ridotte. Inoltre, negli stessi, è stata osservata una risposta neuroendocrina più intensa a test di stress psicosociale con insufficiente autoregolazione dei glucocorticoidi. Gli psichiatri si sono quindi resi conto che raccogliere informazioni sull'infanzia e su eventuali situazioni difficili vissute da bambini può servire per identificare soggetti depressi a maggior rischio cardiovascolare, e in ogni caso i maltrattamenti possono favorire in età adulta l'instaurarsi di processi infiammatori.

Simona Zazzetta



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