06 febbraio 2004
Aggiornamenti e focus
Sogno o cammino?
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Una leggenda è subito da sfatare. Il sonnambulo ben difficilmente cammina, dormendo, in luoghi pieni di ostacoli, schivandoli abilmente e creando non pochi problemi ai parenti che cercano di seguirlo o svegliarlo. La realtà è ben diversa: il controllo sul proprio corpo, da parte del sonnambulo, è molto limitato, riproduce i gesti abituali come lavarsi o vestirsi ma i movimenti sono scoordinati, sicuri soltanto, per riflesso, in ambienti abituali come la propria camera. La vista e l'udito, dal canto loro, sono attivati solo in maniera parziale e le eventuali sillabe pronunciate sono sconnesse in quanto non si riesce ad organizzare un discorso completo. Camminare durante il sonno è, comunque, molto più frequente di quanto non si pensi. Da recenti statistiche, sembra che questo disturbo affligga un bambino su tre, con incidenza massima attorno ai dodici anni e un adulto su cento, visto che, generalmente, il problema cessa con l'età dello sviluppo. Ma perché si verifica?
La causa è ancora sconosciuta, probabilmente legata a un disturbo dei meccanismi della soglia di risveglio. Il sonnambulismo è connesso all'età: il picco è tra i 5 e i 12 anni, proprio perché sono gli anni nei quali si acquisisce la qualità di sonno migliore e c'è una soglia di risveglio molto più alta. Alcuni autori sostengono una trasmissione genetica del sonnambulismo. Non è un caso, del resto, che nell'80% dei casi si siano verificati episodi analoghi nei familiari. Il sonnambulismo dell'adulto, invece, è spesso associato al consumo di alcol, che altera il rapporto sonno-veglia, oppure a orari irregolari di riposo, dovuti per esempio a turni di lavoro che rendono impossibile dormire in modo equilibrato. Alcune patologie, poi, possono causare questo disturbo del sonno: l'emicrania, l'attacco epilettico, il morbo di Alzheimer e la demenza senile. In questi due ultimi casi, però, il soggetto che cammina durante la notte non è addormentato come il tipico sonnambulo, ma è sveglio e lo stato di confusione e di disorientamento nei quali si trova sono dovuti probabilmente alla condizione patologica esistente.
Ogni episodio può durare da pochi minuti a più di mezz'ora e di solito all'inizio ci si limita a sedersi sul letto, compiendo gesti consueti con gli occhi spesso aperti. All'inizio di ogni episodio si verifica un passaggio rapido dallo stadio profondo di sonno REM a uno di veglia presunta, che cioè non si verifica realmente (detto in gergo tecnico arousal). Durante questa fase si nota un aumento dell'attività cardiaca, dei movimenti corporei e una ripresa dell'attività muscolare. Ma perché si verifica tutto questo? Tecnicamente vi è una ipereccitabilità della corteccia cerebrale che impedisce l'attivarsi del sonno profondo e mantiene attivi i meccanismi di veglia e sonno determinando un risveglio repentino. Secondo alcuni studiosi il sonnambulismo può essere considerato una forma lieve di epilessia focale che colpisce zone cerebrali non legate a manifestazioni cliniche evidenti. Ma gli elettroencefalogrammi dei due fenomeni risultano comunque molto differenti.
Non disturbare il sonnambulo
Chi soffre di sonnambulismo dovrebbe evitare di coricarsi a orari irregolari, non affaticarsi eccessivamente, cercare di rilassarsi per scaricare la tensione prima di coricarsi e, se possibile, evitare di fare lavori che richiedano la presenza notturna. Quanto alla terapia, mentre per l'adulto, dopo attenta valutazione, si può ricorrere a farmaci ansiolitici-iponotici come le benzodiazepine, nel bambino è preferibile orientarsi verso una terapia di tipo comportamentale o una psicoterapia ed evitare di trattare il disturbo farmacologicamente. Il consiglio che può essere dato a chi vive con un sonnambulo, infine, è quello di non tentare di contrastarlo, ma piuttosto di rassicurarlo e, se possibile, di accompagnarlo a letto. Al risveglio non ricorderà assolutamente nulla di quanto successo durante la notte accusando, al massimo, la sensazione di non aver dormito bene.
Marco Malagutti
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Un disturbo infantile
La causa è ancora sconosciuta, probabilmente legata a un disturbo dei meccanismi della soglia di risveglio. Il sonnambulismo è connesso all'età: il picco è tra i 5 e i 12 anni, proprio perché sono gli anni nei quali si acquisisce la qualità di sonno migliore e c'è una soglia di risveglio molto più alta. Alcuni autori sostengono una trasmissione genetica del sonnambulismo. Non è un caso, del resto, che nell'80% dei casi si siano verificati episodi analoghi nei familiari. Il sonnambulismo dell'adulto, invece, è spesso associato al consumo di alcol, che altera il rapporto sonno-veglia, oppure a orari irregolari di riposo, dovuti per esempio a turni di lavoro che rendono impossibile dormire in modo equilibrato. Alcune patologie, poi, possono causare questo disturbo del sonno: l'emicrania, l'attacco epilettico, il morbo di Alzheimer e la demenza senile. In questi due ultimi casi, però, il soggetto che cammina durante la notte non è addormentato come il tipico sonnambulo, ma è sveglio e lo stato di confusione e di disorientamento nei quali si trova sono dovuti probabilmente alla condizione patologica esistente.
Breve ma intenso
Ogni episodio può durare da pochi minuti a più di mezz'ora e di solito all'inizio ci si limita a sedersi sul letto, compiendo gesti consueti con gli occhi spesso aperti. All'inizio di ogni episodio si verifica un passaggio rapido dallo stadio profondo di sonno REM a uno di veglia presunta, che cioè non si verifica realmente (detto in gergo tecnico arousal). Durante questa fase si nota un aumento dell'attività cardiaca, dei movimenti corporei e una ripresa dell'attività muscolare. Ma perché si verifica tutto questo? Tecnicamente vi è una ipereccitabilità della corteccia cerebrale che impedisce l'attivarsi del sonno profondo e mantiene attivi i meccanismi di veglia e sonno determinando un risveglio repentino. Secondo alcuni studiosi il sonnambulismo può essere considerato una forma lieve di epilessia focale che colpisce zone cerebrali non legate a manifestazioni cliniche evidenti. Ma gli elettroencefalogrammi dei due fenomeni risultano comunque molto differenti.
Non disturbare il sonnambulo
Chi soffre di sonnambulismo dovrebbe evitare di coricarsi a orari irregolari, non affaticarsi eccessivamente, cercare di rilassarsi per scaricare la tensione prima di coricarsi e, se possibile, evitare di fare lavori che richiedano la presenza notturna. Quanto alla terapia, mentre per l'adulto, dopo attenta valutazione, si può ricorrere a farmaci ansiolitici-iponotici come le benzodiazepine, nel bambino è preferibile orientarsi verso una terapia di tipo comportamentale o una psicoterapia ed evitare di trattare il disturbo farmacologicamente. Il consiglio che può essere dato a chi vive con un sonnambulo, infine, è quello di non tentare di contrastarlo, ma piuttosto di rassicurarlo e, se possibile, di accompagnarlo a letto. Al risveglio non ricorderà assolutamente nulla di quanto successo durante la notte accusando, al massimo, la sensazione di non aver dormito bene.
Marco Malagutti
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