Se mangiare diventa un peso

20 marzo 2009
Aggiornamenti e focus

Se mangiare diventa un peso



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"Sono almeno 200 mila le pazienti che soffrono di anoressia o bulimia nervosa. Si tratta di ragazze molto spesso giovanissime. Questa cifra potrebbe essere considerata addirittura triplicabile se si includessero anche i casi atipici e quelli non classificati". A dichiararlo Giovanni Spera, ordinario di endocrinologia e malattie metaboliche dell'Università Sapienza di Roma nel corso della conferenza sulle "Cure coercitive nell'anoressia e nella bulimia nervosa" che si è tenuta lo scorso 12 marzo nella Capitale. "Continuiamo a vedere una crescita nell'incidenza di queste patologie - ha detto Roberto Ostuzzi, presidente della Sidca (Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare) - al punto che ormai è legittimo parlare di stato di emergenza socio-sanitaria. Fare in modo che questi pazienti seguano la terapia è particolarmente difficile, e per questo spesso i problemi diventano cronici". Il rischio è molto alto: nel 30% dei casi si parla di malattia molto resistente alle cure e di cronicità, con il manifestarsi di complicanze mediche o psichiatriche, e rischi letali. Così la mortalità per suicidio o complicanze da malnutrizione è del 10% a dieci anni dall'inizio della malattia e del 20% a venti anni. In questo quadro, poi, cure salvavita e continuità di trattamento sono spesso un miraggio per le pazienti, che per prime rifiutano di farsi aiutare. "Sono ragazze lucide, intelligenti, studiano con profitto o lavorano bene. Sono capaci di spiegare la propria situazione, ma continuano a negare il consenso alle cure. Certo - prosegue Ostuzzi - nelle situazioni più gravi è a volte necessario ricorrere a trattamenti salvavita coercitivi, ma si tratta di un'operazione molto difficile nella pratica, in base alla norme attuali che regolano il Tso (trattamento sanitario obbligatorio)".

Curati per forza ma con metodo


Il Tso - hanno chiarito gli specialisti - in questi casi prevede che una persona possa essere sottoposta a cure psichiatriche contro la propria volontà. Il ricovero avviene usualmente nei reparti di psichiatria degli ospedali. "Il Tso per anoressia nervosa e bulimia è in Italia rarissimo - ha aggiunto Ostuzzi - nei Paesi anglosassoni è 15 volte più frequente. E' diffusa infatti l'opinione che il Tso non si possa applicare nella maggior parte dei casi di rifiuto delle cure, e così anche nei disturbi dell'alimentazione". Per queste patologie "il no delle pazienti non riguarda il trattamento in generale, ma solo la nutrizione necessaria al recupero del peso". Un chiarimento è però necessario su questo punto e Francesca Martini - sottosegretario alla Salute - ha annunciato l'intenzione di rendere più snella e meno burocratica la normativa sul Tso nel caso dell'anoressia e della bulimia nervosa. "All'interno del dibattito in corso sulla riforma della legge 180 - ha precisato Martini - dobbiamo pensare a un emendamento specifico per il Tso nel caso dell'anoressia e della bulimia". L'ipotesi è quella di un ricovero coatto adattato al giorno d'oggi visto che questo strumento è stato pensato 30 anni fa per le malattie psichiatriche in genere ma il problema attuale è garantire aiuto e continuità delle cure a giovani pazienti sotto il faro di scienza e coscienza che spesso le rifiutano perché preferiscono morire piuttosto che mangiare".

Gianluca Casponi



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