Abbuffarsi per ragioni di famiglia

17 marzo 2006
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Abbuffarsi per ragioni di famiglia



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Non è che individuare una componente genetica in una malattia o in un disturbo suona come una condanna inappellabile. Soprattutto quando si ha a che fare con situazioni in cui non c'è un solo gene in causa, ma si ha invece una costellazione di più geni, pronti a entrare in azione nel momento in cui ci sono le condizioni favorevoli. E' il caso di uno dei cosiddetti disturbi del comportamento alimentare, il binge eating disorder (BED), cioè quel comportamento per cui una persona ingurgita grandi quantità di un cibo in un tempo molto breve (di solito non più di due ore).

Quanto conta la voce del sangue


Ovviamente una rondine non fa primavera, e per poter parlare di BED bisogna che questi episodi di abbuffate incontrollate si ripetano almeno due volte la settimana per 6 mesi. Anche se il quadro sembra simile, è altra cosa rispetto alla bulimia: la persona bulimica, dopo l'abbuffata, tende a compensare, inducendosi il vomito, ricorrendo ai lassativi oppure digiunando e dedicandosi a un esercizio fisico strenuo. Chi è affetto da BED, non fa niente del genere: mangia perdendo il controllo, e di conseguenza ingrassa. Una recente ricerca ha cercato di chiarire alcuni aspetti: in primo luogo, se il binge eating è un disturbo famigliare, e quindi presumibilmente con una componente genetica, se è necessariamente legato all'obesità. Per farlo si è provveduto a identificare 150 uomini e donne sovrappeso affetti dal disturbo e altrettanti, sempre sovrappeso o obesi, ma senza il tratto del BED. Per ciascuno di loro si è poi provveduto ad analizzare i consanguinei per scoprire sia se anch'essi soffrivano o avevano sofferto del disturbo sia per valutarne il sovrappeso. In effetti, la risposta è stata affermativa: i consanguinei di chi presenta il binge eating disorder hanno un rischio più che doppio (2,2 volte) di avere lo stesso problema. Inoltre tra i consanguinei di persone con BED era comunque più diffusa l'obesità grave (indice di massa corporea superiore a 40). Certamente non si può dire quanto pesi l'ambiente (le abitudini famigliari, per esempio) e quanto il corredo genetico. Però vengono in soccorso al riguardo altri studi, condotti sui gemelli, che mostrano almeno due cose: che ci sono fattori genetici differenti da quelli che valgono per l'obesità "semplice" e che non ci sono prove che i fattori ambientali familiari abbiano un peso significativo (in altre parole, anche facendo crescere i gemelli in situazioni differenti, resta la maggiore probabilità che in entrambi si sviluppi il BDE).

Effetti pratici, forse


Inoltre, il fatto che indipendentemente dalla parentela, l'associazione tra BED e obesità valesse soprattutto per la grave obesità, fa pensare che il disturbo vada a sommarsi alla predisposizione a ingrassare. Ed è forse questo il dato più importante dal punto di vista pratico: infatti, se si individuano i tratti associati al BDE, e si interviene su questi, è possibile comunque ridurre il rischio. Per esempio, una caratteristica famigliare legata al BED è l'impulsività, e su questa si può agire con la psicoterapia. Anche l'iperfagia può essere uno di questi tratti. Insomma, non si deve ripetere l'errore, spesso commesso in altri aspetti della medicina, di mettere tutte le situazioni che si somigliano in un unico calderone. Perché distinguendo i diversi fattori che concorrono all'obesità è più facile affrontarli uno per uno, e rimediare. Divide et impera, dicevano i romani.

Maurizio Imperiali



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