Mieloma multiplo, belantamab mafodotin: l’esperienza real life del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria
Il trattamento permette di mantenere la qualità di vita
Nell'ambito del reparto di Ematologia dell'ospedale, è stata costituta una Mieloma Unit con una serie di esperti che, con varie competenze, gravitano intorno al percorso diagnostico terapeutico del paziente affetto da mieloma, estremamente complesso. Vi è un oculista, un terapista del dolore, un neurochirurgo, un medico nucleare, un citogenetista. «Grazie al supporto di questo gruppo di lavoro sono stati attentamente monitorati 5 pazienti trattati con belantamab mafodotin» ha spiegato Vincelli. «Tutti hanno ricevuto una visita basale e poi sono stati monitorati all'inizio ogni tre mesi. Tutti e 5 hanno superato l'anno, nessuno ha presentato problemi oculari né neutropenia o piastrinopenia. Sappiamo infatti che il farmaco è ben tollerato e non dà effetti collaterali come nausea o vomito. Per cui il paziente viene in ospedale volentieri, riceve il trattamento mantenendo una buona qualità di vita». Nel complesso, afferma Vincelli, «ritengo in base alla mia esperienza che questo farmaco debba essere somministrato ancora prima di quanto previsto dalle attuali indicazioni, perché è molto maneggevole e potente».
Il mieloma presenta caratteristiche diverse per ogni paziente
Dai dati di letteratura e casistiche real life risulta, però, che non sempre c'è risposta a belantamab mafodotin. «Certo, il mieloma non è una malattia tutta uguale, può avere caratteristiche biologiche diverse, comportandosi in maniera completamente differente di fronte a un tipo di terapia rispetto a un'altra. Quindi non mi meraviglio del fatto che nella mia casistica futura avrò pazienti che saranno resistenti. Fa parte della biologia della malattia; noi non abbiamo ora a disposizione un trattamento terapeutico che sia tanto definitivo, tale da colpire tutti i siti biologici responsabili della resistenza» ha spiegato Vincelli. Proseguendo poi nel raccontare la sua esperienza, la dottoressa ha aggiunto: «Quando arriva un paziente affetto da mieloma è una sfida ed è una guerra, non è una malattia come le altre. In passato avevamo spesso da trattare pazienti anziani, oggi abbiamo pazienti giovani. Ecco perché dobbiamo avere delle armi terapeutiche forti e potenti: in tal senso gli anti-BCMA hanno rivoluzionato la storia di questa malattia e le CarT (che peraltro possono avere problemi di eleggibilità al trattamento e richiedono una gestione estremamente specialistica) danno delle risposte eccezionali».
Un farmaco che offre risposte ai pazienti
L'autotrapianto rimane una terapia di elezione, non ci sono dubbi, precisa Vincelli. «Tuttavia, quando avremo a disposizione risultati con follow-up più lunghi sull'utilizzo di belantamab e maggiori esperienze con le CarT probabilmente verranno modificate le sequenze terapeutiche attualmente vigenti. Di fronte a malattie che possono essere estremamente aggressive, il farmaco che risponde è un farmaco cui porre attenzione e da studiare bene per posizionarlo nel migliore dei modi alla luce delle innovazioni terapeutiche» conclude Vincelli.
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